Ansia relazionale ed incertezza, le reazioni alla pandemia secondo la psicologa Barbara D’Errico del Centro Milagro di Pescara

by Michela Conoscitore

Il grido d’allarme è stato lanciato da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: si teme che la pandemia e il correlato lockdown provocheranno un aumento di disagi psichici e un ulteriore peggioramento di chi era già in cura, prima della pandemia.

Possiamo definirlo un vero e proprio trauma su scala mondiale, causato da un cambiamento radicale, avvenuto come ben sappiamo in poco tempo, che ci ha sottratto alla nostra quotidianità costituita da abitudini rassicuranti e socialità. Non solo malesseri piscologici, è stato attestato l’aumento nell’utilizzo di sostanze stupefacenti, alcol e l’insorgenza di altre tipologie di dipendenze.

bonculture ha intervistato la psicologa Barbara D’Errico, collaboratrice dell’associazione di promozione sociale “Centro Milagro” di Pescara, esperta in dipendenze e supporto famigliare:

Dottoressa D’Errico possiamo affermare che la pandemia è da ritenersi un giro di boa, per tutta la comunità globale: dal punto di vista psicologico, cosa è venuto meno?

L’elemento dominante di questo momento storico è sicuramente l’incertezza. Non eravamo pronti a subire un isolamento totale di questo tipo. Aristotele definisce l’uomo come un animale sociale, ha necessità di relazionarsi e la relazione con l’altro rappresenta il fondamento della persona stessa. Per fasce più vulnerabili, come gli adolescenti o persone affette da disturbi psichiatrici, questa necessità è imprescindibile.

Ripensando alla nostra ‘vecchia vita’, abbiamo dato per scontato come vivevamo? Il nostro errore è stato quello?

Sicuramente. Se lei ci pensa, le generazioni degli under 30 – 35 non erano mai state sottoposte a sacrifici o privazioni. Siamo lontani dall’ultima guerra mondiale, e siamo lontani anche da chi l’ha vissuta. Molti di noi non hanno avuto la possibilità di un confronto, o comunque di avere una testimonianza di quello che significa essere privati del quotidiano. Ovviamente nessuno avrebbe potuto prevedere un evento simile, eravamo troppo concentrati a vivere il qui e ora.

Cosa ci sta insegnando questo periodo?

Io direi cosa potrebbe insegnarci: sicuramente ad avere più cura di quelle che sono le necessità individuali e del prossimo. E poi imparare ad essere più solidali tra noi, perché insieme si possono affrontare più facilmente situazioni complicate.

Può dirci quali sono i disturbi psicologici che sta curando più di frequente dall’inizio della pandemia?

Oltre a collaborare col Centro Milagro, l’esperienza dello sportello d’ascolto presso la scuola media “Luigi Antonelli” di Pescara, mi permette di tracciare un report che parte dall’adolescenza e arriva all’età adulta. Mi sto occupando principalmente di disturbi d’ansia, abbassamento dell’umore, isolamento sociale negli adolescenti e un abuso di sostanze stupefacenti e alcol.

Qual è la fascia d’età più vulnerabile e che necessita maggiormente d’aiuto?

A mio parere, è quella degli adolescenti. Uno studio fatto negli Stati Uniti ha messo in evidenza un aumento del 70% di crisi d’ansia negli adolescenti, e per gli stati depressivi si parla di un 38%. Quindi, la situazione è preoccupante soprattutto per questa fascia d’età.

Come ha affermato prima, il lockdown ha incentivato l’uso di sostanze e intensificato altre dipendenze. Ce ne può parlare?

Essendo la pandemia ancora in corso, non siamo in possesso di studi longitudinali sul periodo. Possiamo analizzare solo i dati in nostro possesso, i quali ci dicono che all’inizio della quarantena l’uso di sostanze ha subito una flessione poiché i fruitori di cocaina, cannabis ed eroina non sono riusciti a rifornirsene tramite i consueti canali di approvvigionamento. Il mercato illegale tuttavia si è ben presto riorganizzato: la ricezione di sostanze si è spostata su internet, non solo droghe ma anche sostanze psicoattive fatte in casa, alcol o uso improprio di farmaci da banco. Ciò che risultava non reperibile attraverso il darknet, veniva recapitato attraverso il porta a porta. Quindi questo mercato, nonostante il periodo pandemico, si è adattato alle esigenze del consumatore, che delle droghe ha una necessità fisiologica e psicologica.

Quindi, il lockdown ha aggravato una situazione già complessa…

La situazione è alquanto preoccupante, soprattutto pensando alla facilità per i più giovani di acquistare droghe online. La loro giornata si svolge principalmente davanti ad un computer, sono spesso lasciati soli e anche per bravura, essendo dei nativi digitali, entrare in contatto con questi canali è un qualcosa di estremamente semplice, banale.

Accennava anche all’aumento dell’uso di alcol…

Sì, anche perché è una sostanza lecita, e quindi facilmente reperibile, già presente in casa.

Il periodo di quarantena può avere provocato una modifica consistente alla personalità degli individui?

L’isolamento ci ha posto in una condizione di ritiro, tale per cui affrontare nuovamente il rapporto con gli altri renderà le dinamiche relazionali più difficili. Per molti soggetti lo sono già. Il ritorno ad una relativa quotidianità, scatena in molti un’ansia relazionale.

Tornando agli adolescenti, loro sono alle prese con la Didattica a distanza, inoltre la socialità è praticamente assente. Dicevamo prima, sono la fascia più vulnerabile della popolazione, come ne uscirà fuori dalla pandemia?

La sintomatologia per quest’età è varia e allarmante: stati d’ansia, depressione, attacchi di panico, autolesionismo, e disturbi del comportamento alimentare soprattutto per le ragazze. Condizioni esacerbate dalla pandemia, e se questi ragazzi non ritornano alla normalità, attraverso vari interventi, si rischiano a lungo termine delle gravi conseguenze. Uno studio sulla rivista scientifica Lancet riporta che un isolamento, anche inferiore a dieci giorni, può provocare danni psicologici e la presenza di sintomi psichiatrici fino ai tre anni successivi. Molto dipende anche dal contesto famigliare: questi ragazzi hanno vissuto una condizione d’isolamento, che è presente anche in casa per mancanza di comunicazione. L’uso sfrenato dei social media in questo periodo è un modo per trovare una partecipazione, per creare un legame lì dove si avverte un’assenza.

Il periodo pandemico ha fatto comprendere quanto è importante e necessario il lavoro degli psicologi. Però, in Italia il supporto psicologico gratuito per tutti non ha ancora raggiunto una concretizzazione. Cosa si dovrebbe fare, secondo lei, per assicurare questo servizio a tutti?

C’è un dibattito in merito allo psicologo di base, già da un paio di anni. Quel che il sistema sanitario nazionale in Italia prevede è di poter accedere ad una serie di incontri di psicoterapia a prezzo contenuto. Questa soluzione, tuttavia, non riesce ad abbracciare totalmente la domanda di aiuto psicologico. Abbiamo fatto dei passi in avanti con la presenza nelle scuole di uno psicologo incaricato grazie all’accordo tra CNOP e Miur, una prestazione fino a qualche anno fa gratuita e volontaria. Mi auguro che si realizzi anche l’istituzione dello psicologo di base, perché è un diritto di tutti accedere a questa tipologia di cure, e non solo per chi ne ha la possibilità economica. E non si può delegare questo compito esclusivamente ad associazioni di volontariato.

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