Doppia preferenza di genere, Emiliano rischia l’autogol (di Conte)

by Andrea Tedeschi

Se non fosse una questione molto seria, si potrebbe parafrasare con il classico “Vai avanti tu che a me viene da ridere”. Perché a pochi giorni dall’ultima seduta del Consiglio regionale pugliese prima dello scioglimento in vista delle elezioni di settembre, la telenovela della doppia preferenza di genere nella legge elettorale, voluta e mai introdotta, rimandata e poi imposta dal Governo nazionale, non si è ancora conclusa.

Una storia che parte da lontano, da quando alla fine della scorsa legislatura un colpo di coda del centrosinistra provò a mettere una pezza che col senno di poi avrebbe significato moltissimo: ma già allora il voto segreto garantì un paravento a quella maggioranza trasversale che evidentemente delle donne (in aula) avrebbe fatto anche a meno, e che votò contro la possibilità di votare un uomo e una donna alle successive elezioni. Risultato (arcinoto): cinque donne elette su 51 consiglieri, zero in maggioranza.

Michele Emiliano promise immediatamente che avrebbe rimediato subito alla “vergogna” con uno dei primi atti del suo Governo. Fatto sta che cinque anni dopo, tre proposte di legge e una serie infinita di emendamenti aggiuntivi alla legge elettorale, siamo ancora punto e a capo. E’ servito un intervento d’imperio del Governo, che ha intimato alle Regioni riottose come la Puglia e la Liguria, ultime a piegarsi di fronte a una legge nazionale che fin dal 2016 impone la parità d’accesso alle cariche elettive per uomini e donne, di adeguarsi il prima possibile pena un commissariamento. A Genova ci sono riusciti, a Bari per adesso no.

Dopo l’atto di indirizzo dell’esecutivo, la Settima Commissione ha sbloccato il testo, che dovrebbe essere discusso in aula il 28 luglio. Ma le perplessità restano, tanto che lo stesso Emiliano sembra essersi rassegnato al commissariamento. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati i consiglieri di Senso Civico per la Puglia, tra cui ci sono due assessori regionali come Mino Borraccino e Alfonsino Pisicchio, per i quali l’ok alla doppia preferenza di genere non è in discussione ma si poteva, comunque, fare di meglio con tutta una serie di interventi che in aula porteranno a ulteriori contrasti e a una pericolosa “melina” che, soprattutto in caso di nuovo voto segreto, potrebbe bloccare di nuovo la decisione del Consiglio.

Certo, in quel caso interverrebbe comunque il Governo che su proposta del ministro Boccia e a firma di Giuseppe Conte, entrambi molto vicini a Emiliano, hanno diffidato la Puglia e dunque imporranno la norma in ogni caso, per garantire l’uniformità della votazione su tutto il territorio nazionale o almeno nelle Regioni dove si voterà. Ma sarebbe certamente una pessima figura per tutta la politica pugliese, e per lo stesso Emiliano che a poche settimane dalle urne dimostrerebbe di non saper tenere in pugno la propria maggioranza. Ma non sarebbe la prima volta.

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