Fase2 in Veneto, il virologo Andrea Crisanti va a caccia di asintomatici, i veri “fantasmi” per la sanità

by Michela Conoscitore

Tra i protagonisti in Italia della pandemia da Covid-19 il professore Andrea Crisanti, virologo, Direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova e del Laboratorio di Virologia e Microbiologia dell’Azienda Ospedaliera patavina, sta fronteggiando l’emergenza in Veneto, da consulente del presidente Luca Zaia, con i risultati migliori in Italia.

Partendo da Vo’ Euganeo, centro focale dell’infezione, l’esperienza e l’intuizione del professor Crisanti di sottoporre tutti i soggetti sospetti o presunti tali alla prova del tampone, ha riportato la situazione in regione sotto controllo.

Lo scopo del mio appello, rivolto all’opinione pubblica e ai politici, è quello di tenersi pronti per due fasi fondamentali: la Fase 2, in cui le misure di restrizione vengono via via rimosse, che si accompagna ad un aumento della trasmissione mitigato probabilmente dalle condizioni ambientali e dal tempo favorevole, ma più che altro per farci trovare preparati per ottobre-novembre, l’altra fase, perché a questo punto la vera sfida sarà allora. In autunno avremo assistito ad un abbassamento dei casi, e quindi anche psicologicamente il nostro atteggiamento verso questa pandemia sarà cambiato e le nostre difese psicologiche e mentali saranno attenuate. Mi preoccupa la capacità di risposta della sanità pubblica, che non sarà adeguata alla minaccia. Dobbiamo avere il coraggio di aggredire il virus”, ha detto nel corso dell’incontro con la stampa locale e nazionale, nel quale ha ripercorso le tappe che hanno portato al controllo del virus in Veneto, dove il focolaio più preoccupante di Covid-19 era quello di Vo’ Euganeo. 

La nostra strategia è stata vincente a Vo’ Euganeo ma ha ispirato tutta l’azione successiva della regione Veneto che, da quel momento in poi, ha capito l’importanza dei tamponi non soltanto come strumento di diagnosi ma come strumento di sorveglianza, ovvero identificare la persona che ha trasmesso l’infezione al soggetto malato. La stessa esperienza di Vo’ ha orientato l’azione di tutto l’ospedale di Padova evitando così che lo stesso ospedale diventasse un focolaio d’infezione. Se lo fosse diventato, come l’ospedale di Alzano Lombardo in provincia di Bergamo, tutta la regione sarebbe stata in ginocchio perché abbiamo mille posti letto, ottomila dipendenti e 15 mila visitatori al giorno.”Poi ha proseguito, dicendo: “Invece abbiamo implementato tutta una serie di misure di sorveglianza. Non solo, abbiamo instillato consapevolezza nella popolazione, dicendo loro di venire in ospedale per il tampone nel caso avessero avuto il sospetto di essere entrati in contatto con qualche infetto. E questo ci ha permesso di intercettare moltissimi casi. Il risultato è che la curva di crescita in Veneto, che all’inizio era identica a quella della Lombardia, adesso sta subendo un’accelerazione nella diminuzione dei casi. Vedendo le statistiche, ieri il Veneto era a 0,10, meno della Puglia. Questo non è un caso, perché io ho sempre detto che la sorveglianza attiva è particolarmente efficace ad inizio e fine dell’epidemia.

Per Crisanti i tamponi rimangono finora l’arma più efficace nella lotta al Coronavirus, si è discusso anche dell’annoveramento di laboratori privati nella rete diagnostica nazionale, su cui Crisanti ha dato il suo parere: “Il contributo dei laboratori privati deve essere preso in considerazione, specialmente per la richiesta che proviene dall’industria, cioè da quegli imprenditori che hanno bisogno di controllare e monitorare i propri dipendenti. Una richiesta che in questo momento il sistema sanitario non è in grado di affrontare. Auspico che si realizzi una certificazione rapida dell’operato di questi laboratori, secondo uno schema che sia nazionale.

