«L’europeismo non è una moda, la pandemia ha cambiato la Storia». Il prof Conte è leader con la lectio magistralis all’Università di Firenze

by Michela Conoscitore

Mentre l’RT è arrivato ad una soglia critica, il governatore campano De Luca ha sentenziato la chiusura delle scuole in regione da lunedì primo marzo e Borrelli è stato sostituito da Curcio a capo della Protezione Civile, l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte torna all’università. Come tutti sanno, prima di ricoprire la carica di premier nel 2018, era docente di Diritto Privato all’Università degli Studi di Firenze. Un’esperienza, ha affermato al principio della lezione, che lo ha molto arricchito umanamente. Allo scadere dell’aspettativa, l’avvocato ha ripreso posto in cattedra e lo ha fatto con una lectio magistralis per gli studenti del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Ateneo fiorentino.

Se davvero ci sarà ‘solo’ l’insegnamento nel futuro di Conte, sarà da vedere. Molti quotidiani, in questi giorni, stanno preannunciando sue possibili cariche direttive nel Movimento 5 Stelle, interessato da un ammodernamento abbastanza sofferto visto che i duri e puri del partito hanno storto il naso alle ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Giuseppe Conte non ha, finora, escluso la propria totale uscita dalla politica tuttavia, se le anticipazioni incontreranno il favore della realtà, dopo la pandemia gli spetterà un compito abbastanza ingrato: dirimere lotte tra le fazioni pentastellate, in quel che è ormai diventato un carnaio.

Giuseppe Conte, introdotto dal rettore dell’università Luigi Dei, ha impartito agli studenti una lectio magistralis dal titolo Tutela della salute e salvaguardia dell’economia. Lezioni dalla pandemia: ricomincia da premier, in un certo senso, spiegando in un’Aula Magna deserta ma che in realtà era virtualmente stracolma e carica di attesa, i suoi ultimi mesi, difficili, al governo. “La pandemia è stata la sfidapiù severa e pervasiva che il nostro Paese si è trovato ad affrontare dal secondo Dopoguerra ad oggi”, ha iniziato col dire, Conte non ha ancora abbandonato il cipiglio da presidente del Consiglio, si mostra sicuro e a suo agio, e a chi lo ascolta sembra che il suo mandato non sia terminato. Draghi è una new entry, lui ispira ancora parecchia familiarità. Lo dimostrano anche i commenti di stima e affetto su Facebook, uno dei canali su cui è andato in streaming l’evento.

Tutti gli aspetti della vita pubblica e privata hanno subito e stanno subendo un profondo sconvolgimento. Ogni decisione assunta ha avuto una portata diretta, immediata sui cittadini e in grado di condizionare anche il futuro delle nostre comunità.” Conte ha puntualizzato che questo non è ancora tempo di bilanci esaustivi, che sarà possibile farli solo nella “dimensione ampia e dilatata della storia”.

Il professor Conte ha ricordato inizialmente la data del 31 gennaio 2020, alcuni giorni dopo il ricovero di due pazienti cinesi all’Ospedale Spallanzani di Roma, quando fu dichiarato lo stato di emergenza nazionale per sei mesi: cominciava così la pandemia da Covid-19 nel nostro Paese. Ci sarebbe stato il paziente Zero a Codogno, i contagi che lì si triplicarono e che proclamarono il piccolo centro prima zona rossa d’Italia, e poi il focolaio di Vò in Veneto. Da lì fino ai primi giorni di marzo è stato un incessante esacerbarsi della situazione nazionale, primo stato europeo a fronteggiare il patogeno a ‘mani nude’.

Il 22 febbraio si tenne una riunione straordinaria del Consiglio dei Ministri presso la Protezione Civile”, racconta Conte, “fu una riunione lunga e particolarmente sofferta durante la quale prendemmo le prime fondamentali decisioni. Dovevamo decidere se lasciar correre il virus o intervenire con misure restrittive per contenere la diffusione.” L’ex premier racconta che un filone di pensiero parteggiava per il mancato intervento contenitivo poiché allora si sottovalutava il virus, equiparato da molti ad una influenza. Scelte, quelle del governo Conte, inedite e che hanno sempre vagliato la compatibilità costituzionale: la descrizione di quegli attimi, quasi un retroscena proposto agli studenti, immerge completamente nella complessità di quella situazione mettendo in evidenza quante e quanto complicate fossero le dinamiche che hanno poi portato il governo alla decisione del lockdown nazionale. Non dimenticando che, in quel momento, si stava fronteggiando un nemico pressocché sconosciuto. Conte ha accennato che alcuni non sarebbero mai giunti alla decisione del lockdown, poiché il virus sembrava colpisse maggiormente gli anziani e persone affette da altre patologie. A questo proposito, l’ex presidente del Consiglio cita ancora una volta la Costituzione, nello specifico l’articolo 32, spiegando che la salute è un diritto fondamentale del cittadino, si deve fare di tutto per proteggerla e i governi non possono scendere a patti “con prassi di darwinismo sociale”.

