La transumanza e quel connubio indissolubile col Tavoliere dei Tratturi. Pesante: “Grazie all’Unesco non siamo più dei visionari”

by Antonella Soccio

La transumanza non fu soltanto un fenomeno economico, ma una vera e propria civiltà perché generò istituti giuridici, vie di transito, abitudini alimentari, insediamenti, linguaggi, tecniche di lavorazione del latte

(Ciuffoletti, Calzolai, 2008).

Siccome i contrasti soddisfano sempre, la Puglia ci apparve un paese incantato, benché la sua uniformità e l’immensità della pianura, in cui l’occhio non viene ostacolato da alcunché, possono forse sembrare alla lunga cosa triste e monotona. La sua fertilità, l’abbondanza di frumento, i pascoli disseminati di fiori possono avere una qualche attrattiva nel periodo dell’anno in cui eravamo, ma c’è da credere che in estate e col caldo sia tutt’altro che divertente attraversare questi luoghi.

(Abate di Saint Non, Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile, in Fiorino, Viaggiatori francesi in Puglia dal Quattrocento al Settecento, vol. VII)

L’Unesco ha riconosciuto la transumanza patrimonio immateriale dell’umanità. Ci sarà tempo per le varie regioni di immaginare, così come è stato per la Via Francigena, una rete tratturale della memoria, che pur nella consapevolezza di non poter riproporre quei “flussi” di mandrie e ovini, possa estrarre elementi “chiave” che ne esaltino il valore di invarianza dei tratturi nel paesaggio dell’Italia Interna drammaticamente in via di spopolamento.

La migrazione stagionale degli armenti dai monti d’Abruzzo alle pianure di Puglia è un fatto millenario.

Il fenomeno antico della transumanza, documentabile dall’età del bronzo, è stato attivo fino agli anni Cinquanta del Novecento quando la riforma fondiaria, eliminando il latifondo, ha messo decisamente fine all’incolto e all’allevamento nomade. Naturalmente, in questo grande arco temporale, si sono verificate modificazioni nei modi e nei tempi degli spostamenti, condizionati dall’assetto politico della regione e dal conseguente variare dalle normative statali.

Il Tavoliere col suo capoluogo Foggia è il luogo della Regia Dogana della mena delle pecore di Puglia, i cui traffici sono custoditi nell’Archivio della Dogana che va dall’anno 1536 al 1806, in cui i francesi con la legge del 21 maggio abolirono la Dogana e nell’Archivio del Tavoliere ossia della nuova amministrazione dei pascoli fiscali di Puglia che, iniziando dall’anno 1806, giunge tra vicende alterne fino al 1865, quando con la legge del 26 febbraio si concesse l’affrancazione dei terreni censiti dando così l’avvio ad una totale trasformazione dei pascoli in terre a coltura.

Per quei secoli il proprietario di greggi, è il soggetto di maggior peso nell’assetto economico-sociale che poggia sulla pastorizia e il più ascoltato protagonista nel delicato sistema di mediazioni politiche e istituzionali che ruota intorno alla Dogana, ma anche la figura più esterna all’esercizio dell’attività pastorale in senso stretto.

Il Tavoliere a pascolo, come raccontano alcuni documenti della Biblioteca provinciale Magna Capitana, con una continenza discontinua di circa 9000 carra, era ritenuto capace di offrire alimento sufficiente per sei mesi d’inverno a circa 1.200.000 pecore (il possedibile) che vi si portavano percorrendo vie particolari ed apposite, i tratturi, le quali nei tempi antichissimi furono semplici piste battute, prive di ogni delimitazione, poi ebbero un’ampiezza determinata e fissata in perpetuo (almeno 60 trapassi=metri 111). Fra i molti tratturi che, come una grande raggiera, confluivano a Foggia, i più importanti per lunghezza e densità di traffico erano tre che, prendendo nome dai paesi terminali allacciati, si dissero: Aquila-Foggia, Celano-Foggia, Pescasseroli-Candela.

