«Col 60% della popolazione vaccinata, green pass e scelte politiche, non ci sarà una nuova Armageddon sanitaria». La rianimatrice Michela Rauseo contro i no vax

by Michela Conoscitore

Le fazioni si stanno dando guerra, soprattutto sui social ma non solo. Manrovesci con commenti al vetriolo e repliche a metà tra l’ironico e il rassegnato. Le fazioni in questione sono quelle a favore e contro il vaccino Covid, un confronto che non accenna ad affievolirsi nemmeno con l’estate, periodo distensivo per eccellenza.

Giorni fa, sul suo profilo Facebook, è arrivato il racconto della dottoressa Michela Rauseo, ricercatrice e medico rianimatore presso il Policlinico Universitario “Ospedali Riuniti” di Foggia. Nel post, divenuto virale, la dottoressa ha raccontato, con sconforto, di un paziente che si è vista costretta ad intubare, non vaccinato. Agosto 2021: la pandemia ha compiuto un anno e mezzo, e otto mesi fa è iniziata la campagna vaccinale, in teoria i medici non dovrebbero più fare ricorso a mezzi così invasivi per salvare le persone dal Covid.

A me non interessano le vostre teorie negazioniste, potrete usare qualsiasi tipo di spiegazione, arrampicarvi su qualsiasi tipo di controindicazione, manifestare il vostro inutile e ignorante dissenso: il COVID vi stupirà.”, ha riportato nel suo post la dottoressa, ed è proprio così. Ci si stupisce della capacità del patogeno di adattarsi per sopravvivere, allo stesso tempo si esprime stupore riguardo la cieca mancanza di parte della popolazione nel fare il proprio dovere perché si tratta di civiltà, empatia e altruismo. Dalla pandemia ne usciremo, insieme e con buon senso. A quando un siero che inoculi del buon senso?

bonculture ha intervistato la dottoressa Michela Rauseo per fare insieme il punto sulla situazione nel nosocomio foggiano, e sullo stato d’animo di medico ancora in prima linea nella lotta al Covid:

Dottoressa Rauseo il suo post ‘denuncia’ su Facebook è diventato virale. È soddisfatta della risonanza visto il messaggio così importante?

Quella riflessione era dedicata a tutti i colleghi che, come me, stanno rivivendo questo incubo. Che poi sia arrivato anche ai non sanitari, per diffondere uno stralcio di vita vissuta, bene. Il post l’ho scritto a distanza di ore quell’avvenimento, la mattina successiva. Nel momento, ho provato solo tanta rabbia. Il giorno dopo ho riflettuto su quel che era successo, sul sudore che io e il mio collega avevamo addosso dopo aver indossato le tute. Le assicuro che eravamo zuppi, indossare i DPI con quaranta gradi non è uno scherzo. Una sensazione tremenda. Con la prima ondata non sapevamo a cosa saremmo andati incontro, alla seconda eravamo arrabbiati e ci siamo messi a cercare una soluzione. In questi giorni stiamo pubblicando dati sui trattamenti che abbiamo messo in atto, sulla ventilazione non invasiva. A questo giro, con lo strumento che almeno riduce l’ospedalizzazione e gli ingressi in terapia intensiva, mi sento dire dal paziente di non essersi sottoposto al vaccino perché ha paura delle dicerie che conosciamo tutti. Davvero ho sentito cose atroci. Al di là della risonanza o dalle condivisioni che il post ha ricevuto, rimangono i commenti cattivi. Alcuni hanno scritto che prendo soldi da Big Pharma, che tutti i medici sono collusi. Ebbene, vorrei rispondere che oltre a lavorare sul campo, sono anche un dirigente medico ricercatore. Il nostro stipendio ammonta a duemila euro. Studio e il mio lavoro mi appassiona, il post è stato scritto con cognizione di causa.

Come medico si aspettava o aveva previsto questo esacerbarsi dei contagi, così presto?

In realtà no, ci ha colto alla sprovvista. Ma ci siamo spiegati presto il perché: nel 2020, abbiamo ricominciato a vedere casi Covid a fine agosto, inizi di settembre. Quest’anno, invece, abbiamo avuto circa un mese e mezzo senza casi forse perché non c’è stato un lockdown serio come si verificò durante la prima ondata. Soprattutto pesa la spaccatura tra vaccinati e non vaccinati.

Attualmente qual è la situazione nel suo reparto agli Ospedali Riuniti? I contagiati sono solo i non vaccinati?

Posso dirle che ho tre pazienti Covid in rianimazione tutti non vaccinati. L’ultimo bollettino rilasciato dall’azienda Ospedali Riuniti riportava il 76% di ricoveri di pazienti non vaccinati. Finora non ho assistito pazienti vaccinati con la stessa criticità dei non vaccinati che arrivano in rianimazione. I malati Covid vaccinati si gestiscono anche nei reparti, alcuni senza ossigeno, altri ne hanno necessità. Ma non sono né intubati e tantomeno pronati, e senza CPAP h24.

Ad inizio quarta ondata, in ospedale l’assistenza sanitaria sta già ‘trascurando’ gli altri pazienti?

Grazie ad una revisione di tutto il sistema da parte della direzione sanitaria e della Professoressa Gilda Cinnella, siamo andati a tamburo battente con le sedute operatorie per smaltire le liste d’attesa quanto più possibile, gente che aspettava da tempo di essere operata. Solitamente ad agosto si verifica sempre una riduzione delle operazioni chirurgiche per permettere al personale medico ed infermieristico di prendersi una pausa.  

