“Le mafie foggiane sono tutto meno che rozze”. Scioglimenti&Corruzione: intervista a Leonardo Palmisano

by Daniela Tonti

Cerignola e Manfredonia, due Comuni i cui consigli comunali sono stati sciolti per mafia dal Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi. Numerose interdittive antimafia che hanno stravolto alcuni servizi pubblici nel capoluogo della provincia di Foggia, come la riscossione dei tributi e i servizi cimiteriali. L’arresto di due politici come Angelo Cera, ex parlamentare e detentore del simbolo dello Scudo Crociato nella Puglia Nord, e suo figlio Napoleone, consigliere regionale.

Per fare ordine in questa ventata di legalità e di misure straordinarie per la Capitanata noi di bonculture abbiamo chiesto l’aiuto del professor Leonardo Palmisano, scrittore e docente di Sociologia Urbana al Politecnico di Bari, studioso dei fenomeni mafiosi in Puglia, oltre che animatore di cambiamento con la factory di contenuti editoriali, Radici Future.

Ecco la nostra lunga chiacchierata, che il sociologo ha voluto che facessimo dandoci del tu.

Leonardo, due grossi consigli comunali sciolti per mafia, Cerignola e Manfredonia, Comuni con economie robuste e con comunità politicamente stabili e forti, anche simbolicamente. Cosa ne pensi? Cosa comporta uno scioglimento di questo genere se poi la tecnostruttura resta al suo posto?

Penso diverse cose. La provincia di Foggia quella poca ricchezza che produce non la distribuisce. Questo significa che si crea uno iato fortissimo tra chi sta peggio -c’è un oggettivo peggioramento delle condizioni materiali dei pugliesi, perché la Puglia si è nettamente impoverita come tutto il Sud dalla crisi ad oggi- e chi sta bene. E tra chi sta bene, ci sono soprattutto le mafie. E questo è un dato: le mafie foggiane sono in ottima salute, nonostante i colpi inferti finalmente dalla Procura antimafia di Bari e Foggia, perché hanno alcuni business ormai di peso internazionale: l’importazione di marijuana e l’esportazione di armi verso l’Albania e da lì verso l’area balcanica e chissà dove altro.  Gli investimenti dei capitali mafiosi sono finiti all’interno delle economie: lo scioglimento di Manfredonia e Cerignola racconta anche questo e cioè come attraverso la politica le mafie sono riuscite ad entrare nella cosiddetta economia legale.

Nella provincia di Foggia la penetrazione dei capitali mafiosi appare più forte che nel resto della Puglia, non è così? 

La mafia di Foggia è sempre stata in forte correlazione con politica ed impresa: lo rileva per esempio, la qualità specifica delle vittime innocenti di mafia. Se Foggia città ha avuto Marcone e Panunzio ed essi erano un funzionario pubblico e un imprenditore, è perché loro due non avevano intenzione ed interesse a favorire quel tipo di sistema. Le mafie della provincia di Foggia hanno subito avuto una mentalità imprenditoriale, questo stona per esempio col racconto mediatico ma anche con alcuni libri, che si soffermano sulla ferocia delle organizzazioni. La ferocia è un dato, c’è, ma la ferocia c’è sempre nelle mafie, non sarebbero mafie se non fossero feroci, se non ci fosse l’elemento della minaccia: la ferocia è un dato che si scatena quando qualcuno vuole mettere in crisi il sistema. Qual è l’aggravante delle mafie foggiane? È il loro rapporto strettissimo con il mondo politico imprenditoriale e con il mondo della libera professione anche attraverso, ma questo soprattutto nella città di Foggia, la camera della massoneria.

