Nessun senso di colpa tra i renziani pugliesi. Dino Marino: “Raggiungeremo l’8% checché ne dica il Pd”

by Antonella Soccio

Che sia una mera ‘estensione concettuale’, ossia la distorsione di un concetto, quella presentata dal Sottosegretario Ivan Scalfarotto, prossimo candidato alla presidenza della Regione Puglia per Italia Viva, Azione e Più Europa, nell’accumunare le esperienze di Michele Emiliano, del M5S e del centrodestra nell’unica accezione di Populismo?

Nell’elettorato di centrosinistra, la frattura renziana sta creando molti strascichi, tanti malumori. Di certo la divisione inquina il clima, disorienta amici ed ex compagni, perché Scalfarotto, come sempre accade in questi casi, farà campagna elettorale contro chi gli è più vicino, attaccando l’amministrazione uscente. Tra i renziani pugliesi però non c’è alcun senso di colpa.

Ne è convinto un pezzo da novanta della politica regionale, presidente della Commissione Sanità nel decennio di Nichi Vendola, un ex comunista, ex Pds, Ds e Pd, fino all’approdo renziano Dino Marino.

“C’era un modo per non dividersi, se il Pd avesse capito che Emiliano non rappresentava tutto il centrosinistra, ci sarebbe stato un accordo, ma non lo si è voluto cercare. La Puglia non è l’Emilia Romagna di Bonaccini o la Campania di De Luca”, dice in esordio a bonculture.

Eppure sembra che la scelta di Renzi e Calenda sia dettata più da dinamiche di odio personale nei confronti di Michele Emiliano che da un progetto politico, non è così?

“La politica non si fa col risentimento, ma con atti concreti, per la prima volta nasce un polo liberal riformista: Renzi Calenda e Bonino si sono messi insieme contro Emiliano, perché il suo agire politico non è consono al centrosinistra, pensiamo solo al presidente dell’Aqp che ha sostenuto il sindaco di Nardò andando ad una convention di neofascisti. E ci vogliono fare anche la lezione? Senza parlare degli errori sulla Xylella, del fallimento del Psr, dell’Ilva, dei No vax sempre carezzati da Emiliano. Noi abbiamo detto queste cose al Pd sin dalle Primarie, quando scelsero di disputare una competizione tutta interna: trovate un qualsiasi altro candidato e noi staremo dentro al centrosinistra”.

Voi avreste potuto partecipare alle Primarie proprio con Ivan Scalfarotto, perché non l’avete fatto?

“Ma è normale partecipare alle Primarie di tre candidati del Pd? La questione l’abbiamo posta prima delle Primarie, erano delle Primarie false, non c’era partita tra Emiliano, Elena Gentile e Fabiano Amati. Io vorrei che fosse chiara una cosa, il problema non è la politica o quello che si fa il giorno dopo, qui per la prima volta in Italia si riesce a fare una coalizione di centro, con un accordo tra Renzi, Calenda e Bonino, si apre una possibilità ad una federazione liberal democratica. So benissimo che perderemo e che non potremo vincere la Puglia, ma credo tranquillamente che arriveremo a prendere l’8%, non siamo irrilevanti come vogliono far credere. Altrimenti perché si agiterebbero tanto?”

Il capogruppo regionale del Pd Paolo Campo ha accusato il vostro candidato di non essersi mai speso per la Puglia, nonostante abbia beneficiato del listino bloccato nel 2013.

“Anche qui sfatiamo questa cosa, Scalfarotto ha fatto il viceministro e il sottosegretario agli Esteri, per sapere cosa ha prodotto negli anni di Governo dovremmo parlare con quelli che si occupano di made in Italy, quanto è valso il suo lavoro agli imprenditori che esportano in Cina? Scalfarotto, dicono, non ha fatto niente. E gli altri per la Capitanata e per la Puglia che hanno fatto? Perché si usa questo metro per Scalfarotto e non per altri che da anni siedono in Parlamento? Se andassimo a intervistare gli esportatori ci direbbero che il lavoro di Scalfarotto è stato ottimo, ma sul piano provinciale qual è la differenza tra lui e gli altri del listino? Cosa hanno fatto di più? Adesso forse incide di più il parlamentare Antonio Tasso di loro”.

C’è il tema però del vostro candidato, con Teresa Bellanova avreste avuto un maggiore appeal.

“Questo è vero, Bellanova era il non plus ultra, ma lei è la nostra capo delegazione nel Governo e credo che per i pugliesi sia meglio che faccia il Ministro per l’Agricoltura, sicuramente avrebbe aggregato più consensi”.

Tanti dicono questa divisione renziana sottrae voti solo nel campo del centrosinistra e non sposta quasi per niente il baricentro di Raffaele Fitto, del resto gli elettori scelgono i cavalli vincenti, lì si polarizzano e nessuno mai nel centrodestra col vento in poppa voterebbe per Italia Viva oggi. O no?

“Io non credo, io penso che toglieremo voti anche al centrodestra, magari col voto disgiunto. C’è molto elettorato di centro che in passato ha sostenuto Fitto che non lo voterà, perché ormai figlio del nuovo sovranismo di Giorgia Meloni. Tanti che non sono né carne né pesce coglieranno la nostra opportunità.

C’è un pezzo di cattolicesimo moroteo e un pezzo di socialismo che non trova posto con Emiliano e neanche con Fitto Sull’8% sto abbastanza tranquillo, stiamo lavorando all’idea di due liste più una civica. L’obiettivo minimo è l’8%, checché ne dicano quelli del Pd”.

Da vecchio comunista e storico dirigente non ti senti un po’ in colpa per questa scissione?

“La scissione l’abbiamo già fatta prima, non credo in nessun senso di colpa , nel Pd ci sono tanti riformisti che non sono passati con noi, ma l’idea del Pd che incarna Emiliano non è riformismo”.

Che Pd incarna Emiliano?

“Gli manca l’efficienza nel riformismo che c’è in De Luca, non ci sono paragoni tra De Luca ed Emiliano, il primo ha un centro largo, quello di Emiliano è un trasversalismo che accorpa tutti, anche chi è fascista nel sangue”.

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