Un voto di maniera o un voto di Mainiero? Il rebus delle comunali è tutto qui

by Enrico Ciccarelli

Partiti. Con la formale consegna delle liste le elezioni comunali di Foggia 2023 sono entrate nel vivo. Come sempre una pletora di candidati, di contrassegni, di rassemblement le cui assemblee plenarie si svolgerebbero tranquillamente in una cabina telefonica o un box, vari velleitarismi e nostalgie. Per la serie «sic transit gloria mundi», si annoti che il gonfalone leghista, metaforicamente innalzato sulla torre del Municipio da Franco Landella nell’errore più marchiano della sua vita politica circa tre anni fa, è stato ammainato senza lasciare tracce. Sia la Lega di Salvini premier che i Moderati di Maurizio Lupi scompaiono come simbolo e brand, sdilinquiti in un civismo dell’ultim’ora.

La stessa cosa nel cosiddetto «campo largo progressista», che appare sempre più slabbrato pantano di arrivismi in formato beginner o usato sicuro. In questo caso il brand sacrificato è quello delle diverse forze riformiste (presente con il suo simbolo solo Azione, ridotta a nota a pié di pagina Italia Viva, non pervenuta +Europa). Va annotato, peraltro, che è proprio un’esponente di Italia Viva, la gagliarda Teresa Bellanova, a scendere in campo da ex-ministra, a sostegno di Maria Aida Episcopo e del coordinatore regionale di IV Lorenzo Frattarolo

Dieci liste a sostegno della competente e preparata dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, che sta inanellando una serie di imbarazzanti gaffe ma è molto meglio di come appare nelle interviste (che le suggeriamo di centellinare). Una pletora che parla di una vittoria annunciata, forse già al primo turno, e anche di una eterogeneità priva di qualsiasi afflato progettuale: vecchi marpioni e apparatnicki  di partito insieme a esponenti di dinasty caserecce, con il consueto condimento di anime belle, professioniste e professionisti stimabili, scorie e scaglie di cittadinanza attiva. Una coalizione ampia o solo gonfia? Lo sfacelo del centrodestra suggerisce che la caratteristica più saliente sia la seconda; che come sempre la sinistra alle vongole della città si preoccupi di vincere, non di governare. Come con il malcapitato Gianni Mongelli, di cui, forse non casualmente, Episcopo è stata assessora.

D’altronde a rendere assai probabile la vittoria di Episcopo c’è soprattutto lo stato confusionale e comatoso del centrodestra, rimasto in mezzo al guado fra continuità e rinnovamento, con una linea a metà fra «Ricorda con rabbia» di John Osborne e «Non c’ero e se c’ero dormivo» (citazione da molte fonti; io la ricordo ne «I Simpson»). E non migliora la situazione l’infausta vocazione del candidato sindaco Raffaele Di Mauro (in tutto e per tutto brava persona, intendiamoci) a vantare le dubbie onorificenze della Commissione Antimafia sulle liste e ad accreditarsi come campione e vindice della legalità (un po’ come se io mi candidassi a Mister Universo).

Del mezzo secolo di elezioni comunali che ho in qualche modo raccontato (dall’evo di Pellegrino Graziani alla Dc onnipotente, dalla dissoluzione del pentapartito ai trionfi di Agostinacchio fino alla deriva del terzo millennio) non ricordo una simile situazione desolante, una partita così scadente da far venire voglia di dare partita persa a tutte e due le squadre. A meno che…

A meno che il trio degli indipendenti non riservi qualche sorpresa. Di Sabato è vivace e pimpante, Nunzio Angiola continua con encomiabile linearità il suo percorso fra social, affissioni e incontri pubblici. Probabilmente entrambi avranno un risultato più lusinghiero delle attese. Ma la vera sorpresa potrebbe essere Giuseppe Mainiero, che con l’esuberante Antonio Tutolo sta facendo una campagna elettorale «all’uso antico» di micidiale efficacia. La sua inattesa presenza in molti ambienti è così sorprendente da far pensare all’orientamento di voto grillino nel 2018, che le previsioni di molti (me compreso) non tennero in adeguata considerazione.

È un animus in grado di cambiare le carte in tavola? Pensiamo sia un timore che serpeggia in molti addetti ai lavori. Non so spiegarmi altrimenti il grottesco tentativo di mascariare (come dicono in Sicilia) l’ex-consigliere comunale nel più improbabile dei modi, cercando di attribuirgli inesistenti contiguità mafiose, scomodando addirittura le audizioni della Commissione Parlamentare Antimafia (un tempo –scusate le nostalgie personali- luogo di ben altra dignità). Quanto poi al pedestre tentativo di accostarlo a Landella (che Mainiero ha combattuto come un vietcong per anni, quando Frengo era il padrone di Foggia), è un caso di scuola di bove che eccepisce sulla moralità della moglie dell’asino.

In ogni caso appare evidente un tacito gentlemen’s agreement tra Episcopo e Di Mauro per non farsi reciprocamente del male e concentrare il fuoco polemico sul candidato indipendente, che purtroppo per loro –checché si voglia pensare delle sue idee e proposte- è uno tignoso, che studia e si documenta, difficile da cogliere in castagna. Anche questo, peraltro rafforza l’impressione che Giuseppe il kamikaze possa sparigliare, convogliando il voto (anche disgiunto) dell’anima più nettamente securitaria della destra, di molti elettori di Con (è noto che i civici di Emiliano hanno sfogliato fino all’ultimo la margherita fra Episcopo e lui) e anche di settori dem e pentastellati.

Sarà birra o schiuma? La sorpresa con il botto (perché se l’ex-meloniano arriva al ballottaggio la sua vittoria è decisamente probabile) o l’ennesimo caso di «piazze piene e urne vuote»? Non sappiamo, e sappiamo invece che solo chi non fa previsioni non le sbaglia. Comunque fra meno di un mese sapremo se è stato un «voto di maniera o un voto di Mainiero». Wait and see.

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