La terra desolata 2- Le elezioni comunali di Foggia e altri disastri. Maria Aida, i seicento di Balaklava e il «campo meschino»

by Enrico Ciccarelli

Scusate il ritardo. La deplorevole condizione dei miei occhi mi ha tenuto lontano dalla tastiera più di quanto immaginassi. Devo dire, però, che rispetto all’osinata cecità e sordità mostrate dal ceto politico foggiano,  mi sento il capo indiano Occhio-di-Lince.

Innanzitutto mi corre l’obbligo di darvi conto di una precisazione: molto garbatamente, il candidato Nunzio Angiola mi ha fatto sapere che dal suo punto di vista la costituzione di parte civile del Comune di Foggia nei processi per mafia e per corruzione è un atto talmente doveroso da non avere bisogno di essere precisato. Ne sono lieto per lui, e mi piacerebbe se si esprimessero in tal senso tutti e cinque i candidti sindaco.

Nella seconda, e per vostra fortuna ultuma parte di questa articolessa che non brillerà per ottimismo, debbo però occuparmi di Maria Aida Episcopo e del cosiddetto «campo largo», che riunisce Cinquestelle, Partito Democratico, Socialisti, il fu Terzo Polo e gli emilianiani di Con. Stiamo parlando di una persona di grande preparazione, funzionaria integerrima in un incarico di grande responsabilità, non a digiuno di esperienza amministrativa: è stata assessore in una delle diverse Giunte Mongelli, senza peraltro lasciare grande traccia di sé, almeno per quel che ricordo io,

Una civil servant, direbbero gli Inglesi, che forse –con un percorso, una compagnia e un approccio diversi, avrebbe potuto rappresentare per Foggia una speranza di riscatto e di svolta, ma che molto difficilmente lo sarà. È chiaro che, nella lacrimevole condizione del centrodestra rimasto in mezzo al guado tra continuità e rinnovamento, le elezioni sono un rigore calciato mentre due giocatori tengono fermo il portiere, Ma il campo che la sostiene, che forse sarà largo, ma è sicuramente meschino, potrebbe finire per tirarlo in curva.

È vero, il sobbollire antico della rabbia della città finisce per imbrigliarsi nelle chiuse della clientela e del familismo amorale; ma questa volta la strafottente tirannide dei giochi di palazzo, il progressivo e inevitabile inaridirsi dei flussi di spesa pubblica, lo sprofondare di larghe zone di Foggia e di cospicue fasce della sua popolazione nella fossa fuia della disperazione potrebbe battere un colpo inaspettato.

Se ne è avuto un piccolo, ma significativo esempio con l’inattesa presa di posizione di Pino Marasco, fondatore del Pd e intrepido combattente dell’Ulivo, seguace di quella politica vecchio stampo che ti faceva ingoiare i bocconi più amari e i rospi più grossi senza che all’esterno trapelasse nulla, che ha deciso di annunciare pubblicamente il suo voto disgiunto in favore di Giuseppe Mainiero, in segno di protesta contro l’alleanza fra Pd e Cinquestelle

L’affetto profondo che provo per Marasco (è stato il direttore di giornale che cinquant’anni fa tondi tondi ha pubblicato il mio primo articolo) non mi farà commettere l’errore di attribuirgli una forza elettorale decisiva: è sempre stato un profeta disarmato; ma anche per questo le sue parole hanno un peso morale ancora maggiore (ed è parte della vergogna di questo momento il fatto che nessuno si sia preso la briga di rispondergli, sia pure per dargli torto).

Già, perché la direttrice cell’Ufficio Scolastico Provinciale risulta essere stata indicata come sindaco da Mario Furore, parlamentare europeo e proconsole di Giuseppe Conte  in Capitanata. Ma qualunque cittadino di età superiore agli otto anni, sa che il kingmakerdella candidatura è uno dei pochi dirigenti dem a conoscere l’abc della politica, cioè Giuseppe (Peppino) D’Urso. Si è in sostanza riprodotto lo schema delle primarie congressuali Pd, con il soccorso pentastellato  a Elly Schlein (a differenza dei vertici, D’Urso è schierato lì).

Raffaele Piemontese, Lia azzarone e il resto della nomenklatura  di via Taranto non sono stati capaci di opporre alla scorreria corsara pro-Episcopo una strategia degna di questo nome, forse (ma è un’illazione) anche per il timore che al vicepresidente della Regione fosse imposto di scendere in campo personalmente. Non si è avuto il coraggio di difendere l’ottima candidatura di Marcello Salvatori, né di chiedere un azzeramento per convergere su un terzo nome. Perché i numeri sono nulla, se mancano le idee.

Devo dire, da convinto sostenutore di Italia Viva, che il cosiddetto Terzo Polo si è distinto per ancora maggiore afasia e neghittosità. Nessuna apertura ad altre possibilità, a cominciare da quell’Angiola che aveva corso sotto le sue insegne alle politiche di un anno fa, nessuna proposta, nessuna idea. Una bancarotta certamente non fraudolenta, visti protagonisti, ma drammatica. Prima spettatori silenti del campo largo, poi zerbini di Azione: non il miglior viatico per le Europee.

Quanto agli emilianiani di Con, diciamo che il loro entusiasmo per Episcopo è grosso modo quello di Bonucci per Allegri (o viceversa). Coabitanti della coalizione, molto attenti a preparare e presentare il conto in caso di vittoria.Vogliamo parlare dell’usato sicuro che conttraddistingue la lista dem? Degli absolute beginners caratterizzano i Cinquestelle?

Naturalmente ci sono fra loro molte persone degne di stima e di ammirazione, tante anime salve che appartengono da sempre alla città migliore. Li voterei con vero piacere, ma temo che purtroppo faranno come al solito la parte dei Seicento di Balaklava, i cavalleggeri britannici che si immolarono durante la Guerra di Crimea in un’operazione eroica quanto militarmente inutile e folle. Senza nemmeno un Alfred Tennyson che celebri la loro impresa.

In concusione, Maria Aida Episcopo sarà il prossimo sindaco di Foggia? Forse. Vincendo, potrà governare? Secondo me no, proprio come non è mai riuscito a governare appieno un’altra bravissima e capace persona come Gianni Mongelli, e per le identiche ragioni. Perché chi nasce tondo non muore quadro. In questo caso l’unica buona notizia è che finalmente Foggia avrà una Sindaco donna. Non è poco. Non è abbastanza.  

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