“La Puglia in questi 15 anni è diventata una forza operante”. Titti de Simone e la rivoluzionaria Legge sulla Partecipazione, che rafforza il rapporto fra il decisore politico e le comunità locali

by Anna Maria Giannone

I 15 anni di centrosinistra in Puglia, dalla Primavera pugliese ad oggi, si sono caratterizzati anche per la crescente diffusione dei fenomeni di “cittadinanza attiva” animati da molti strumenti chiave della governance istituzionale. La prima giunta Vendola creò l’assessorato regionale per la cittadinanza attiva in Italia, chiamando Guglielmo Minervini, già sindaco di Molfetta, a ricoprire l’incarico.

Con Emiliano, il ruolo di coordinatrice delle esperienze e delle istanze dal territorio, prima con la Sagra del Programma e poi con la Legge sulla Partecipazione, è toccato a Titti Caterina de Simone, attivista di lungo corso, politica meridionale della sinistra radicale e stretta collaboratrice del governatore, candidato alla presidenza per le prossime regionali del 20 e 21 settembre per un secondo mandato.

Noi di bonculture l’abbiamo intervistata.

“Questa era una terra infelice con governanti afoni davanti ai fenomeni criminali”. Emiliano ha pronunciato queste parole ricordando l’inizio della sua stagione del centrosinistra da sindaco quando in Regione vinceva Nichi Vendola. De Simone, cosa va recuperato di quell’entusiasmo in questa difficile campagna elettorale?

La Puglia è stata feudo delle destre per tanto tempo. Bari in quegli anni era una città che aveva quartieri impenetrabili. Poi sono arrivati Vendola ed Emiliano, il primo vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, il secondo un ex magistrato antimafia. Il messaggio è stato pazzesco. Due fuori classe senza precedenti, e migliaia di persone hanno riabbracciato la politica ed una idea di cambiamento possibile. La Puglia in questi 15 anni è diventata un’altra cosa, è rinata e i pugliesi sono stati il motore di questo cambiamento, perché non sono affatto una comunità passiva, che delega ogni cosa, ma al contrario una forza operante che crede nelle proprie capacità e risorse e non vuole tornare indietro, a quando nessuno nel mondo sapeva dove fosse la Puglia, tutto si decideva a Roma, e i pugliesi erano rappresentati con il cappello in mano davanti al potente di turno. Io penso però che la crisi e la rabbia sociale attuale siano portatrici di una rottura di fase, dentro la quale può esercitare qualche suggestione rincorrere un sovranismo populista che individua un finto nemico da combattere. Ma la consapevolezza che hanno i pugliesi del cambiamento di cui sono stati protagonisti con tanto lavoro e credibilità è forte, e occorre renderli protagonisti di un programma che interpreti questa fase di profonde trasformazioni sociali. E’ una fase difficile quella a cui andiamo incontro, ma le energie, la fiducia e le competenze ci sono tutte. E poi, io penso che occorra fondamentalmente costruire una nuova classe dirigente di giovani uomini e donne che la guidi.

Emiliano insieme a lei e a tanti giovani professionisti animati da passione politica ha creato il sistema delle sagre, che ha davvero rivoluzionato la politica 5 anni fa. Perché ad un certo punto si sono interrotte? Cosa si è incrinato in quel format?

Non si sono interrotte. Le abbiamo istituzionalizzate approvando la legge regionale sulla partecipazione, nel luglio 2017, legge che è stata frutto di una larga partecipazione. In 3 anni abbiamo avviato processi partecipativi per il nuovo piano strategico 20/30, il bilancio sociale e di genere, la verifica sull’attuazione del programma che ha dato vita al portale Manoamano per monitorare il suo stato di avanzamento. E poi il Reddito di Dignità, il piano strategico per Taranto e quelli della cultura e del turismo, il nuovo piano per le politiche familiari, la legge sul lobbyng, un Forum sui cambiamenti climatici a cui hanno partecipato oltre 300 organizzazioni, insomma una rivoluzione. E poi abbiamo finanziato 50 processi partecipativi promossi dalle comunità locali, Comuni, associazioni, terzo settore, grazie al bando Pugliapartecipa che ha riscosso un enorme successo. E il programma dei prossimi anni lo scriveremo con lo stesso metodo della partecipazione.

Possiamo dire che i tavoli della partecipazione hanno funzionato solo per alcuni assessorati? Penso alla cultura, al turismo e all’ambiente in particolare? 

