La pandemia non ferma il grande impegno dei volontari della Fondazione Antiusura Buon Samaritano: 168 ascolti e oltre 1 milione e 120mila euro di prestiti erogati nel 2020

by Anna Maria Giannone

“Vendo bomboniere, ma dalla fine di marzo non ho più un ordine, sono senza liquidità, senza futuro”.

È questo un grido di aiuto giunto ai volontari della Fondazione Antiusura Buon Samaritano di Foggia, frutto della crisi generata dal Coronavirus.

In questi mesi segnati dalla pandemia e dai vari lockdown che si sono succeduti la Fondazione, presieduta dall’ingegner Pippo Cavaliere, ha dovuto fare i conti con le nuove povertà che si affacciano in Puglia anche tra coloro che solo fino a marzo 2019 avevano una vita serena e potevano affrontare regolarmente un mutuo, una spesa imprevista, una vacanza, i costi di una malattia. Nei giorni scorsi, al sesto tentativo, è passato l’emendamento proposto dalla Consulta Nazionale Antiusura “Giovanni Paolo II” al Decreto Ristori che consentirà anche alle famiglie incapienti di accedere alle norme sul sovra-indebitamento di cui alla legge 3 del 2012 (la cosiddetta salva-suicidi), le quali saranno immediatamente applicabili.  La proposta normativa è stata elaborata da un tavolo tecnico istituto presso l’Università Cattolica di Milano e sottoscritta dalle 32 Fondazioni Antiusura, 38 magistrati e 32 docenti universitari.

La normativa introduce tre principali novità: la prima riguarda la nozione di indebitamento che si riferisce all’intero nucleo familiare, e non al singolo individuo, ciò consente di rispondere alle reali modalità con cui le crisi da sovra-indebitamento si manifestano e vanno gestite; è estesa al debitore incapiente la possibilità della esdebitazione, consentendo una ripartenza (fresh start) anche per i debiti pregressi che non sono stati pagati; infine, gli erogatori del credito vengono maggiormente responsabilizzati e nell’ipotesi di concessione imprudente del credito, subiscono delle limitazioni di tipo procedurale.

I dati del 2020 raccolti in Via Campanile a Foggia, nei locali della Curia e della Caritas, raccontano di un bisogno diffuso in Capitanata.

“I soldi che ci vengono assegnati dal Ministero di anno in anno sono dati anche in funzione della nostra operatività, in base a quello che facciamo il Ministero ci dà dei soldi- dice in esordio a bonculture il presidente Cavaliere- Noi a fine anno abbiamo avuto come fondi di garanzia 232mila euro, come nuovo accredito, che con i moltiplicatori che abbiamo presso le banche sui depositi ci consentono di erogare prestiti per 500mila/ 600mila. Ero un po’ preoccupato della performance di questo anno, perché la pandemia, l’attività ridotta della Fondazione potevano produrre un rallentamento. Invece dai dati complessivi del 2020 è accaduto proprio il contrario. Quest’anno abbiamo 168 ascolti, abbiamo erogato già 936mila euro e in banca ce ne sono altri 200mila già approvati in attesa solo di erogazione. Parliamo di 1 milione e 126 mila euro già erogati, una cifra notevole. E oltre 600mila sono in istruttoria”.

Sono storie diverse rispetto ad altri anni? Avete aiutato persone con profili diversi?

In linea di massima no, la narrazione rimane costante, ma nel 2020 abbiamo avuto la pandemia. Questi numeri, questa performance sono stati resi possibili grazie allo straordinario impegno dei volontari, che nonostante il Covid e nonostante il lockdown, in parte in Fondazione in parte da remoto, non si sono tirati indietro e hanno svolto il loro ruolo di volontari a prescindere dalla situazione contingente.

Il lockdown ha innaffiato forse il valore di essere volontari? Ne ha arricchito il senso profondo? Forse privati del tempo libero è rimasto solo il tempo della cura solidale per gli altri? Oppure no?

Sì, c’è stato un maggiore senso di appartenenza e di senso di responsabilità da parte dei volontari. Questo è secondo me l’aspetto più importante dell’anno. Nonostante il lockdown e nonostante le difficoltà, i volontari sono riusciti a produrre più del solito in termini di ascolti e pratiche. Sono numeri straordinari.

È anche possibile che si sia stato un ascolto più attento? Non che prima non lo fosse, ma forse il Covid ha impegnato tutti ad un tempo più vero. Al kronos dei tempi normali si è sostituito il kairos pandemico, da remoto, l’ascolto non potendo essere sprecato diventa più autentico di quello in presenza? Il tempo è diventato più fertile?

Sì, diciamo che c’è stata una maggiore benevolenza da parte nostra, considerato il particolare momento si è diventati più morbidi. È chiaro che quando ti trovi di fronte a situazioni come la signora che vende le bomboniere e dice di non aver avuto più un ordine da marzo, ma le tasse e le spese fisse per la gestione del locale deve pagarle, o delle persone che riuscivano ad assicurare il menage familiare con l’assistenza domiciliare agli anziani- e ne abbiamo avuto tantissimi di casi- ma che per 3 mesi si sono fermati, la Fondazione ha dovuto dare delle risposte. Di fronte a persone in preda alla disperazione, che non potevano affrontare i bisogni basilari della famiglia, la Fondazione ha dovuto tendere la mano. Queste situazioni hanno condizionato l’atteggiamento, l’approccio della Fondazione.

