Il grande ritorno di Raffaele Fitto, araba fenice inquieta e risorsa ritrovata del centrodestra

by Claudio Botta

Ha appena 50 anni ma ha già vissuto tante vite politiche, ricchissime di picchi altalenanti, Raffaele Fitto. Questa mattina ne è iniziata ufficialmente un’altra, con la presentazione della sua candidatura come aspirante presidente della Regione del centrodestra accanto a Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia che lo aveva pubblicamente investito del ruolo nel dicembre scorso sempre a Bari, ma che – senza arretrare di un millimetro – ha dovuto aspettare sei mesi per la resa di Matteo Salvini e della parte dei leghisti pugliesi che avevano espresso la loro netta contrarietà, spingendosi fino all’indicazione di un candidato alternativo, Nuccio Altieri (che di Fitto era stato una creatura e un fedelissimo).

Governatore in carica, era stato clamorosamente sconfitto dall’outsider Nichi Vendola nel 2005 per una manciata di voti, ma la delusione era stata metabolizzata con positive esperienze da ministro nel governo Berlusconi (dal 2008 al 2011) condivise proprio con Giorgia Meloni, e poi con l’approdo nel Parlamento europeo (e successiva rielezione), ma in quadro di tensioni e lacerazioni nella coalizione che hanno prodotto sconfitte in serie, e scelte sofferte.

In una mattina di sole, in una cornice soft, l’ex enfant prodige non ha potuto fare a meno di ricordarlo, invitando a far tesoro degli errori del passato. Co-presidente dell’eurogruppo Conservatori e Riformisti, una posizione dorata per molti ma evidentemente non per lui, per rimettersi in gioco ripartendo da quello che aveva iniziato e lasciato, aveva posto come condizione l’unità del centrodestra, e alla fine dopo i disastri del 2010 e 2015 è riuscita ad ottenerla. Mentre i suoi avversari, espressione delle forze attualmente al governo nazionale, sono addirittura quattro. “Perché l’elenco delle doglianze e dei problemi irrisolti è lungo” il passaggio elegante riservato ad Emiliano, presidente in carica che parte sfavorito, nei sondaggi e per le critiche che arrivano pure dal presunto fuoco amico, nonostante la massiccia sovraesposizione durante l’emergenza Covid-19.

La ricandidatura vista come una nuova tappa di un percorso comunque lineare, l’esperienza a Bruxelles e Strasburgo preziosa per non disperdere le risorse comunitarie disponibili, tallone d’Achille dell’attuale esecutivo (ogni riferimento al Psr non è puramente casuale), il rapporto con i vertici nazionali dei partiti non certo di sudditanza (“nessuno può imporre ordini o spiegare a Raffaele Fitto quello che dovrà fare, sarà lui piuttosto ad interfacciarsi con noi per chiedere una collaborazione leale necessaria al pieno rilancio della Puglia“, le parole di Giorgia Meloni).

Il clima appare disteso, e non solo in senso metereologico. Anche le liste a sostegno del presidente, ha spiegato Fitto, verranno chiuse solo dopo l’intesa e l’assenso tra i vari vertici regionali e provinciali, e non verrà scatenata alcuna competizione interna tra i partiti del centrodestra (“siamo alleati, non avversari“). Domani arriverà Salvini, poi toccherà a Tajani, per le passerelle e le foto di rito. Da lunedì si entrerà davvero nel vivo, con l’ultima limatura delle liste e il lavoro sul programma, “prioritario rispetto alle polemiche, che comunque fanno parte di una campagna elettorale“.

È davvero tornato Raffaele Fitto, davanti a una platea di giornalisti e amministratori che viene invitata più volte a rispettare i rigidi protocolli anti Covid-19 imposti dall’organizzazione. Anche se, in fondo, non è mai andato via davvero.

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