Mario Furore del M5S: «Coraggio e fiducia per difendere l’Europa»

by Micky De Finis

Mario Furore, eurodeputato del Movimento 5 Stelle, foggiano come il leader Giuseppe Conte, torna in campo per la seconda volta alle elezioni europee. Trentacinque anni una laurea in Luiss e un percorso nella legislatura appena conclusa che lo ha visto protagonista attivo di primo piano nelle dinamiche politiche europee, Furore è stato il parlamentare più giovane a Bruxelles. 

D – Che esperienza è stata Onorevole ?

R – Direi intensa in un momento parecchio complicato per l’Europa. Dobbiamo fare i conti con troppe fratture oggi esplose. Non dimentichiamo che l’Unione europea è stata l’esito di un processo di continue approssimazioni, tensioni che ci spingono ora a misurarci tra prospettive visionarie ed una faticosa gestione dell’ordinario, come ha scritto il presidente Giuseppe Conte in un’analisi molto lucida dell’esistente. 

D – il suo nome è stato indicato tra le 10 personalità di spicco nazionale  del Movimento per proseguire in questo impegno politico. La gratifica ?

R – Mi carica di responsabilità e rinnova in me sentimenti di stima profonda, di amicizia verso il presidente Conte che ci esorta a continuare uno sforzo comune alimentato dal desiderio di ripensare l’Europa nell’idea originaria concepita dai suoi padri fondatori. Siamo chiamati a recuperare quell’identità smarrita.

D – Come vede il nostro Paese nel contesto europeo ?

R – L’Italia riveste un ruolo fondamentale nella dimensione europea e il voto dell’8 e 9 giugno è un’occasione per rafforzare i principi democratici ridefinendo nuovi equilibri politici per rispondere con efficacia sui grandi temi : dalla salute alla giustizia sociale, dal cambiamento climatico all’ambiente, dalla sicurezza digitale alla trasformazione e al rafforzamento della democrazia, per non dire poi di problemi cruciali come la migrazione, la cultura, i giovani, tutte questioni sulle quali Giorgia Meloni è riuscita a compiere solo passi indietro. Un record negativo che gli italiani pagheranno a caro prezzo.

D – Perché ?

R – Semplicemente perché in quest’Italia governata dalla destra  sono state innestate scelte miopi che hanno aperto spazi verso tendenze centrifughe che hanno minato le radici della nostra tradizione europeista. Oggi assistiamo a spinte pericolose sul tema della tolleranza, autoritarismi figli di una visione che esclude, non unisce i popoli.  È in gioco il concetto di libertà che non può essere una variabile indipendente quando si tratta, questo il punto, di rimettere al centro del nostro impegno, la persona, la rivalutazione dell’individuo. Mi limito a porre una domanda molto semplice : quale Europa vogliamo per garantire ai cittadini non solo italiani un futuro all’altezza del lungo percorso di pace scritto dall’Unione ? Non vede che siamo circondati da guerre?

D – Avete sbagliato allora su Israele ?

R – Tutt’altro, la nostra è stata sempre ed è una posizione netta e chiara. Noi ci battiamo affinché l’Unione insista perché Israele difenda il suo popolo ma questo non può avvenire calpestando il diritto internazionale perché solo in questa maniera si possono aprire corridoi umanitari scongiurando la catastrofe che ogni giorno si abbatte sulla popolazione civile palestinese. 

D – Forse è mancata una visione unitaria anche nel centro sinistra o campo largo su questo tema, non le pare ?

R – In parte è vero, ma noi restiamo nel perimetro che divide chi promuove la pace e chi si limita a gestire l’esistente senza incidere sul versante di una svolta che è necessaria. L’assistenza militare non può anteporsi ad una seria strategia  negoziale di pacificazione che resta prioritaria, una strada inesplorata dal Governo, siamo seri! É semplice, ma non può capirlo chi lavora per dividere il Paese. 

D- In che senso ?

R – Penso alla direzione imboccata con l’Autonomia Differenziata, un progetto che spaccherà il Paese. Il presidente Conte lo ha detto chiaramente con una battuta fulminante su Giorgia Meloni che sino a ieri ostentava un patriottismo salvo rivelarsi secessionista. Ma se lo ricorda lei  “prima gli italiani” ?

D – Ma sul tema del lavoro c’è stato un cambio di passo.

R – Non vedo dove e come. Siamo inondati da mezze misure che allargano le sacche del precariato. Sul salario minimo ? Mi pare proprio di no e questo i lavoratori, i sindacati e i nostri giovani lo sanno bene. Come scriveva Marco Biagi la vera riforma deve essere non normativa ma culturale ed è questa una capacità che il Governo non ha nelle corde. Il bonus Befana è un insulto, una marchetta elettorale. Per questo firmeremo il referendum contro il Jobs Act come Conte ha preannunciato andando a Portella della Ginestra. 

D – Meno di un mese e si vota. Che campagna elettorale si aspetta ? È ottimista ?

R – Sarà un scontro duro, uno spartiacque tra chi si batte per un’Europa unita che garantisca i suoi cittadini, distante dalle oligarchie di nuovo conio che sono sotto gli occhi di tutti e chi si riconosce nelle forze conservatrici e nazionaliste, tra vecchie e nuove destre come quella al Governo del paese, una compagine arruffona e spampanata. Per me il pericolo maggiore è il rischio di un ritorno al passato. Per questo serve coraggio e fiducia per ricostruire un’idea d’Europa senza chiudersi nell’asfittico interesse nazionale che riflette una cultura politica dal respiro corto. Se sono ottimista ? Certo che lo sono. Il Movimento 5 Stelle è una speranza per l’Italia e per l’Europa di domani. 

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