“La scorta a Liliana Segre è uno dei punti più bassi della Repubblica”. Il dialogo con Ruben Della Rocca della Comunità Ebraica di Roma

by Antonella Soccio

“Ad Auschwitz superai la selezione per tre volte. Quando ci chiamavano sapevamo che era per decidere se eravamo ancora utili e potevamo andare avanti, o se eravamo vecchi pezzi irrecuperabili. Da buttare. Era un momento terribile. Bastava un cenno ed eri salvo, un altro ti condannava. Dovevamo metterci in fila, nude, passare davanti a due SS e a un medico nazista”.

Liliana Segre, Senatrice della Repubblica

Liliana Segre, senatrice a vita, classe 1930, dovrà essere accompagnata da due agenti in ogni suo appuntamento pubblico. La scorta si è resa necessaria dopo le centinaia di insulti e minacce infamanti antisemite ricevute sul web.

Su questo caso che spinge nel buio la democrazia italiana, noi di bonculture abbiamo intervistato Ruben Della Rocca Vice presidente della Comunità Ebraica di Roma, ed Assessore alla Comunicazione Shalom.

Vicepresidente, come si è giunti in Italia alla condizione per cui si giustificano quasi negazionisti e razzisti? C’è stata una leggerezza nel rispetto della Costituzione? C’è troppa tolleranza per gruppi estremisti che si stanno rinfocolando? Cosa vuol dire la scorta alla Senatrice Segre?

La decisione della tutela della persona della Senatrice Liliana Segre è uno dei punti più bassi della storia italiana: la Senatrice rappresenta il Senato della Repubblica, oltre ad essere una sopravvissuta ad Auschwitz, dove aveva visto la morte in faccia tutti i giorni da bambina, e adesso rischia per dei mascalzoni, che dovrebbero essere assolutamente catturati, redarguiti, utilizzando degli strumenti di legge che ci sono come la Legge Mancino- la legge sul negazionismo parla chiaro, le leggi in Italia ci sono, vanno applicate- non possiamo lasciare che tutto passi per una goliardata o come un esercizio di pensiero, mal riposto ovviamente. Quando si minacciano le persone, la libertà di pensiero è finita. Sono minacce che rischiano di avverarsi, come è accaduto alla sinagoga di Halle in Germania, nella vecchia Germania Est, dove la persona che ha fatto l’attentato l’aveva annunciato sul web.

I social giocano un ruolo determinante in questa partita, anche lì bisognerebbe intervenire. Non è più possibile che sui social chi si diletta in questa forma di orrore rimanga impunito o si nasconda dietro delle false identità. Non è più possibile, non è più accettabile. Non sta a me decidere cosa fare, le nostre unità non hanno gli strumenti per poter dire cosa fare. Esistono i legislatori, esiste la magistratura, esistono degli organi che dovrebbero intervenire. Il fenomeno ci sta sfuggendo di mano.

Ruben Della Rocca

Che ne pensa della polarizzazione che accende il web? Non è un errore far avanzare un commento social razzista e portarlo a livello di notiziabilità?

Sul web succede un fenomeno molto particolare: non c’è più quasi differenza tra una fake news e una notizia vera, già quello è un problema, può passare qualsiasi teoria senza che faccia danni alla persona che l’ha lanciata e poi gli viene dato un grande seguito. Già siamo messi male, il confine tra la notizia e la falsa notizia è diventato labilissimo. Ridurre a goliardata, scherno, presa in giro fatti che sono i prodromi di quello che può assumere una forma di violenza non solo verbale, ma anche fisica, non va più bene. Le forze dell’ordine, che ringraziamo sempre per il lavoro che svolgono e lo vediamo in Italia in molti episodi che a differenza di altri Paesi europei si ridimensionano, grazie alla sorveglianza e alla prevenzione, dovrebbero arrestarli. Fermate, identificate, queste persone non possono rimanere impunite: gli strumenti di legge che ci sono vanno assolutamente applicati. I media giocano un ruolo determinante nel lessico, nel linguaggio. Le cose vanno chiamate col loro nome.

