Questione morale e argine democratico

by Micky De Finis

Siamo approdati nel pieno di una nuova questione morale? E se davvero è così, come solo un orbo azzarderebbe negare, la nostra democrazia sarà pronta a  combattere quel virus capace di aggredirla per tornare ad inquinare i pozzi della politica ?

Ne parlo guardando non solo a quel va accadendo a Bari e dintorni ma anche in Sicilia, ad Avellino, nella regale Torino e mettiamoci un punto perché ormai le storie di malaffare sono tornate di attualità come non mai.

Forse aveva ragione Bettino Craxi, certo non uno stinco di santo, quando disse “ guardate che se non troviamo una soluzione politica, prevarranno l’avventurismo e la degenerazione”. Oggi anche Violante, già presidente della Commissione parlamentare antimafia, quando osserva che “ tra il 1992 e il 1994 si è confuso tutto da parte di tutti”, ma lo dice trent’anni dopo! 

Lo sanno bene democristiani e socialisti del tempo andato, gli unici che hanno pagato un prezzo che va ben oltre le proprie colpe in quel cataclisma che un pool di magistrati al seguito di Antonio Di Pietro provocò nel Paese per pulire la melma nascosta nella stiva dei partiti, ma spezzando le gambe alla politica che andò in tilt con il nostro sistema democratico ridotto a brandelli. 

Quella della moralità nella vita pubblica è storia vecchia.

“ Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”,  esortava Aldo Moro, statista e promotore di democrazia.

Non da meno Enrico Berlinguer “la questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa della fiducia nelle istituzioni, l’effettiva governabilità del Paese e la tenuta del regime democratico”.

Trovo l’attualità di questi due moniti disarmante perché in maniera sempre più progressiva registriamo un nuovo crollo della moralità pubblica ed una crescita della corsa verso i profitti personali, spesso avvinghiata nelle maglie strette della brutta politica non lontana anche da sacche malavitose. 

Ne è la riprova il calo inarrestabile della partecipazione al voto degli elettori: in Sardegna come in Abruzzo, per non dire dell’ultimo test in Basilicata dove l’affluenza alle urne è andata al di sotto del 50% degli aventi diritto.

In sostanza la gente non sente più il bisogno e il dovere di andare a votare, dato allarmante per la nostra democrazia.

Siamo dunque come in un guado, vicini a toccare il fondo, anche perché è venuta a mancare la funzione formativa dei partiti mentre i media si fermano sul quotidiano, limitandosi a dare notizie senza interpretarle, preoccupati più ad intrattenere che ad educare alla democrazia.

Di qui i segnali inquietanti come il caso Scurati, o quell’obbrobrio sull’autonomia differenziata che spaccherà il Paese promuovendo non una classe dirigente ma un ceto dominante con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri in un’Italia a due velocità.

Anche Foggia e la Capitanata sembrano riflettersi in questo quadro a fosche tinte, perché nonostante gli appelli del Procuratore Capo Ludovico Vaccaro, magistrato coraggioso ed integerrimo, la via della legalità ha ancora un lungo tratto di strada da percorrere soprattutto sui versanti della vita pubblica e negli anfratti grigi della politica.

Ludovico Vaccaro

Certo incoraggia il richiamo del nuovo Pastore della Chiesa di Foggia e Bovino, Monsignor Giorgio Ferretti, che ha subito colto il desiderio di speranza che agita le coscienze :  “dobbiamo insieme lavorare e lottare; stringiamoci insieme per cambiare; uniamoci per contrastare chi vuole sporcare questa casa; coltiviamo questo tempo nuovo”; come le parole di Damiano Gelsomino che sollecitano il mondo dell’impresa ad abbandonare le visioni miopi delle rendite parassitarie e di posizione  “ perché la vera sfida, quella più grande si compie sul piano della morale”.

Ma anche le comunità devono alzare la guardia, agendo e non subendo perché la posta in gioco è altissima.

Mi piace concludere con un pensiero di Corrado Alvaro, grande intellettuale del nostro ‘900 , giornalista acuto e convinto meridionalista, interprete fedele  del neorealismo letterario, premio Strega 1951 : “ La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”

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