La débâcle della doppia preferenza: “La vergogna della regione più arretrata d’Italia, che ammette la presenza delle donne con una percentuale del 10%”

by Michela Conoscitore

Una disfatta per la Regione Puglia, una sconfitta per il presidente Michele Emiliano e per tutto il centrosinistra pugliese: nella giornata del 28 luglio, durante l’ultima seduta del Consiglio regionale prima della tornata elettorale di settembre, all’ordine del giorno c’era l’approvazione della doppia preferenza di genere, modifica da inserire nella legge elettorale regionale. Cominciata con un ritardo di cinque ore, la riunione conclusiva di questa legislatura è terminata con un nulla di fatto imbarazzante.

Preceduta dalla sollecitazione da parte dello stesso governo Conte ad adeguarsi alla normativa nazionale in merito, il consiglio regionale si è perso in una bagarre inutile contraddistinta da ostruzionismo, scontri e tranelli tra partiti. A farne le spese, la società civile e i diritti delle donne. Tardiva l’affermazione di Emiliano, durante la seduta, rivolta ai banchi del centrodestra: “Voi siete contro le donne!”, quando era già chiaro l’esito del voto. Inutile la sua ammissione di colpa per un provvedimento che attendeva di essere approvato da ben cinque anni. Proprio dal principio della presidenza Emiliano.

Il comitato 2 voti meglio di 1, in queste settimane, ha provato ad incalzare l’opinione pubblica e a smuovere l’immobilismo etico in cui permane la classe politica (maschile) pugliese, gran parte presente e di fatto responsabile della decisione presa nell’aula consiliare di via Gentile a Bari.

La farsa, accuratamente preparata, dal primo momento, si è conclusa realizzando una perfetta saldatura tra maggioranza e opposizione, al grido: salviamo la poltrona. Si cerca copertura in un inutile scaricabarile, il più squallido tra i giochi della vecchia cattiva politica, quella che una più consistente presenza femminile contribuirebbe sicuramente a migliorare”, ha dichiarato a bonculture la professoressa Marida Dentamaro, portavoce del comitato 2 voti meglio di 1.

L’ex senatrice e avvocata, amaramente, ha aggiunto: “Ma i fatti non si possono cancellare: non l’inerzia di cinque anni rispetto a un provvedimento che faceva parte, come impegno preciso, del programma elettorale del presidente Emiliano, non la manfrina di questa notte con una gestione dell’aula che ha portato dritto a questo risultato, a cui hanno contribuito i comportamenti schizofrenici della maggioranza, l’ordine di esame degli emendamenti e la sospensione dei lavori. Ora il governo ha un’occasione storica per agire come baluardo di civiltà politica e giuridica, speriamo non se la lasci sfuggire. Comunque non si può nascondere la vergogna di una regione che ammette la presenza delle donne nella vita politica pugliese quantificabile con una percentuale che non supera il 10%, la più arretrata in Italia e forse nel mondo, perché questi sono i numeri sia del Consiglio che della Giunta regionali”.

Peggio di così non poteva andare”, è il commento della professoressa Francesca Romana Recchia Luciani, componente del comitato 2 voti meglio di 1 e firmataria dell’appello promosso dallo stesso nelle scorse settimane. La professoressa Recchia Luciani, ordinaria di Storia della Filosofia Contemporanea e di saperi di genere dell’Ateneo di Bari, ha proseguito: “Il centrosinistra ha perso un’occasione per assolvere ad un impegno preso ad inizio legislatura, Emiliano aveva promesso la concretizzazione di questa più che legittima richiesta che è stata riconosciuta non solo a livello centrale, ma anche dalle restanti regioni italiane. La Puglia si muoveva già con ritardo non del tutto giustificabile, perché i tempi ci sono stati, i cinque anni di quest’ultima legislatura, per adeguare la legge elettorale. È stato inoltre un insuccesso pre-elettorale davvero pesante perché le donne e gli uomini che si riconoscono in questa istanza sono tantissime e tantissimi, una débâcle che interessa una fetta decisiva dell’elettorato pugliese che arriverà alle urne a settembre con queste premesse”.

Quali saranno le prospettive che, a questo punto, influenzeranno le elezioni di settembre? “Adesso gli scenari che si aprono sono due”, dichiara Recchia Luciani, “il primo, la Puglia verrà commissariata dal governo, come il presidente del Consiglio Conte aveva già annunciato quando ha imposto alla Regione di adeguarsi, e come il comitato 2 voti meglio di 1 aveva chiesto al ministro per gli Affari Regionali, Boccia, e alla ministra per le Politiche agricole e forestali, Teresa Bellanova. Il secondo scenario, a mio avviso, è anche peggiore: il ricorso, più volte annunciato, che le associazioni di donne porteranno sicuramente fino in fondo, potrebbe andare ad invalidare le elezioni di settembre a causa di questo vulnus creato dal non adeguamento della legge elettorale regionale, costringendo i pugliesi a rimetterci economicamente con una seconda elezione, che segnerebbe pure, senza dubbio, la fine del centrosinistra. Quello che è sconcertante è la gestione politica di una materia che doveva essere già abbondantemente superata, ma soprattutto la riaffermata vittoria del patriarcato, sia a destra che a sinistra, infatti, ha vinto una logica di arroccamento maschile e di arretratezza culturale senza precedenti. Ha vinto anche un principio di esclusione di energie nuove che potrebbero infondere linfa vitale alla politica regionale, ma anche nazionale visto che dopo il lockdown si è parlato molto del coinvolgimento delle donne nella gestione della cosa pubblica. Il bilancio è drammaticamente negativo. Per noi lo scenario migliore è quello dell’intervento del governo, perché procedere col ricorso e a nuove elezioni sarebbe un danno enorme. E penso dovrebbe augurarselo anche il centrosinistra”.


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