La rinascita post covid per Bari di Ines Pierucci: nuovi spazi, teatro di narrazione, arene culturali e libri

by Felice Sblendorio

Ines Pierucci risponde al telefono con l’enfasi del fare, con il vitalismo della ripartenza. Dopo le riaperture dei teatri – da quella simbolica del Piccinni al concerto per duecento persone di martedì al Teatro Petruzzelli con la direzione della barese Roberta Peroni –, Bari, capoluogo dinamico e vitale, prova a ripartire dalla cultura.

L’obiettivo principale, in questa stagione estiva complessa e incerta, sarà sostenere il settore con una doppia strategia: aiutare i lavoratori della cultura e dello spettacolo dal vivo e unire socialmente una comunità che ha vissuto l’isolamento e il dramma della pandemia. Nelle ore in cui si perfeziona il bando “Arene Culturali”, approvato dalla Giunta Decaro e a sostegno del settore culturale con 200mila euro di risorse, l’assessora alle Culture e al Turismo del Comune di Bari risponde alle domande di bonculture.

Assessora, in questi mesi la giunta Decaro si è presa cura della città, delle sorti presenti e future di una Bari colpita dalla pandemia. Lei ha dovuto seguire le difficoltà di un settore fragile e delicato come quello della cultura e dello spettacolo dal vivo: un’impresa?  

Il settore della cultura è un comparto che in questi mesi ha dichiarato uno stato d’emergenza a livello nazionale, ma vive da tempo difficoltà e crisi. Con altri sindaci abbiamo sottolineato questa urgenza perchè il covid ha bloccato e fermato un’attività che, nonostante le solite difficoltà, si muoveva agevolmente a Bari e in Puglia, soprattutto grazie agli investimenti in cultura degli ultimi quindici anni. L’emergenza ha bloccato fisicamente gli operatori culturali facendo saltare piani economici, calendari, appuntamenti: tutto, insomma. A livello nazionale, regionale e cittadino abbiamo fatto lo sforzo di seguire e monitorare l’attenzione su questo settore. Fra gli obiettivi del mio mandato c’è stato quello complesso di mettere ordine nella confusione fra i professionisti e gli amatoriali. I professionisti, che creano economia, indotto e sostengono realtà culturali complesse e ampie, sono stati quelli più colpiti.

Per aiutare questo settore nel periodo estivo avete appena emanato un bando rivolto agli operatori della cultura: “Arene culturali”.

Lo strumento è quello del bando pubblico per la realizzazione di momenti e iniziative culturali. Abbiamo utilizzato dei fondi importanti per sostenere i lavoratori della cultura e per ricostruire un tessuto sociale e culturale in questa stagione estiva. Il lavoro, frutto di condivisioni continue e costanti con le realtà e con le istituzioni, proseguirà anche per una programmazione più articolata per il prossimo anno.

Un bando che non andrà solamente ad aiutare il settore della cultura, ma avrà anche una sua utilità politica: ricongiungere una comunità, tramite la cultura, dopo questi mesi di isolamento. È un farsi comunità?

La cultura è l’unica arma di riscatto che possediamo in questo momento e, da sempre, l’unica risposta alla paura. Io credo che il contrario della paura sia la conoscenza, non il coraggio. La cultura, dopo questi mesi, può davvero far cambiare e salvare le nostre comunità. Nonostante bisognerà rispettare il distanziamento sociale, l’inclusione è la nostra scelta politica per scongiurare un pericolo individualista che rappresenta il maggior rischio dopo una quarantena così lunga e sfiancante. Per fare questo bisogna ritornare a fare musica, teatro, cinema rigorosamente dal vivo: è il live la dimensione perfetta per fare cultura.

Una commissione selezionerà gli eventi, fino a un massimo di ottomila euro a proposta. Da cittadina barese, più che da assessora, cosa le piacerebbe vedere?

A me piacerebbe che i cittadini fossero protagonisti di un processo culturale anche in questi mesi. Non solamente fruitori passivi, quindi, ma partecipi e protagonisti. Anche la forma fisica con la quale si parteciperà a queste iniziative molto probabilmente riscriverà una diversa fruizione e un diverso grado di partecipazione della città. Spero – più da cittadina che da assessore – che arrivino proposte inclusive.