In Italia purtroppo c’è la tendenza a politicizzare il tutto e rendere delle questioni che non sarebbero politiche una questione di partigianeria. Qui non siamo di fronte a destra, sinistra o centro. Nel 2019 i Parlamenti non dovrebbero aver bisogno di strumenti per l’antisemitismo, il fatto che abbiano bisogno di farlo, significa che l’antisemitismo c’è e allora lì significa che abbiamo fallito. I sistemi culturali ed educativi dei Paesi hanno fallito: nel momento in cui 80 anni dopo Auschwitz-Birkenau, dove avevamo detto Mai più e avevamo ribadito che l’Europa risorge dalle ceneri di Auschwitz, ma queste ceneri invece ballano e i Parlamenti sono costretti ad esprimersi con delle mozioni, con delle risoluzioni, significa che il problema c’è. Se il problema c’è, è soprattutto di natura culturale, educativo. L’Europa ha fallito la propria missione e l’Italia ne prende atto adesso.

Qual è lo strumento che avete per arginare il fenomeno di un antisemitismo strisciante?

L’arma è fare sistema e di identificare le cose e chiamarle col proprio nome. I campi di concentramento è un termine sbagliato a livello lessicale: i campi sono stati di sterminio, sono pochissimi quelli che rimanevano nel concentramento. Erano campi di sterminio: ridurli a campi di concentramento significa equipararli ai campi di lavoro, dove non si uccideva.

A livello educativo da sempre è passata di più la definizione “campi di concentramento”  

È sbagliato: quei campi erano di sterminio, perché la gente non arrivava per essere concentrata. La grossa parte delle persone purtroppo quando arrivava nella rampa di Auschwitz-Birkenau e veniva selezionata, veniva direzionata per la morte. Quelli che rimanevano in vita non rimanevano concentrati perché dovevano stare lì e stare buoni. Venivano utilizzati per la Germania nazista come merce, come “pezzi”, come venivano chiamati in lingua tedesca, e lo riportano le cronache dei sopravvissuti, erano usati come oggetti, come carne da macello, come forza da lavoro. Fino a che non morivano, non deperivano di freddo, fame e malattie e venivano cremati in un forno crematorio, perché non c’era neanche bisogno di gasarli, di utilizzare il gas, perché erano già morti. Questo è un piccolissimo esempio su come a livello lessicale dare la giusta definizione alle cose cambia il punto di vista. Dobbiamo essere consapevoli che quando ad un funerale di un reduce di Salò vediamo inneggiare al Fascismo e al Nazismo in maniera folkloristica per qualcuno, ma per me no, lì si sta compiendo un reato. La Legge Mancino prevede che quel tipo di parata fascista non si possa fare. Dico semplicemente: identifichiamo quelle persone, andiamo a capire chi sono, cosa fanno e se ci sono gli estremi se è perseguibile o meno. I media giocano una partita determinante.

Nel senso che dovrebbero stigmatizzare prima, senza fare dello sterile chiacchiericcio, cercando opinioni e voyeurismo?

Esatto, tutto è ridotto a goliardia e scherno, c’è una tendenza qui in Italia a minimizzare le proprie colpe. Lo vediamo anche nel calcio, con l’esempio più eclatante delle curve. Si dice sempre: ma no, sono solo 10, sono solo 20, 30, 15, è una presa in giro. No, è un buh razzista nei confronti di un calciatore, è un atto di razzismo. Punto. Non si può giustificare in base al numero, se sono solo 10,20 o 30 sarà più facile identificarli e fermarli, per non farli più entrare nello stadio a vita. Non 5 anni, 7 anni. A vita.

I sopravvissuti ai campi di sterminio, per motivi anagrafici, stanno scomparendo.

Sì, qui a Roma abbiamo perso Alberto Sed, stanno scomparendo in maniera naturale.

Ci attendono tempi più difficili? Il negazionismo avanzerà con la morte degli ultimi sopravvissuti ad Auschwitz?

Sì, ci attendono tempi più difficili. È un grande cruccio per le comunità ebraiche e per tutte le famiglie ebraiche che hanno vissuto l’Olocausto. Tutti ricordano dentro casa, hanno perso i nonni, gli zii, i genitori. È ovvio che la testimonianza diretta di personaggi come Sami Modiano, Piero Terracina– parlo da Roma ovviamente- Primo Levi stesso, sia forte, andremo a perdere persone di un valore inestimabile, perché la loro testimonianza diretta ha un peso specifico notevolmente superiore a quello che potremo fare noi. Ecco perché dobbiamo tutti assieme fare rete e lavorare, perché non possiamo permetterci di fare altrimenti, dovremo essere tutti uniti e compatti. Ricordare la Shoah è un monito contro ogni forma di discriminazione e di razzismo. Diventa un paradigma alla lotta al razzismo di qualunque natura e per chiunque lo subisca. È un monito che dovremo perseverare e dovremo farlo anche in assenza dei sopravvissuti. Dovremmo raddoppiare gli sforzi, con la loro mancanza perderemo inevitabilmente una grossa fetta di questa memoria.