Lungo i tratturi esistevano i riposi laterali, costituiti da pascoli che la Regia Corte forniva ai pastori per la breve sosta. Altra cosa erano invece i riposi generali, dove gli animali transumanti si fermavano in attesa del permesso di entrata nelle locazioni: il Saccione, dal fiume Fortore al fiume Sangro, le Murge e la Montagna dell’Angelo, stabilito da Ferrante I d’Aragona con i demani da Apricena a Vieste. I pastori corrispondevano per l’uso degli erbaggi, ma anche quale corrispettivo dei privilegi, delle comodità ed agevolazioni concessi dalla Dogana al loro ceto, una fida di 132 ducati per ogni 1000 pecore. E sino alla seconda metà del XVI secolo l’esazione della fida dipese realmente dalla conta degli animali, eseguita nei riposi generali da apposite squadre di numeratori. Ma nel 1553 tale sistema fu abolito, venendo permesso ai pastori, desiderosi di avere pascoli maggiori di quelli spettanti per il numero dei capi posseduto, di aumentare idealmente questo numero, accollandosi in corrispondenza l’onere del maggiore esborso. Il nuovo criterio, vantaggioso anche per la Regia Corte, fu detto professazione volontaria

Il repertorio delle descrizione di viaggi- si legge in uno studio pilota della Provincia di Foggia dagli uffici dell’architetto Stefano Biscotti, effettuato per la valorizzazione del Tratturo Pescasseroli Candela- offre numerosi spunti grazie alla dovizia di notazioni sul paesaggio che accompagna le memorie dei viaggiatori del Grand Tour – che in Puglia ebbe notevole successo – particolarmente affascinati dalle ampie distese dei pascoli pedemontani. Francesi, inglesi, tedeschi e russi non mancarono di cogliere la singolarità dell’aspetto del Tavoliere, naturalmente vocato ad accogliere fitte mandrie di bestiame. La luminosità e la floridezza delle campagne pugliesi sono spesso vagheggiate come residue testimonianze di un paesaggio primordiale, espressione di una civiltà incorrotta, terra promessa nella quale si riscontra la generosità della natura. Le distese a perdita d’occhio suscitano suggestioni pittoriche e riflessioni sulla ricchezza della terra, e in molti autori non mancano digressioni specifiche sulla storia della transumanza.

Michele Pesante, ex dirigente regionale dell’Ufficio dei Tratturi con sede a Foggia e presidente dell’associazione Tratturi e transumanza insieme a Viviano Iazzetti (ex direttore dell’Archivio di Stato di Foggia) ha inviato una importante documentazione al cartello di associazioni, enti ed associazioni che ha promosso e coordinato l’iter dell’Unesco.

“Non si passa più per visionari- dice Pesante sorridendo a bonculture– con l’importante riconoscimento mondiale la transumanza e i tratturi sono un patrimonio di tutti. L’iter ha avuto dei momenti di difficoltà, chi ha portato avanti di più la battaglia sono stati i molisani e gli abruzzesi, noi come Puglia abbiamo concorso alla documentazione. La transumanza è un concetto più ampio rispetto ai tratturi, in Romania, in Spagna ci sono dei sentieri, ma con il riconoscimento dell’attività della transumanza, i tratturi ora diventano decisivi per conoscere il bene immateriale. Transumanza e tratturi hanno un connubio inscindibile, il Foggia-Camporeale fino a Troia corrisponde alla Via Traiana. Sto riportando sui tratturi tutti i tracciati michaelici e francigeni. Quando si parla di transumanza, Foggia non può non essere la capitale, entrano 4 tratturi. Le istituzioni sono un po’ assenti: abbiamo questa difficoltà, il riconoscimento Unesco è positivo, se ci ha riconosciuto mezzo mondo ora aspettiamo che lo riconoscano Foggia, le istituzioni. Fare transumanza non significa solo rievocare i tempi andati. La transumanza è una attività economica, che può e deve essere valorizzata e ripercorsa, perché dà prodotti caseari di qualità, andrebbe anche incoraggiata, perché costituisce un presidio nelle aree interne e consente di tenere in vita il paesaggio. In Alto Adige vedere le mandrie nei masi fa paesaggio. È un fatto economico”.

Un sogno accende ora le giornate di tanti visionari viandanti e in cammino: che finalmente Palazzo Dogana, con una Provincia ente di secondo livello meno pregnante, possa diventare finalmente il contenitore culturale che merita e possa ospitare perché no un museo internazionale della transumanza, tra passato e futuro.

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