Per forza di cose non si potranno concentrare molti spettacoli e molti spettatori nelle aree tipicamente privilegiate per i cartelloni estivi: il centro città e le zone adiacenti al mare. Coinvolgere l’intera città di Bari, con le sue estensioni e ramificazioni, socialmente quanto sarà importante? 

Prima dell’emergenza avevo inserito nel bando del corteo storico di San Nicola una clausola mai inserita prima: restituire il culto nicolaiano ai suoi quartieri. Non mi piace chiamarle periferie, perchè una città metropolitana ha attorno a sé i suoi quartieri: municipi che svolgono e offrono cultura a tutti i livelli e in tutti i luoghi, affinché le iniziative in città non siano soltanto centrali, ma abbiano la stessa dignità a prescindere dal luogo di svolgimento. È qualcosa che diciamo spesso, ma che facciamo poco. In quel bando uniamo la città e l’Accademia, un dialogo che non coinvolge solamente la sagra e i suoi tre giorni, ma abbraccia l’identità profonda che tocca il Mediterraneo, l’Oriente e l’Occidente, la luce di cui godono tanti registi e fotografi nella nostra regione, e poi il sacro e il femminile.

L’accessibilità, ma soprattutto una differenziazione delle proposte culturali offerte, molto probabilmente in questo momento è decisiva. La moltiplicazione di spazi di socialità non è l’aspetto positivo di queste restrizioni?

L’accessibilità alla cultura è uno dei primi dogmi della democrazia. La costituzione e il suo articolo 9 sono dei fari. In questi mesi quell’articolo ci ha ricordato l’urgenza dell’accessibilità. A Bari la moltiplicazione degli spazi è un punto importante della nostra linea politica. L’emergenza, inoltre, ci ha spinti a creare altri spazi per rispondere all’emergenza sanitaria, ma anche per contribuire alla realizzazione di eventi piccoli o, se vuoi, eventi di nicchia, che non sono così brutti visto che nelle nicchie c’era la Madonna.

La vostra giunta ha riportato alla luce molti contenitori culturali della città. Lei ha avuto la fortuna di riaprire il Teatro Piccinni nel 2019. A settembre, però, è difficile immaginare un ritorno regolare dell’attività di questi spazi.

Con duecento posti no, è impossibile. Il Piccinni, ad esempio, potrà ospitare solamente 200 su 700 posti: così non regge nessuno spettacolo di stagione perchè non soddisferebbe la capienza massima di abbonati, e aggiungendo delle repliche non riusciremmo a far quadrare i conti sul piano economico. Questa capienza, però, potrà ospitare un teatro di narrazione – che comunque era nei piani del mio assessorato – legato alla possibilità di lavoro per produzioni teatrali minime (monologhi o reading) e produzioni piccole in una riduzione complessiva di spettatori. Il teatro di narrazione sarà la prima cosa, dopo l’estate, a poter ripartire.

Una novità annunciata per il futuro, invece, è “Libri&Voci Festival”, un nuovo appuntamento legato al mondo della lettura, dei libri e degli audiolibri. Nel 2019 ci sono stati 4,08 milioni di italiani che hanno ascoltato audiolibri, e credo sarà un numero maggiore nel 2020 considerato il periodo di quarantena. Perchè un nuovo appuntamento incentrato su questa “nicchia” che sta conquistando sempre più un pubblico mainstream?

La modalità di lettura stava già cambiando prima dell’emergenza. Durante la pandemia è cambiata ulteriormente la fruizione di questi nuovi mezzi che stanno innovando molto il settore editoriale internazionale. Il festival nasce con l’interesse particolare di indagare queste nuove modalità di fruizione, di comprendere come sarà possibile affiancare il libro tradizionale all’audio, di analizzare e integrare al meglio tutti i non lettori che, grazie a questa nuova modalità, potranno avvicinarsi al mondo dei libri.

Riuscirete a confermare le date in ottobre?

No, sfortunatamente è stato rimandato. Audible non avrebbe potuto confermare la presenza di tre ospiti internazionali, snaturando totalmente la natura del festival. Libri&Voci si terrà a Bari nel 2021, dal 16 al 18 aprile.

