L’antimafia sociale va oltre le manifestazioni e vive di scelte quotidiane

by Ciro Dattoli

Corso Giannone, una delle arterie commerciali di Foggia, o meglio quel che ne resta come tale. Sono le 12.30 circa. Per percorrerla in auto sei costretto allo slalom tra auto parcheggiate in doppia fila, non solo a destra, anche a sinistra, là dove anche nel libertinaggio attivo da generazioni, non si era mai sostato selvaggiamente sino a un paio di anni fa. Ma ora si può, sembra che con le auto ora si possa tutto, purchè si faccia il contrario delle norme.

I vigili? Anche loro da qualche anno sono presenti ad intermittenza quasi zero, nel senso che qui, come altrove, non si vedono mai. Che poi, non per salvarli, pare non sia nemmeno tutta colpa loro. Più di uno si aggrappa al clacson dell’auto, non si sa se per frustrazione o insofferenza, ma altri scesi dai mezzi lasciati a sinistra scaricano valanghe di volgarità contro chi ha osato lamentarsi. In ragione di cosa? Delle regole? Quali regole? Le loro, perché qui le norme del vivere comune non esistono più, sono state cancellate dalle regole dell’arroganza, dell’ignoranza e dell’illegalità. Qui, ora, sempre da qualche anno, la convivenza civile è morta come le ragioni della brava gente. In strada, ma anche altrove, comandano gli altri padroni della città che non sono nemmeno padroni dei loro pensieri, se è vero che i pensieri vivono nelle menti e le loro si sono annebbiate da tempo.

Quasi alla stessa ora, nell’aula magna del Dipartimento di studi umanistici dell’Università, in via Arpi, si avvia a conclusione l’incontro sull’antimafia sociale. Ludovico Vaccaro, Procuratore della Repubblica, uomo di Stato, ha detto rispondendo a precisa domanda nel corso di una intervista: “L’antimafia sociale deve andare oltre le manifestazioni ed i cortei, deve essere testimonianza quotidiana di comportamenti rispettosi delle regole vere. Ad esempio non frequentando locali, ristoranti e strutture in odor di mafia, non chiedendo favori. Ma la società civile, in questa città, è venuta un po’ meno”. Un’ora prima, il Consiglio degli studenti universitari ha presentato, in un manifesto chiamato ‘La città che vorrei’, le idee per il futuro possibile di questa città ferita, oltraggiata, calpestata, offesa e tradita. Guarda caso, le studentesse e gli studenti hanno proposto il rispetto delle norme della convivenza civile. Sempre Ludovico Vaccaro aveva chiuso l’intervista richiamando la speranza nei giovani “Le cose importanti e nuove vengono fuori sempre dai giovani”.

Giusto, la storia insegna.

Solo che la storia contemporanea di Foggia presenta il conto delle storture, delle inconcludenze e dei dati di fatto.

Nella città senza più anima e memoria, da tempo le ‘altre’ regole hanno sostituito norme e diritto impedendo di vivere di aspirazioni, obiettivi, passioni e ricercando solo la certezza del chiedere il favore: il più bravo è quello che strappa l’aiuto dell’amico contro gli altri amici e se ne vanta pure. A loro non serve essere un politico, un dirigente o un ricco, che a Foggia essere ricco, o apparentemente tale, è sempre un titolo di nobiltà vantata. No, a loro basta essere ‘amico di’: ‘io appartengo a’ è un livellatore di carature e pesa come una pergamena nobiliare.

Ma lo sanno i giovani che gli spinelli sono soldi dati alle batterie della criminalità?

Lo sanno i giovani che i soldi dei cicchetti di qualche locale finiscono nelle casse delle batterie?

Lo sanno i giovani che le sneakers contraffate vendute dall’amico ‘in gamba’ finiscono nelle batterie?

A loro, ai giovani, non importa?

Già, del resto anche ai loro padri non è mai importato nulla.

Sono le regole, le loro regole.

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