Conte, poi, è passato a descrivere la preoccupazione per la tenuta dell’economia del Paese: ha definito “ingannevole il dilemma tra tutela della salute e tutela dell’economia”, affermando che lo svolgimento a pieno regime delle attività produttive non sarebbe stato compatibile con un mancato contenimento del contagio. “La svolta arriva il 14 maggio, con la sottoscrizione dei protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro che consentì il rientro in fabbrica e nelle aziende. La tutela prioritaria della salute ha consentito di difendere meglio anche il tessuto produttivo del Paese”.

Conte, inoltre, ha nuovamente difeso il metodo con cui il proprio governo ha affrontato la pandemia: lo ha definito un metodo consolidato e con basi scientifiche, quello che si appella al principio di precauzione, e che ha condotto il Paese all’attuale sistema di contenimento del contagio, quello a fasce. “Abbiamo sempre preferito un dialogo con le varie entità territoriali”, ha aggiunto, “perché la partecipazione degli attori istituzionali ci avrebbe garantito una maggiore coesione nazionale”.

L’emergenza pandemica non è riconducibile ad un evento che si esaurisce una volta e per tutte: è continua e imprevedibile nella sua evoluzione, non è paragonabile ad un terremoto o un alluvione” ha affermato, da qui l’inedita strategia normativa che si è basata su tre pilastri: le ordinanze del ministro della Salute, la dichiarazione dello stato di emergenza, e l’introduzione degli atti normativi primari, i decreti legge, e secondari, gli ormai celebri Dpcm. “Non sarebbe stato possibile affidare l’intera regolamentazione ai soli decreti legge, poiché l’imprevedibilità dell’evoluzione pandemica ci ha costretto ad intervenire”, ha illustrato Conte, “il ricorso ai Dpcm è stato ispirato quindi nel dotarsi di uno strumento particolarmente agile per intervenire sul contagio e per applicare le misure in modo uniforme”. Queste norme hanno permesso la tenuta dello stato democratico, “evitando che lo stato di emergenza si tramutasse in uno stato di necessità”.

Non ha tralasciato nemmeno il rapporto politica/scienza nel suo discorso agli studenti di Giurisprudenza l’ex premier, dicendo che “il dialogo del governo con il mondo scientifico è stato particolarmente fitto” per dare fondamento alle decisioni dell’esecutivo. Numerose le citazioni filosofiche durante la lectio magistralis, in merito al dubbio nella scienza e alla pluralità delle opinioni degli addetti ai lavori incanalate, in quei giorni, principalmente nel mezzo mediatico. Conte ha citato il filosofo Hegel che considerava lo scetticismo l’energia della mente, “il dubbio quindi non mina ma rafforza le pretese conoscitive della scienza. Ma non possono essere demandate ad essa le complesse sfide che invece chiamano è la politica a dover affrontare. Alla politica, e solo alla politica, spetta l’assunzione finale di responsabilità”.

In ultimo, il progetto Europa perché secondo Conte è arrivato il momento di riorganizzarne la struttura: “Negli ultimi tempi la governance europea si è fortemente ancorata alla dimensione economica e tesa a favorire privatizzazioni di servizi e beni essenziali. Anche la politica ha rinunciato alla sua funzione legittimante, apparendo agli occhi dei cittadini distante e oligarchica, incapace di comprendere i bisogni della comunità. La pandemia è intervenuta quando il popolo europeo stava fortemente rumoreggiando, quando stava manifestando una forte carica oppositiva verso le elites, lamentando le mancanze della politica asservita all’economia. La pandemia è intervenuta per cambiare il corso della storia”. Conte ha ricordato le misure di sostegno agli stati nazionali da parte dell’UE come Next Generation EU, di cui l’Italia è tra i maggiori beneficiari, per stimolare la ripresa e la resilienza degli stati membri.

L’europeismo non è una moda” ha affermato Conte, chiaro richiamo a Matteo Salvini, indicando come priorità la lotta ai nazionalismi e definendo la pandemia un’occasione per fondare una nuova Europa seguendo cinque direttrici: avvicinare gli organi di governo ai cittadini, migliorare le politiche del lavoro, rafforzare la governance economica, una migliore gestione europea dei flussi migratori e conseguente loro redistribuzione, rendere l’Europa più forte e competitiva nel mondo.

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