Dio benedica i Ciampolilli

by Enrico Ciccarelli


Salve. Solo chi ha una faccia insignificante entra alla Camera dei Comuni; e solo chi è insignificante vi fa carriera. Ricorro alla micidiale facondia di Oscar Wilde per parlarvi della cattiva stampa che tradizionalmente circonda i Parlamenti. Dalle scatolette di tonno di Grillo all’appello ai cittadini di Roccasecca del principe De Curtis, dal pitale versato su Montecitorio dall’aviatore amico di Gabriele d’Annunzio fino allo sciamano di Capitol Hill non si contano le manifestazioni di aperto disprezzo e dileggio verso i Parlamenti, che si accompagnano con regolarità a cose meno soavi come la Congiura delle Polveri di Guy Fawkes o il cannoneggiamento del Soviet Supremo da parte di Boris Eltsin o ancora l’irruzione del maresciallo Tejero alle Cortes spagnole.

È meritato questo dileggio? All’apparenza sì. Prendiamo, per esempio, Alfonso Lello Ciampolillo, il senatore ex-Cinquestelle fra i primi casi di Var parlamentare. Un personaggio così pittoresco e inattendibile da essere diventato antonomasia, essere assurto a categoria. Non siamo dei Ciampolillo qualsiasi, ha detto Matteo Renzi. E il ciampolillismo è diventato sinonimo di tutta una serie di fenomeni mediamente negativi, un po’ come successe in circostanze analoghe a Scillipoti.
Ma l’apparenza non è sostanza: perché, almeno in Occidente, le folle mugghianti e variamente fasciste o eversive che si adunano innanzi ai Parlamenti e credono di stare cingendo d’assedio il potere sbagliano clamorosamente indirizzo.
Perché i Parlamenti non sono il potere, ma il suo contraltare. Nascono per imbrigliarlo, per costringere la forza a sprigionarsi solo entro certi limiti e a certe condizioni. Non casualmente i primi Parlamenti concentravano il proprio potere sul consentire o negare al sovrano i soldi necessari a fare la guerra. Poi questi poteri si sono progressivamente allargati, parallelamente al sorgere e all’affermarsi dello Stato di diritto.

Chi crede di scagliarsi contro i difetti dei Parlamenti, in realtà ne vuole azzerare i pregi: il fatto che in Parlamento si parli, e si parli molto, non è un malfunzionamento, perché i Parlamenti esistono per la discussione e il confronto. Che naturalmente può essere spesso chiacchiericcio, ma è preferibile all’azione irriflessiva, al fare qualsiasi cosa purché si faccia. Non sempre la lentezza dei Parlamenti corrisponde a decisioni ponderate; ma di sicuro decisioni affrettate non lo sono mai. E lo vediamo nella quantità di leggi assurde o stupide o entrambe che vengono approvate per venire incontro a questo o quel sussulto dell’opinione pubblica. Perché i Parlamenti ci proteggono sia dalla tirannide dei potenti che da noi stessi, dalla nostra naturale inclinazione a credere che problemi complessi abbiano soluzioni semplici e le risposte istintive siano le migliori.

La presenza di senatori come Alfonso detto Lello Ciampolillo, con le sue stravaganze, è una buona notizia, perché ci conferma che, a differenza di quanto avviene nelle dinastie, in Parlamento può entrare chiunque. Con il nostro permesso o la nostra complicità, scegliete voi il termine; ma chiunque. Un tempo, per illustrare questi principi, le forze politiche sceglievano figure emblematiche: cantanti, attori, pornostar, detenuti, braccianti analfabeti e operai metalmeccanici. Lascio a voi decidere di cosa possa essere ritenuto emblema il senatore che abbraccia l’ulivo (l’albero, non la coalizione politica), ma non c’è dubbio che lo sia anche lui.
Dio ci conservi i Parlamenti e benedica i Ciampolilli, care amiche e cari amici. Perché ci ricordano quale impensabile potere ci sia stato conferito  con il diritto di voto e quanto sia importante farne un uso accurato. Alla prossima.

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