Un voto nel vuoto

by Micky De Finis

È stata la peggiore campagna elettorale che ho vissuto da quando guardo e scrivo di politica. Una pena senza fine.

E già, perché Il confronto tra le parti in causa è rimasto offuscato dalle piazze impazzite nella più totale confusione parolaia. E gli effetti mediatici non hanno certo giovato, perché tutto si è trasformato in maniera ridicola e grottesca come se le politiche fossero un gioco a chi la spara più grossa.

L’idea che lascia il centrodestra è imbarazzante con Salvini, Meloni e Berlusconi impegnati a riflettersi in uno “ specchio delle mie brame”, alla ricerca affannosa di un leader credibile per un Paese stordito.

Nell’accampamento avverso il clima è cupo perché la partita è difficile, tutta in salita. E Letta lo ha capito. 

Ma anche nel mezzo non aiuta la voglia erosiva di Carlo Calenda e Matteo Renzi contro la destra e la sinistra nel progetto di rimettere in piedi un polo di centro.

Poi c’è lui, Giuseppe Conte, che arringa masse di improbabili adepti con tre parole chiave: dalla parte giusta !

Forse lo pensa davvero, ma dice poco o nulla di nuovo di quel che già si sa di un movimento che ha messo in opera con cinismo la vecchia logica di essere forza di governo e di opposizione.

Programmi fotocopia che dicono tutto e il contrario di tutto, con promesse da 

brivido, come le dentiere da regalare agli anziani o il miraggio di una California del Sud immaginata in una Terra, la Capitanata, dove uscire di casa è  come raccomandarsi al Signore, perché si vive di paura.

Come decidere, cosa decidere allora ?

È un interrogativo angosciante che richiama la nostra coscienza ad una presa

di distanza da un sistema elettorale che opprime la democrazia del Paese in cui viviamo.

Una democrazia malata, dove la politica si è smarrita tra le beghe di partiti di carta, nati in un carnevale perenne, con molti avventurieri protagonisti.

Eppure bisogna resistere, non ci sono altre vie. 

Dunque serve andare a votare perché è necessario esercitare questo diritto che è anche un dovere come ci ricorda la Costituzione. 

Una scelta che comporta, dal mio punto di vista, un serio esame sulle persone che manderemo in Parlamento.

Perché le idee si sono disciolte in una nebbia pomposamente pompata da una schiera di imbonitori di tutte le paste, che sembra voler far prevalere chi urla e parla alla pancia di folle in preda ad un delirio sconfinato.

Scegliere le persone dunque, quelle giuste, almeno per cercare di sanare in parte le ferite democratiche che questo maledetto sistema ci ha regalato.

Penso quindi che sia giunto il momento di compiere un tentativo disperato, una seconda “operazione Lazzaro”per evitare che arrivino in Parlamento personaggi che non potrebbero far nulla per la Capitanata, come il passato purtroppo insegna.

L’ultima volta la Capitanata ha eletto un folta pattuglia di deputati e senatori, non ricordo neanche quanti, tutti, tranne uno, del Movimento 5 Stelle. 

Cosa ne ha guadagnato questa terra dolente rimane un mistero della Fede!

Di qui la necessità di scegliere donne e uomini che hanno dato prova di credere in un progetto, sacrificarsi per la propria terra, inseguire un’idea di sviluppo, persone che alla prova dei fatti hanno saputo fare,  dire e dare qualcosa alla comunità.

Com’è accaduto per l’aeroporto Gino Lisa, oggi fruibile perché qualcuno ci ha creduto. E bisogna dare atto a Raffaele Piemontese per il suo impegno perché 

la politica dei fatti non ha bisogno di altre parole, è una questione di metodo!

Altrimenti le cose andranno ancora male, sempre peggio come ammoniva il grande Aldo Moro nel suo triste presagio.

“ Questo Paese non si salverà , la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”.

Lui pagò con la vita la sua strenua difesa dei principi democratici.

Eppure quelle parole cadono ancora oggi come pietre nella triste condizione politica in cui versa il Paese, conservano la potenza per indicare una via chiara per contrastare il perbenismo, le letture piccolo-borghesi che imprigionano il contesto nella corsa a rotta di collo verso il Palazzo ed evitare pericolose derive democratiche di cui si avverte già l’acre odore. 

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