La garanzia sui prestiti erogati che fornisce la Fondazione resta uguale? O pensate che sarà necessario aumentarla?

Non rimane quella, ma vedremo con la ripresa delle attività a gennaio, faremo delle valutazioni. Ci sono casi in cui il rischio in cui è particolarmente elevato e abbiamo già innalzato la percentuale di garanzia. Valutiamo di volta in volta.

Questo Natale significherà mancati introiti per una grossissima fascia di lavoratori e di operatori italiani e foggiani. Come Fondazione cosa vi aspettate nei prossimi mesi?

Noi percepiremo le conseguenze della crisi economica nel 2021. Nella prima parte del 2020 molti sono riusciti a resistere con qualche risparmio, con qualche escamotage, con i sussidi.

Ci sono stati anche i vari decreti, che hanno assicurato ad alcuni dei flussi anche importanti.

Certo, ma nei prossimi mesi capiremo cosa la pandemia ha davvero prodotto. Solo da poco stanno arrivando le prime avvisaglie della crisi economica. Lo stato di bisogno si vede ora. Col microcredito abbiamo avuto casi, in un numero di gran lunga superiore al passato, con richieste di aiuto per soddisfare bisogni basilari della famiglia. Una cosa che non ci era mai capitata.

Tutto questo in una città in cui parallelamente sembra che anche la Società, la mafia, si trovi nella stessa difficoltà a riscuotere le sue somme, la sua “tassa di sovranità”. Cosa credi succederà per tutto il sistema del racket? Immagini un anno con più denunce?

Me lo auguro, sicuramente in questa fase così delicata abbiamo la percezione che ci sia una strategia ben precisa sa parte della criminalità, che tenta di sostituirsi allo Stato. Più volte ho parlato del consenso sociale. Ci sono stati casi di soggetti bisognosi che sono stati avvicinati da persone che offrivano gratuitamente il loro aiuto. Questo è un tentativo da parte della criminalità di costruire consenso. Una percezione che stata confermata ed avvalorata dal Commissario Straordinario del Ministero quando ha parlato del welfare mafioso di prossimità, che è proprio il tentativo della criminalità di sostituirsi allo Stato creando oggi una rete che un domani potrebbe diventare utile. Sappiamo che quando un soggetto è in grossa difficoltà, è pronto a commettere un reato, se c’è una facile opportunità. In queste condizioni tutto diventa terreno fertile per l’arruolamento di manovalanza per le organizzazioni criminali.

Oltre a questo c’è il rischio di cui parla Roberto Saviano, ossia di una infiltrazione diretta della criminalità nell’economia sana, nelle attività… è un tema importante per la città della Quarta Mafia. Quante attività commerciali e imprenditoriali oggi rischiano di scivolare in una zona grigia?

Questo è sempre accaduto. È un fenomeno che si acuisce con la pandemia.

Molte imprese hanno già problemi forti con la liquidità per pagare i fornitori…

Certo, questa per la criminalità è un’occasione d’oro per il riciclaggio. È una opportunità per riciclare grosse somme di denaro che sono state accantonate.

Se dovessi scommettere oggi, ti aspetti maggiori denunce?

Io spero di sì, sono fiducioso, dobbiamo sperare che ci sia una presa di coscienza degli operatori economici, dei commercianti, degli imprenditori: solo uniti e coesi possiamo vincere questa battaglia.

Il 2021 è un anno determinante. La Fondazione potrà fare una campagna di avvicinamento, di sensibilizzazione anche nelle parrocchie più condivisa? Non credi che questo tempo sia cruciale, nel senso che con gli effetti della pandemia in atto o si soccombe all’economia illegale o la si sconfigge?

Sì condivido. Sul tema della denuncia dovremo continuare a sensibilizzare la comunità, i cittadini. Gratteri fece un invito accorato ai cittadini ad occupare le piazze, a dare vita ad associazioni, ad allenarsi a gestire la cosa pubblica, a non farsi intimorire dalla paura, ad impegnarsi nel sociale. Occorre una mobilitazione a 360 gradi.

Il 2020 si chiude per il mini lockdown in maniera intima, ma l’anno si era aperto a Foggia con la grande marcia dei 20mila promossa da don Ciotti di Libera. Nel 2021 si può riprendere una collaborazione forte tra associazioni e enti, che un po’ si è dispersa per colpa del virus?

Sì, noi abbiano promosso una iniziativa per il prossimo 10 gennaio, con Libera e la Biblioteca Magna Capitana. Abbiamo lanciato la campagna #LIBERAFOGGIADALLAMAFIA.

In continuità con la mobilitazione del 10 gennaio scorso insieme al Presidio di Libera Foggia “Nicola Ciuffreda e Francesco Marcone” abbiamo pensato di stimolare un confronto che porti ad una maggiore consapevolezza e che tenga vivo il nostro impegno, tradotto in pensieri, video, disegni e qualsiasi altra forma creativa ed essere poi pubblicato sui social con l’hashtag #liberafoggiadallamafia.

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