La massoneria è ancora molto poco indagata in Capitanata…

Certo, è molto poco indagata perché un bel pezzo delle libere professioni è dentro sistemi massonici. Per mondo della libera professione si intendono quei mestieri che tutelano l’economia e i diritti delle imprese delle mafie, sostanzialmente commercialisti e avvocati, se anche il mondo delle libere professioni ha partecipato a questa spartizione e costruzione di interessi perché non avrebbe dovuto partecipare la politica?  La politica in queste aree probabilmente non è stata neanche governata dalle mafie, ma ha orientato con le mafie l’indirizzo di governo del territorio stesso. Sono convintissimo che una parte rilevante dell’economia del Gargano sia risorta alla fine degli Anni Novanta grazie agli investimenti illeciti, grazie al lavaggio e al riciclaggio di denaro sporco dentro le strutture ricettive, la ristorazione. Sono stati favoriti dal crollo dell’economia tradizionale, rappresentata da grano, edilizia, agricoltura rispettosa della biodiversità (e quindi non il pomodoro) ed economia industriale a Manfredonia. Il crollo di queste economie in assenza di oggettiva disponibilità degli istituti bancari, ha favorito gli investimenti criminali, com’è accaduto in altre parti d’Italia. Probabilmente è stata l’impresa stessa ad andare dalle mafie, non le mafie dall’impresa. E questo vale anche per la politica, è molto probabile che a cercare il consenso, che le mafie controllano, sia stata la politica e non le mafie ad andare dalla politica ad offrire i loro pacchetti. Raccontiamo quindi una dimensione criminale e mafiosa che non ha nulla di rozzo. È la mafia che vuole che sia fatta una narrazione tutta centrata sulla ferocia e sugli omicidi e sul fatto che sul Gargano ci si spari in faccia, vuole questo racconto per mascherare invece la capacità che hanno le mafie di Foggia di fare il salto.

Ci sono elementi che dimostrano questa capacità?

Ce ne sono diversi. Primo: i pugliesi della provincia di Foggia li troviamo fuori dalla Puglia in altre regioni molto più di altri pugliesi: Nardino è stato arrestato a Milano, la sua mafia di San Severo si era estesa in tutta la costa adriatica e amici che stanno studiando quei fenomeni mi dicono che in Abruzzo, nel Molise e nelle Marche la mafia di San Severo sta scalzando letteralmente i Casalesi, grazie alle relazioni che hanno con i Calabresi.

Secondo: la mafia di Cerignola, dedita alle scenografiche rapine ai portavalori, esporta il suo saper fare e lavora su più territori e forma altri rapinatori. Terzo: la mafia di Foggia città dipende ormai dalla mafia del Gargano egemone che è quella della famiglia Romito, perché i Libergolis sono spariti, l’ultimo coup de theatre dei Libergolis è stata l’inutile strage di San Marco in Lamis, dove non hanno ottenuto niente se non che si siano finalmente accesi i riflettori. La responsabilità dei Libergolis nella oggettiva maggiore attenzione prestata dalla stampa e dalle Procure e dai Governi sulla mafia del Gargano è enorme. E poi quarto c’è

la mafia del Nord del Gargano con Cagnano Varano e Rodi, che ha delle sue specificità e che può accedere molto facilmente alle relazioni con gli albanesi e pare che vi siano dei foggiani anche in Albania. Altro che mafia rozza e feroce come qualcuno ha scritto e detto, siamo di fronte ad un sistema che ha una complicatezza interna ma anche una capacità di penetrare all’interno dell’istituzione. È vero: la legge degli scioglimenti tende a colpire più la politica, ma è necessario colpire la politica perché un’amministrazione non si governa da sé nonostante la Bassanini. Nicola Gratteri fa una lettura molto precisa e puntuale: l’intervento delle mafie nelle amministrazioni passa sempre di più attraverso i cosiddetti colletti bianchi. Non parliamo di singoli impiegati, prevalentemente si tratta di funzionari ma soprattutto di dirigenti.

Sono pochissimi i casi di arresti di dirigenti in provincia di Foggia…

Sì, ma se viene ucciso un funzionario come Marcone, che non ci voleva stare a quella roba lì, qualcun altro probabilmente c’è stato. In modo contro intuitivo, se uno viene fatto fuori perché non ci sta, qualcuno forse ci è stato, no? E non solo a Foggia città. È il grumo di interessi il vero problema della provincia di Foggia. Abbiamo necessità di sciogliere i Comuni, perché è necessario che la politica foggiana cambi radicalmente. Anche gli arresti dei Cera raccontano questa necessità.

Dalle indagini emergono metodi che sembrerebbero molto simili a quelli mafiosi, vero?

Sì il metodo è simile, il rapporto con i clan lo racconta la storia di Bari con le case di cura riunite di Cavallari, forse i rapporti con i clan sono serviti con la Sanitaservice, ho quasi la convinzione che sia accaduto questo e non solo a Foggia, sono serviti a portare manodopera, che poi portano voti. Gli arresti dei Cera parlano di una relazione clientelare che comporta il soddisfacimento illegale di una fortissima domanda di lavoro.