La scorta alla Senatrice Segre in un clima di negazionismo non diventa anche una forma di monito rafforzato?

Concettualmente la trovo aberrante: un essere umano che ha bisogno di essere tutelato e scortato è una mortificazione, un fallimento per il genere umano, significa che non riusciamo a vivere nell’equilibrio e nel rispetto l’uno per l’altro. Il fatto che la scorta venga affidata ad una persona che è stata ad Auschwitz e ha visto la morte con i propri occhi continuamente da bambina fa ancora più male, come fa male entrare in una sinagoga con la necessità di essere vigilati fuori dalla polizia e dalle forze dell’ordine.

C’è questa esigenza a Roma?

Assolutamente sì, ringraziamo mille volte- non mi stancherò mai di farlo-  il lavoro delle forze delle ordine, che stanno lì a presidiare i luoghi di culto ebraici e i luoghi di cultura ebraica perché senza di loro potremmo avere dei problemi. D’altro canto vedere un ragazzo entrare a scuola, dovendo passare davanti ad una camionetta che lo sorveglia, che lo custodisce è brutto. Non dovrebbe esserci questo bisogno. Il provvedimento a tutela di Liliana Segre deve farci suonare un grande campanello di allarme, abbiamo toccato il fondo. Forse qualcuno non se n’era ancora accorto, ma la senatrice Segre rappresenta la politica italiana, siede sugli scranni più nobili della politica italiana, che sono quelli del Senato. A me fa tristezza, non trovo altri termini. Una signora di 90 anni che si spende nelle scuole per raccontare ai giovani la propria esperienza, affinché la storia non si ripeta, che deve essere scortata e protetta è una cosa allucinante, aberrante.

L’estrema destra nella Germania dei 30 anni del crollo del Muro, i sovranismi, il negazionismo untuoso: perché l’antisemitismo ha ripreso breccia in Europa secondo lei? Cosa lo alimenta?  

La storia segue un suo filo, nulla è dato al caso, i corsi e i ricorsi ci sono e fanno parte della storia dell’umanità. Io credo che il grosso momento di crisi economica e valoriale sia la benzina e la linfa per questi fenomeni, perché se vivessimo in un continente più tranquillo, con gente con un lavoro assicurato e con un benessere assicurato- e per benessere non intendo la vacanza alle Maldive o il Suv, ma il minimo sindacale di uno stipendio che permetta ad una famiglia di affrontare le spese mediche e di poter educare i propri figli per farli crescere in un ambiente sano e tranquillo- questi fenomeni sarebbero meno evidenti. Purtroppo tutto questo non sta accadendo, perché siamo immersi in una crisi, dalla quale non vediamo grandi sbocchi. La storia ci insegna che le grandi crisi economiche portano alle crisi valoriali e culturali. E lo stiamo vivendo, altrimenti non si spiegherebbe perché un ragazzo tedesco debba abbracciare un mitra e andare a sparare agli ebrei considerati la colpa di tutti i mali del mondo. C’è un antisemitismo che risorge dalle proprie ceneri che sono il Nazismo e Auschwitz e ancora prima lo avevamo vissuto con i pogrom russi, con i ghetti. Ciclicamente la storia ci mette davanti a queste situazioni e per elevarci dobbiamo fare tutti uno sforzo culturale per garantire ai nostri ragazzi una istruzione degna di questo nome e una cultura che ci porti a rispettarci reciprocamente e a capire che le differenze culturali e religiose delle persone sono dei motivi di arricchimento e non un motivo per contrapporsi. Tutt’altro, anzi. Questa deve essere la battaglia che dobbiamo fare tutti insieme, ricordando sempre che l’antisemitismo è una forma peculiare di razzismo. È peculiare perché esiste da secoli e si è alimentata nei secoli in vario modo e natura.

…Mettete queste parole nel vostro cuore e nella vostra anima, e siano come parole sulle vostre mani e tra i vostri occhi, e insegnatele ai vostri figli, e pronunciatele quando riposate nelle vostre case, quando camminate per strada, quando vi addormentate e quando vi alzate, e scrivetele sugli stipiti delle vostre case e sulle vostre porte. Così saranno moltiplicati i vostri giorni e i giorni dei vostri figli nella terra che Dio promise ai vostri padri di dare loro, per tanto quanto durano i giorni del cielo sulla terra…

PREGHIERE D’ISRAELE LO SHEMÀ’

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