Un cartello per fare la differenza. Consiglio non richiesto alla Sindaca di Foggia

by Enrico Ciccarelli

Quando ero giovane, dalle parti del Tardo Pleistocene, adoravo il retroscenismo politico. Divoravo i dettagliatissimi articoli di Guido Quaranta su Panorama e, nel mio piccolo, cercavo di farne a proposito della realtà locale. Era la realtà della Prima Repubblica, nella quale bisognava stare attenti a cogliere il particolare, la sfumatura, l’incongruenza. La sibillina esternazione del capocorrente preludeva a sommovimenti interni alla Democrazia Cristiana, l’assenza dal tavolo della presidenza segnalava la feroce lotta interna sotto la granitica apparenza del Partito Comunista e così via.

L’ultima scintillante stagione del retroscenismo mi pare si possa far risalire all’epopea di Antonio Pellegrino e Paolo Agostinacchio, uomini di forte carattere e di scarsissima diplomazia, che erano una fonte preziosa per noialtri notisti. Nell’attuale Terzo Millennio è un lavoro obiettivamente più ingrato, non solo per l’evidente scadimento qualitativo delle rappresentanze, ma anche perché sembra sparita la scena di cui indagare il retro. La fase, come sempre laboriosa, della costituzione della Giunta della neoeletta sindaca di Foggia Maria Aida Episcopo, ci sta regalando gossip gustosi e più o meno attendibili, esilaranti body shaming tricologici, malcelate misoginie che rischiano a volte di sconfinare nel bigottismo, ma che sembrano mancare di un qualsiasi punto di consistenza.

Non c’era bisogno della zingara, sinceramente, per capire che il «campo largo progressista» in salsa foggiana era un’armata Brancaleone indecisa a tutto e unita solo dall’aspettativa della gestione. Né per intuire che il titolo di segretario provinciale del Movimento Cinque Stelle assegnato al simpatico e intelligente Mario Furore ha la stessa valenza pratica di quello di erede al trono di Bisanzio di cui si gloriava Totò. Non per demerito di Furore, ma perché non si può essere segretario di un confuso amalgama di buone intenzioni, ambizioni e velleità che vive alla giornata e all’occasione.

D’altronde questo è ancora più vero nelle paludi centriste, con scenari e classi dirigenti ribaltabili e ribaltate à la carte, e a maggior ragione nella galassia pulviscolare della sinistra atomistica. Per paradossale che possa sembrare, a parte il Pd e le sue due anime piemontesiana e dursiana (filo-Bonaccini e filo-Schlein, filo-De Caro e filo-Boccia, se preferite) sono i civici di Con, non per caso gli ultimi a convincersi a salire sul carro di Episcopo. Nulla di nuovo o di inatteso, salvo che per un dettaglio: la sindaca c’è, e chi pensava avrebbe avuto un ruolo meramente decorativo dovrà ricredersi. Non è detto che questo sia necessariamente un bene per la città, ma da cittadino ne sono felice, perché comunque vada l’Amministrazione non avrà alibi.

Non avendo mai nascosto riserve e critiche ai vincitori e alla vincitrice delle elezioni di ottobre, penso di non destare equivoci dicendo che Maria Aida mi sta simpatica: certo, anche perché è una donna, ed era tempo, 215 anni dopo Giuseppe De Luca (il primo sindaco della città secondo gli almanacchi), che anche da noi si infrangesse il soffitto di cristallo che impedisce alle donne di indossare la fascia tricolore. Ma mi fa piacere anche avere come sindaca una che va a teatro, che avverte un dovere di testimonianza in ambiti di impegno civile, che dice cose non banali, nei limiti del possibile quando porta il saluto della città. Per cui, con buona pace dei boatos bizantini su sue improbabili decadenze, mi auguro possa far bene e lasciare un segno.

Sarebbe bello se si comprendesse che la svolta di cui ha bisogno la città passa per piccoli, minimi progressi di civiltà. E mi piacerebbe che, anche grazie alla presenza in questa nuova Amministrazione di bravi colleghi come Fabio Prencipe, Claudio Botta e Luca D’Andrea (il primo incardinato istituzionalmente, gli altri due figure fiduciarie), si facesse maggiore attenzione che in passato alla comunicazione con i cittadini.

Comunicazione, non propaganda; e farei al proposito un esempio specifico: credo che il simbolo più evidente dell’abbrutimento materiale e morale di Foggia sia la pubblica illuminazione. Un tempo era persino sovrabbondante (anche perché la luce dei lampioni era utile a occultare le brutte facciate di troppi edifici), è oggi ridotta a livelli da Oltrecortina, con luci fioche o assenti che moltiplicano le insidie e i trabocchetti di strade e marciapiedi dissestati. L’eredità di una lunga stagione di incuria e –se le sentenze confermeranno le inchieste- di robusti appetiti sulla ricca torta dell’appalto relativo.

Oggi, a quanto ho ascoltato dalla viva voce della sindaca, il Comune ha stretto un accordo con la Edison che prevede la rimozione dei pali ammalorati (e ce ne sono davvero tanti, un pericolo pubblico) e la sistemazione di nuovi impianti. Si tratta di un intervento approfondito e strutturale, che naturalmente non verrà completato in un giorno o in una settimana. Ecco, il modesto suggerimento che rivolgo è che la roadmap di questo intervento sia resa pubblica e visibile a tutti i cittadini. Mi piacerebbe cioè che rione per rione o addirittura strada per strada il Comune si preoccupi di dire ai residenti quando si prevede di intervenire proprio lì, in che data è previsto che comincino i lavori e in quale che terminino.

Non credo che la spesa necessaria a preparare e affiggere questi tabelloni sia tale da mandare in crisi le casse comunali; ma è un modo per far sì che un lavoro pubblico diventi un impegno pubblico, che l’Amministrazione non si limiti a «elargire» un servizio ai cittadini, ma che li renda consapevoli del chi, del come e del quando interverrà. Una piccola cosa, un minimo antidoto alla condizione di sudditanza, di parco buoi, di anarchica e irresponsabile plebe in cui molti vorrebbero fossero tenuti i cittadini, nella quale sono stati tenuti troppo a lungo. Talora con paternalismo, talaltra con arroganza, a volte per cortina fumogena alla corruzione e alle infiltrazioni delinquenziali.

Magari è un’idea balzana, cara sindaca; ed è sicuramente meno appassionante del gossip, delle trigonometrie partitiche e correntizie, dell’insopportabile chiacchiericcio su parentele e cordate; ma potrebbe dire, a quelle anime salve sempre più rare e preziose che hanno visto in lei un’occasione di riscatto e rinascita che il vento è cambiato. Ci pensi. Buon lavoro.

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