Questa sera, dopo la vittoria nel 2015 di Nicola Lagioia, un barese come Gianrico Carofiglio potrebbe portare a casa il Premio Strega con il suo “La misura del tempo”. La città tifa per lui?

La città non ha consapevolezza dei premi, soprattutto dello Strega che sembra qualcosa di elitario, per soli lettori forti. Uno degli obiettivi del mio mandato è quello di portare giù questo elitarismo legato al mondo del libro. Leggere libri, per me, significa affrontare il quotidiano. Se il Premio Strega lo vincerà un barese, e spero per Gianrico al quale sono legatissima, questo sarà un grande risultato se invogliasse i ragazzi e le ragazze della nostra città che non sono vicini a quel mondo a leggere. Significherebbe dire loro che leggere un libro non si lega solamente a un premio, un riconoscimento all’autore, ma – appunto – ad affrontare la vita, la quotidianità. Personalmente ho riconosciuto alcune parole grazie ai classici, che mi hanno permesso di affrontare la vita, la professione, l’accedere a un mutuo, leggere un bugiardino di un farmaco. Questa deve essere la nostra scommessa: i libri e la promozione della lettura come qualcosa di vivo, di determinante per la vita di tutti i giorni.

Un sogno su questo tema?

Portare qui un pezzo del Salone del Libro, un miracolo per la promozione della lettura.

Si gioca in casa: citofonare Lagioia?

Magari: dopo citofonare interno 8, citofonare Lagioia!

Da un anno guida questo assessorato strategico, ma lei è stata una protagonista attiva della Primavera Pugliese, di quel movimento che ha integrato – come scriveva Leogrande in un bel dialogo con Guglielmo Minervini – la sfida delle politiche giovanili con quelle culturali in uno scenario di rivoluzione politica partecipativa. Dopo quindici anni di gestione regionale targata centrosinistra, la campagna elettorale in arrivo potrebbe scrivere una nuova pagina di storia: Che Puglia arriva alla competizione elettorale di settembre?

Prima che politicamente, io sono cresciuta umanamente con Nichi Vendola. La politica umana che ho vissuto con lui non credo possa ritornare: non c’è un paragone possibile con l’oggi. Non solamente per la persona, ma per tutto quel movimento che si è creato attorno a lui. Quella è stata una stagione inedita che oggi ci sembra lontanissima. Oggi la Puglia vive con un dato certo: una pluralità riconquistata in tutti questi anni. La Puglia può garantire nel suo dna percorsi culturali ibridi che sono stati identitari. In questi anni abbiamo riscoperto le nostre origini e abbiamo innovato la nostra identità: quella legata all’accoglienza, quella di punto strategico di quel Mediterraneo descritto da Franco Cassano come zona che media le terre, riconosciuta anche da Papa Francesco nelle visite a Bari. La Puglia oggi è questa cosa qui. Bisognerà continuare a percorrere questa strada facendoci incantare dalle sfide e dai cambiamenti, senza respingerli.

La sinistra che si presenta nel 2020 è una sinistra all’altezza della sfida?

Sì, certamente. Nonostante le difficoltà che da sempre la sinistra vive, poi ci incociamo tutti in un destino comune. Un destino che non è quello di salvarsi dall’eventuale arrivo della destra, ma un destino frutto di una natura condivisa con la quale guardiamo – nonostante le diverse storie biografiche – alla gestione delle nostre comunità da una storia o da una matrice culturale che è uguale, è di sinistra.

Una natura comune che in Puglia così comune non è. Chi ha diviso la sinistra non fa parte di questa storia?

Chi la divide è qualcuno che non guarda all’unione. C’è una volontà di individualismo che non porta da nessuna parte. Bisogna mettere al centro i cittadini in questo processo innovativo, e meno le ambizioni dei leader: bisogna trovare un protagonismo comune. Anche per Vendola il “vendolismo” rappresentò un limite, se vuoi al pari del berlusconismo, che non si deve più ripetere.

Sgombrando il campo da un giudizio più morale che politico, cosa le fa paura della destra che si presenta in Puglia?

La paura dell’individualismo, direi. Non ci salviamo da soli e impauriti, soprattutto dopo questo periodo così complesso. Non ci salviamo con il coraggio, la paura dell’altro, i denti e le armi: ci salviamo insieme, con la conoscenza.

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