Molti non si vaccinano perché reputano i sieri somministrati ‘sperimentali’, quindi secondo loro non sicuri. Cosa risponderebbe loro?

Basti pensare che i primi ad essere vaccinati siamo stati noi sanitari. Se la gente ancora pensa sia una sperimentazione, ad agosto, si figuri il 31 dicembre 2020, giorno della mia prima dose. Adesso dovrei fare addirittura il terzo richiamo. Fosse stata una sperimentazione, magari non avrebbero iniziato col personale medico. Sono stata tra le prime a farlo per poter riabbracciare i miei cari, da cui mi sono allontanata per preservarli, e anche per dare il buon esempio. Tutto è una sperimentazione. Un meme che mi è capitato di vedere giorni fa diceva: “I no vax non sanno che fanno comunque parte della sperimentazione perché si pongono nel gruppo controllo (negli studi clinici è il gruppo che non riceve il trattamento in studio, ndr.)”. Pensando al Green Pass, fare il vaccino per le cene fuori o per andare in vacanza, ben venga! Non mi interessa perché lo fanno, purchè lo facciano.  Prima abbiamo assistito i negazionisti, ora i no vax e si lasciano curare. Sono collaboranti col trattamento perché, evidentemente, quando arrivano a non farcela piuttosto che dire non mi ospedalizzo, si ospedalizzano e si lasciano curare. Tanti San Tommaso fino a prova contraria. Mi hanno dato anche della macellaia, contestato il mio giuramento di Ippocrate, comunque oltre le loro miscredenze e scetticismo, se arriveranno in ospedale noi li cureremo. Noi medici proviamo rabbia perché dobbiamo ancora vedere persone che lottano tra la vita e la morte.  

I no vax nelle loro disamine hanno parlato di libertà. La scelta di non vaccinarsi ha a che fare con la libertà secondo lei?

La loro libertà inizia dove finisce quella di chi è cronicamente malato. C’è tanta gente che, da tempo, attende di essere curata. Parlo di interventi su tumori, patologie importanti. La libertà dei no vax di ammalarsi equivale alla schiavitù di chi ha necessità gravi da tempo. Schiavi di una malattia che non sta certo a guardare se uno è no vax. Non voglio nemmeno parlare della mia libertà di medico, servo la popolazione con la mia scienza e coscienza, sono gli immunocompromessi a pagare il prezzo più alto.

Spesso, inopinatamente, si è gridato ad emergenza sanitaria finita. Inoltre, doveroso ricordare l’affaire Astrazeneca. Questi elementi, e magari anche altri, per lei hanno contribuito a rendere fallace la campagna vaccinale e a scoraggiare la popolazione?

Non ho critiche da fare sulla campagna vaccinale. Per esempio, la Regione Puglia si è mossa benissimo. Riguardo al fenomeno mediatico, come i casi di trombosi provocati dal vaccino di Astrazeneca che hanno generato timore e risentimento, sono convinta che la paura sia un qualcosa di atavico legato da sempre ai vaccini. A prescindere da ceto sociale o livello d’istruzione, c’è chi ne risente di più. Quel che è stato detto in questi mesi non penso abbia influenzato la campagna vaccinale. Nella mia famiglia io e mio padre abbiamo fatto Pfizer, mia madre Astrazeneca e mia sorella a Milano l’eterologa, con Astrazeneca e Moderna, quindi ho potuto osservare davvero da vicino tutti i vaccini in circolazione. Da medico ho cercato di tranquillizzare, e nella malaugurata delle ipotesi la trombosi può essere curata. Ci sono i fattori predisponenti certo, ma è un po’ la stessa cosa per il Covid c’è chi è sintomatico ma ha superato e chi col Covid è morto. In merito alla coagulazione, abbiamo curato pazienti con valori del sangue totalmente sballati proprio a causa del coronavirus, altri non presentavano questa sintomatologia. Questi sono fattori immunogenetici e non si possono controllare.

Cosa pensa accadrà nei prossimi mesi?

Staremo a vedere. Spero che la situazione rimanga gestibile. Col 60% della popolazione è vaccinata, green pass e scelte politiche, penso che l’afflusso in ospedale sarà ridotto. Non arriveremo ad una situazione di overbooking che abbiamo dovuto affrontare ad ottobre-novembre 2020 quando intubavamo le persone e le mettevano in elicottero, perché non avevamo più posti letto disponibili. Prego non si ripeta quell’armageddon sanitaria, voglio essere ottimista.

Qual è il suo stato d’animo al momento?

È stato un anno che ci ha provato tantissimo. Tuttavia, oltre alla fatica, anche tanta soddisfazione: ricevo ancora messaggi di pazienti guariti che di quei momenti conservano pochi ricordi, per far tollerare loro la CPAP usavamo dei blandi sedativi. Ne abbiamo salvati moltissimi, e sono felicissima di questo. Comunque ho addosso stanchezza mentale, ma anche fisica perché pronare un paziente in coma, intubato, con tutti i presidi è un lavoro di equipe che coinvolge cinque, sei infermieri e ausiliari col medico vicino alla testa del paziente per controllare il tubo che gestisce il ventilatore. Guardi, non ha idea. Lo stato d’animo è quello di chi aspetta le vacanze per staccare un po’.

Concludo l’intervista con la dottoressa Rauseo ringraziandola per il suo lavoro. Buona estate a tutti i medici, infermieri e OSS caparbiamente impegnati nell’emergenza sanitaria. 

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