Le nuove prassi partecipative, applicate a macchine amministrative complesse come è una Regione, che è titolare di processi amministrativi e burocratici complicati, scontano sempre una fase di sperimentazione iniziale, ma nel complesso i risultati dei tanti percorsi partecipativi realizzati sono sotto gli occhi di tutti. Prenda il Reddito di Dignità, una misura del Welfare messa in campo da noi nel 2016 prima ancora che entrasse in vigore il reddito di cittadinanza. Un lavoro di partecipazione enorme, che ha coinvolto istituzioni locali, terzo settore, sindacati, organizzazioni datoriali. E per stare ai tempi recentissimi, la manovra economica post Covid della Regione, che ha riprogrammato 750 milioni di euro a favore delle persone e delle imprese, in un confronto continuo con il partenariato socioeconomico e il terzo settore che è un motore straordinario delle nostre comunità. Il nuovo Por, il programma operativo regionale relativo ai fondi europei, terrà conto del processo partecipativo realizzato per il documento di vision del piano strategico 20/30. Inoltre, in queste settimane abbiamo costituito numerosi tavoli di confronto sui temi della ripartenza economica. Per il futuro vorrei aprire un grande momento di partecipazione dei giovani pugliesi, sui temi della formazione, della conoscenza e del precariato.

Alcuni deficit amministrativi: il più grosso in agricoltura ma anche nel ciclo dei rifiuti, sono ascrivibili ad un inceppato meccanismo partecipativo? È colpa delle tecnostrutture di quegli assessorati se non c’è stato coinvolgimento?

Sicuramente abbiamo ereditato un PSR molto problematico e oltre a ricercare delle soluzioni tecniche e amministrative, sarebbe stato utile aprire agli Stati generali dell’Agricoltura, a una discussione molto aperta e franca sui problemi e sulle prospettive del comparto. Il Presidente ha caricato su di se il peso anche di questa responsabilità, non sua peraltro, con grande generosità ma con questa prospettiva. Gli Stati generali sono una proposta condivisa da molte organizzazioni, io penso necessaria. Anche perché il settore è una leva di sviluppo importante in chiave di sostenibilità ambientale e per le nuove generazioni, che peraltro vogliono restare in Puglia e sono portatrici di saperi importanti sul piano dell’innovazione. Sui rifiuti un percorso partecipativo è stato fatto e ha prodotto risultati perché in questi 5 anni la raccolta differenziata è schizzata oltre il 50% ben al di sopra della media del Centro-Sud e con numeri in costante ascesa. Dire che il traguardo è stato raggiunto è prematuro, bisogna accelerare sugli impianti che, in sinergia con i sindaci e grazie alla collaborazione tra Regione, Ager e associazioni ambientaliste, abbiamo voluto a gestione pubblica, per valorizzare al massimo, sia dal punto di vista ambientale che economico il grande impegno messo in campo dai pugliesi nella differenziazione dei rifiuti e per attuare a pieno i criteri dell’economia circolare, chiudendo in maniera virtuosa il ciclo dei rifiuti, affinché gli stessi non rappresentino più un problema, ma diventino una risorsa per la Puglia, in un contesto di moderna ed efficiente green economy. Insomma, non bisogna nascondere che alcuni processi sono da completare e che ci sono cose che vanno migliorate, implementate, attuate. Bisogna proseguire, non certo tornare al passato o cambiare i principi del nostro programma, ad esempio sui grandi temi della sostenibilità ambientale, a partire dalla decarbonizzazione.

Che valutazione dà della sua legge sulla partecipazione? Qual è la migliore idea dal basso che è arrivata grazie al suo strumento? 

E’ una legge rivoluzionaria che rafforza il rapporto fra il decisore politico e le comunità locali. Uno strumento ancora più utile e necessario in questo momento di crisi in cui serve tutto il capitale sociale possibile e le sue prassi innovative. I territori sono ricchi di questo patrimonio, di comunità operanti e solidali. Di idee ne sono arrivate tantissime e tutte importanti, come quella di aprire biblioteche di comunità, scuole ai quartieri, o partecipare alla costruzione della nuova urbanistica delle periferie. La cosa più importante della legge a mio avviso è che ha fatto passare un concetto fondamentale, ovvero che non ci può essere pianificazione strategica e programmazione senza partecipazione, che il Programma di Governo si scrive coinvolgendo le comunità con un metodo scientifico come abbiamo fatto noi, esperimento unico in Italia. Che quel programma va monitorato. Per noi è stato sacro. Su Ilva e Tap abbiamo sempre rispettato quello che stava scritto nel programma che abbiamo scritto insieme alle comunità, che non sono serventi, ma devono essere ascoltate. La più grande soddisfazione oggi è vedere i temi avanzati del nostro programma di governo scritto 5 anni fa, essere diventati i pilastri del nuovo ciclo di programmazione europea. Sostenibilità declinata in chiave ambientale, sociale ed economica. Il futuro è questo e siamo pronti.

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