L’ultima relazione Anac di Raffaele Cantone parla proprio di questo: la corruzione passa dalla ricerca affannosa di lavoro.

Cantone arriva un po’ tardi, l’Istat ci ha consegnato una fotografia di quanto frutta in termini di valore aggiunto lo sfruttamento irregolare di lavoro: tutte le forme irregolari di lavoro, da quello grigio all’orario di lavoro allungato fino al nero assoluto compreso lo sfruttamento della prostituzione, fruttavano nel 2015 in Italia una cifra che si aggirava intorno agli 83miliardi di euro annui. Stiamo parlando di tre abbondanti finanziarie.

Il vero business del business, la cerniera che si crea prevalentemente al Sud tra mafia, politica e impresa, è il bisogno di lavoro. Più il bisogno di lavoro viene gestito in modo privato e occulto e più si costruiscono altrove i presupposti affinché alcuni bandi vadano verso alcune imprese, più chiaramente le persone, che necessitano di lavoro, tenute sotto la minaccia materiale del bisogno e in condizione di miseria, voteranno quello che ordina chi dà loro lavoro. Questo è il circolo vizioso che non riusciamo purtroppo a stoppare, un circolo vizioso che ha dentro la corruzione, che da un lato è politica, ma il grosso della corruzione non sta più neppure nella politica, ma sta nel mondo amministrativo di qualunque istituzione pubblica, dalla Sanità come stiamo scoprendo dagli arresti dei Cera ai Comuni fino all’Università. Tutti quei luoghi dove offri lavoro alle imprese e quindi costruisci ed orienti bandi anche importanti- è vero che la pubblica amministrazione paga in ritardo, ma se vanti un credito con la PA qualche banca non ti fa fallire (e questo Confindustria non lo racconta mai) – sono i luoghi in cui bisogna andare a cercare la nuova mafiosità. La corruzione non passa neanche tanto attraverso il denaro, ma attraverso posti di lavoro apicali, come le consulenze. Persone che non hanno nessuna competenza vengono dirottate nel sottogoverno. Quanti sono i parenti dei dirigenti pubblici che vengono presi come consulenti? Lì non si configura un rapporto tangentizio? Quanti sono i parenti di dirigenti pubblici assunti da imprese medie e grandi che vincono costantemente bandi pur non avendo queste imprese chissà quali competenze e pur non essendo migliori di altre?

La provincia di Foggia col nuovo Prefetto Raffaele Grassi sta vivendo un periodo di importanti interdittive antimafia ad imprese di rilievo del territorio, siamo di fronte ad una nuova stagione?

Non c’è ancora un risveglio della società civile, a Foggia non ho visto grosse indignazioni collettive, non ho visto grosse manifestazioni antimafia. Qualcosa è stata fatta a San Severo, a Cerignola a Foggia città qualcosa di molto piccolo. Ma non mi pare che la cittadinanza della provincia di Foggia si sia indignata. Questa è anche la provincia in cui quando si cominciano a dire delle cose i sindaci dicono: no guardate che vi state sbagliando. Tanti sindaci, anche progressisti, negavano le capacità pervasiva del crimine, perché molti di questi politici vengono da quelle camere oscure. Sono convinto che in provincia di Foggia anche di grossi Comuni da sciogliere per mafia ce ne sono ancora parecchi. Penso che si debbano accendere i riflettori su tutto quello che è accaduto nel capoluogo nell’ultimo decennio lungo, perché non è possibile che un luogo del genere che è stato destinazione di fondi e non pochi fondi abbia un’economia depressa. E non sono le bombe a deprimere l’economia foggiana. Non è il commercio che fa economia, il commercio si nutre dell’economia. Perché Foggia non rinasce economicamente? Perché dopo il grano e dopo il mattone non c’è più niente? Perché manca un progetto per Foggia? Secondo me perché le mafie hanno un progetto per Foggia.

Le mafie hanno interesse a tenere Foggia rasa al suolo?

Le mafie vogliono che Foggia resti una città oscura, l’ho detto quando ci furono quelle esplosioni l’anno scorso: non siamo di fronte ad un sistema commerciale sottoposto a ricatto, sono le mafie che non vogliono che Foggia abbia un sistema commerciale. Avere delle piazze oscure, dei vuoti luoghi può consentire di avere altri traffici e di avere la libera circolazione dei commerci occulti, che sono nella città di Foggia: la droga, le armi e i corpi.

