Il Prefetto Vincenzo Cardellicchio sale nel Palazzo e Foggia un sorriso

by Micky De Finis

La cosa che mi ha colpito di più è stato quel suo passo felpato e morbido scelto per affrontare il suo primo incontro con la stampa.

E quando si è predisposto per il rito delle domande, anche le più maliarde, non si è mai scomposto più di tanto.

E così il nuovo Commissario del Comune di Foggia, Vincenzo Cardellicchio – prefetto di rango, scelto nei piani alti romani per proseguire e completare il lavoro della Commissione Straordinaria che regge le sorti del capoluogo della Capitanata – si è insediato nel Palazzo.

Lo ha fatto senza rumore e direi anche con una mitezza espressiva propria di chi incarna sempre il senso delle istituzioni in cui si è speso tutta la vita.

Del resto la sua è una storia lunga e articolata come quella di uno abituato a salire sempre su un treno già in corsa anche nelle tratte più complicate.

Rovigo, Campobasso, Isernia, Roma, Crotone e Perugia lo tappe di una lunga carriera senza una macchia. E quando nel 2019 lascia il campo per raggiunti limiti di età il suo impegno è costretto a continuare perché così gli viene chiesto e così deve rispondere un autentico “Riservista di Stato”.

Questo suo work in progress lo porta nelle Puglie, prima Taranto, poi Cerignola e ora a Foggia, una terra che ha nel cuore dove ha incontrato la sua compagna di vita, Teresa Accarrino, docente di inglese nativa di Monte Sant’Angelo, “per me una delle località più belle del mondo” tiene a sottolineare con un deciso orgoglio meridionale.

I giornalisti lo ascoltano, scrutano il suo sguardo per cogliere subito, capire di che tempra è il prefetto molisano. Fanno il loro mestiere. Ma quando qualcuno prova a rimarcare quel suo approccio comunicativo così aperto e diverso dalla socratica riservatezza propria di Marilisa Magno, viene fuori l’arguzia sottile del personaggio “ognuno ha il suo stile, ma posso dire senza l’ombra del dubbio che Marilisa Magno ha svolto sempre i suoi compiti con le migliori competenze professionali ed il senso etico che tutti le riconoscono”, osserva incrociando l’approvazione di Rachele Grandolfo e Sebastiano Giangrande che silenziosi lo accompagnavano.

Toccherà dunque a quest’uomo parco ed elegante traghettare il Comune di Foggia verso la normalità, smarrita nei misfatti consumati da un governo civico così arruffone e spampanato da costringere il Viminale a decretarne lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, un pugno in faccia per la città che vide

sfregiati i suoi vessilli.

Una brutta pagina da superare senza dimenticare “perché questa è una terra molto bella che deve riportare in superficie la sua migliore storia” annota con voce austera per il taccuino dei cronisti.

E lo fa richiamando le due medaglie al valor civile e militare riconosciute alla Città “due sigilli importantissimi di cui i foggiani devono ad andar fieri”.

Un bel profilo nel suo palmarès culturale quale componente del Consiglio di Amministrazione del Festival dei 2 Mondi di Spoleto per la Sicurezza e di Presidente del Collegio di Garanzia nell’Università del Molise, dov’è nato e

dove spesso torna perché rimane forte in lui il richiamo dei monti della Meta e delle splendide vette delle Mainarde, punto d’incontro della linea di confine tra il Molise, l’Abruzzo e il Lazio, con i monti del Matese che scendono verso la piana del Tavoliere, feudo secolare di transumanti.

Nel suo cammino istituzionale, scandito da uno spirito di servizio silenzioso ma operoso, anche una pregevole attività di studio e di ricerca testimoniata da saggi, scritti e monografie di carattere professionale ancora di grande attualità, come quel suo studio sulla genesi e le prospettive evolutive della stazione unica appaltante, approfondimento acquisito dal Comitato Scientifico della Rassegna dell’’Avvocatura dello Stato, presieduto da Glauco Nori e nomi come Franco Coppi, Giuseppe Guarino, Natalino Irti e Gaetano Scoca.

Sfoggia con orgoglio la stella di Grande Ufficiale e Cavaliere di Gran Croce, massimo riconoscimento al Merito della Repubblica Italiana che il Presidente Sergio Mattarella gli conferì. Era il 2 giugno del 2018.

È certo che il suo sarà un lavoro tutt’altro che facile. Lo sa bene e lo dice con franchezza “perché il mio compito, con il sostegno dei colleghi, non è quello di un sindaco. Tocca alla politica riprendere il suo ruolo nel solco democratico e scrivere il futuro che Foggia merita”.

Sul finire parla della città di Foggia, irriconoscibile ai suoi occhi che pure ne conservavano un bel ricordo “ quando si veniva a fare compere laddove oggi è rimasto poco o nulla”. E quando si congeda non omette di mandare un post rassicurante per il tramite della stampa “faremo tutto quel che sarà possibile nel tempo che resta, con il sostegno del Prefetto Valiante, persona attenta e competente, molto scrupolosa”.

Parole semplici, misurate con saggezza e consegnate con passione e garbo ma anche con l’esperienza che insegna sempre, quella di un uomo che ha dedicato la sua vita alle Istituzioni, con il temperamento di un “ moderato…con il filo di ferro”.

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