L’onda verde ambientalista di Giorgia Mari contagia e convince

by Elisabetta de Palma

Nella settimana del 3° Global Strike for future e dei 66 Paesi che, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, decidono di politiche fondamentali per il futuro del pianeta, ai Dialoghi di Trani si sono confrontati un fisico del clima, Antonello Pasini, e Giorgia Mari, sedicenne attivista del Fridays for future-Bari.

A moderare un dialogo assolutamente inedito Piero del Soldà, giornalista, conduttore radiofonico e “amico” della manifestazione pugliese. L’articolata declinazione della parola-chiave di quest’anno, “Responsabilità”, non poteva far mancare la riflessione sulle irresponsabilità che hanno compromesso quasi irreversibilmente l’equilibrio ambientale della Terra.

Effetto serra, effetto guerra. Clima, conflitti, migrazioni: l’Italia in prima linea” è il tema dell’incontro, ma anche il titolo del saggio di Pasini (Chiarelettere 2017, 176 pagine, 15,00 euro), scritto a quattro mani con l’analista diplomatico Grammenos Mastrojeni. Pasini parla da fisico, da ricercatore, snocciola dati e numeri ed è anche chiarissimo nella esplicitazione di quelle che sono le conseguenze geopolitiche dell’effetto serra: la desertificazione spinge le popolazioni a migrare, ma le alluvioni pure, perché trascinano via la parte fertile del suolo, condannando aree vastissime alla carestia. La conquista dell’acqua sarà la ragione di prossime guerre, neanche lontane. Le migrazioni riguarderanno sacche sempre più ampie di umanità disperata, ma potrebbe non esserci più nessun territorio in grado di accogliere e di garantire condizioni di vita migliori. L’Italia, per la sua posizione geografica, è terra di approdo e di passaggio: tutto ciò che però oggi sembra centrale – sbarchi, politiche di ridistribuzione dei migranti, ruolo delle ONG, inclusione sociale – potrebbe diventare del tutto marginale o irrilevante per le conseguenze del disastro ambientale.

A questo punto una domanda è inevitabile: come è possibile che gli scienziati siano stati per anni “voce che grida nel deserto” e una ragazzina svedese armata di un cartello scritto a mano, invece, costringa i potenti del mondo, quando si rivolge a loro, a girare lo sguardo, a balbettare giustificazioni imbarazzanti o addirittura a disertare gli incontri? Che sia riuscita a dare vita ad un movimento trasversale di protesta pacifica che in pochi mesi ha portato l’emergenza climatica all’attenzione di milioni di ragazzi in tutto il mondo? 

Bene, chi ha ascoltato Giorgia Mari confrontarsi con Pasini e con del Soldà qualche risposta se l’è data. Sedici anni, alunna del liceo “Scacchi” di Bari, anche lei armata di cartello, Giorgia ha fornito alla discussione un apporto puntuale, chiaro, fondato su conoscenze e dati indiscutibili; ha chiarito le istanze del movimento Friday for future, ripetendo più volte di aver bisogno di imparare continuamente dalla scienza,  prima alleata del movimento. Ha integrato le informazioni di Pasini, ha risposto ad ogni domanda con passione e con equilibrio; ha citato rapporti, studi, e anche le parole di papa Francesco, definito “numero uno”, finalmente con lo slancio linguistico proprio di un’adolescente. 

Comprensibile e pienamente condivisibile lo stupore nelle parole conclusive di Piero del Soldà: “Se sono tutti come te, non c’è da dubitare dell’enormità dell’impatto politico che avrete!”. 

Ma oggi, alla vigilia della manifestazione di venerdì 27, che in Italia chiamerà in piazza centinaia di migliaia di studenti per esigere il proprio futuro, una riflessione va fatta: il MIUR che adotta e sostiene le istanze degli studenti, che parla di sostenibilità e di nuova economia nella scuola, che inaugura link e caselle postali per raccogliere idee e progetti, troverà terreno fertile in un sistema scolastico che ancora balbetta incerto su questi temi? Una scuola che sta evidentemente rincorrendo gli studenti, i quali, come già accaduto in altri momenti epocali, hanno fatto un unico balzo in avanti e segnato una distanza evidente con chi, non dimentichiamolo, ha la responsabilità del disastro che chiedono di scongiurare?

Il prossimo Global Strike riempirà le prime pagine dei giornali, ci saranno interviste, dichiarazioni, commenti; il ministro Fioramonti ha anticipato tutti invitando le scuole a guardare con spirito di condivisione l’iniziativa degli studenti; i docenti più sensibili stanno dedicando tempo alla riflessione con le proprie classi e continueranno anche dopo. I ragazzi preparano i cortei.

Ma ci vorrà tempo per i bilanci. Per capire se le voci si sono incontrate, se si è stati in grado di ascoltarsi e di capirsi. Se il mondo della scuola sia riuscito nel compito difficilissimo che gli viene assegnato, di colmare un gap generazionale che nessun’altra istituzione, ad oggi, sta riuscendo a superare. Ancora una volta, attrezzato solo della passione e dell’impegno dei singoli.

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