Tutti hanno ballato almeno una volta nei locali chic della famiglia dei Romito. Quanto e come sono “malate” le società meridionali? C’è un aspetto legato allo status della malavita?

Molti hanno anche partecipato a strani festini sul modello di Eyes wide shut nelle ville blindate dei Romito, altro che mafia rozza. È una mafia sofisticata capace di offrire escort di alto bordo da tutto il mondo ad un pezzo della politica e dell’imprenditoria. Cosa chiede in cambio la famiglia Romito? Anzitutto il controllo del porto, cominciamo a rivoltare come un calzino il porto di Manfredonia. Andiamo a vedere quali sono le estensioni di questo clan per esempio fino a Trinitapoli, quali sono le relazioni dei Romito con la famiglia Cannito di Barletta, con Salvatore Anacondia, che pare si stia facendo rivedere a Trani e che cosa fa a Nord di Manfredonia.

Anche loro vogliono che un pezzo straordinario di costa resti degradato e non diventi mai la Costa Azzurra?

Non sarà mai la Costa Azzurra, la Costa Azzurra non potrebbe mai consentire un livello di mafiosità come quello che c’è sulla costa del Gargano. C’è un altro aspetto che ci ha rilevato il nostro algoritmo: mentre su Cerignola le variabili più importanti riguardavano gli interventi sull’edilizia e l’estensione delle concessionaria automobilistiche rispetto alla dimensione demografica e al Pil che è piuttosto basso, su Manfredonia invece ciò che è determinante nel rilevare la presenza mafiosa è la gestione del porto e l’eccesso di locali e bar dentro alcuni quartieri particolari centrali con tassi di natalità e mortalità molto accelerati. Si tratta evidentemente di lavatrici. Le mafie vogliono entrare nell’economia dei servizi, ossia il turismo. In provincia di Foggia c’è anche il turismo religioso, sono tanti gli alberghi vuoti a Monte Sant’Angelo e San Giovanni. Sono territori economici. Le mafie restano. Dei Romito parliamo da tanto tempo, lo stesso dei Francavilla, dei Lanza, dei Trisciuoglio, dei Prencipe, dei Nardino. Sono 30-40 anni che questi nomi ricorrono nelle cronache giornalistiche. Se la mettiamo in termini di permanenza lunga e di progettualità, a Foggia l’unica cosa che non muore mai sono le mafie. Adesso ci sono questi politici, 10 anni fa ce n’erano altri. In Sicilia quando c’era Cosa Nostra, cambiavano i mafiosi, ma non cambiavano i democristiani, adesso è l’esatto contrario. Questo vuol dire che sono le mafie a fare investimenti sui politici, non viceversa. Ed è trasversale, non riguarda solo una parte politica, tanto è vero che Cerignola era amministrata da un civismo di centrodestra e Manfredonia dal centrosinistra. Vi è una trasversalità di interessi da parte della politica e le mafie non vivono una dimensione ideologica. Loro investono su delle figure fino a farle diventare figure di livello regionale o nazionale, chissà. Magari arriveremo a scoprire questo pur di restare al comando dei territori. Questo è ciò che mi preoccupa di più. Per questo a Foggia serve un cambio radicale, non si può riproporre nessuno.

Un’ultima domanda: a Cerignola ci sono aziende importanti che sono sui banchi della GdO di tutta Europa. Fanno anche loro parte di quel che sistema che dicevi all’inizio, anche loro non distribuiscono ricchezza al territorio?

Sono aziende che hanno fatto il salto internazionale, c’è da capire se dentro il salto internazionale c’è o meno lo sfruttamento di lavoro, se c’è, la ricchezza non è distribuita. Se non vengono corrisposti i salari adeguati ai livelli contrattuali e alle condizioni di lavoro, un pezzo di quella ricchezza è illegittimo ed è una ricchezza che produce povertà. C’è un surplus di dimensioni aziendali: abbiamo insistito molto in questi anni, sbagliando secondo me, sulla crescita della dimensione. Questo ha allontanato i consumatori. Il produttore di prossimità medio piccolo può essere controllato dal consumatore, in molti casi il piccolo conferitore rimane senza rappresentanza quando invece quello è il futuro. Se noi vogliamo salvare l’agricoltura in provincia di Foggia e vogliamo sconfiggere il caporalato abbiamo bisogno di ridimensionare le aziende, ritornare ad una agricoltura di prossimità e avvicinare il consumatore alla qualità e alla qualità del lavoro. Non ci vuole molto.

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