Uno degli aspetti fondamentali, e anche inediti, del nuovo coronavirus sono i soggetti asintomatici, definiti dallo stesso professor Crisanti come dei ‘fantasmi’ per la sanità. Quindi la principale difficoltà nella lotta al Covid è rappresentata proprio da questi soggetti: “Stanno emergendo alla nostra osservazione numerosi casi di persone asintomatiche che infettano e rimangono positive per molto tempo, anche per due mesi. Sia in ospedale qui a Padova che nell’analisi epidemiologica che abbiamo fatto a Vo’ Euganeo a due mesi di distanza abbiamo persone tuttora positive. La scienza non sa ancora dare una risposta sul perché queste persone rimangano positive. Però una iniziale risposta proviene dall’analisi del plasma di persone che hanno superato la malattia: in genere anticorpi neutralizzanti in alta concentrazione si trovano soltanto in persone che hanno avuto una grossa sintomatologia, le persone asintomatiche non fanno anticorpi e quindi rispondono alla malattia in modo completamente diverso.

Diverso è il caso dei bambini, tra i soggetti in cui l’incidenza del Covid-19 è risultata molto bassa. In Veneto si sta accarezzando l’idea di poter riaprire asili nido e scuole dell’infanzia già questo mese o al massimo entro giugno, e sembra diventi più certa la possibilità di centri estivi in estate. Il professore ha affrontato l’argomento del ritorno in classe, riportando l’esempio di Vo’ e dei bambini sottoposti al test, per provare a chiarire la questione: “La nostra esperienza indica che i bambini non si ammalano e non si infettano, anche in presenza di adulti vicini che lo sono. A Vo’, per esempio, su 257 bambini da uno a dieci anni non c’era nessun infetto, e una ventina di questi bambini condivideva l’abitazione con persone malate che, a loro volta, avevano trasmesso l’infezione ad altre persone. Questa non può essere presa come regola generale assoluta, perché purtroppo qualche bambino si infetta. Se in una classe c’è un bambino affetto da Covid, difficilmente trasmetterà l’infezione ad altri bambini. Il problema è come gestire questo bambino infetto, identificarlo e come far sì che non infetti né i genitori degli altri bambini né gli insegnanti.”. Inoltre, ha aggiunto:“È chiaro che se si riapre una scuola materna in una zona dove il contagio è stato bassissimo, faccio l’esempio di Padova sud e Rovigo dove non ci sono casi attivi, con le dovute e obbligatorie precauzioni, io penso che tentativi e riaperture siano giustificati.

Molto chiaro sui test sierologici e il vaccino. “Occorre testare lo stesso numero di individui con diversi test e verificare se effettivamente queste persone producono anticorpi e quando, e che utilità ha valutare la presenza di questi anticorpi. È assolutamente doveroso investire in vaccini, perché i vaccini si sono dimostrati lo strumento più efficace in termini di costi e implementazione che abbiamo per combattere una malattia infettiva”, però ha aggiunto, “tutte queste aspettative per un vaccino mi preoccupano, non c’è consapevolezza né nella stampa né nell’opinione pubblica perché sviluppare un vaccino è molto difficile. Un procedimento tra l’altro lungo, e spesso non coronato da successo.

Noi di bonculture gli abbiamo rivolto alcune domande.

Professor Crisanti, cosa è più utile: la tracciabilità di massa o il vaccino?

Il vaccino è un’ipotesi, e non so se mai lo avremo. La tracciabilità di massa è una soluzione tecnologica che può essere in qualche modo implementata. E qui entriamo in un discorso completamente diverso, come la implementiamo e quali garanzie diamo ai cittadini? Si aprono scenari che hanno implicazioni politiche e tecnologiche che sono molto complesse. Quindi, al momento, tra le due, abbiamo solo la seconda opzione.

Quindi cosa pensa dell’app Immuni?

Non so risponderle, perché so davvero poco di quest’app. Ho qualche dubbio in merito, le faccio un esempio banale: dicono che deve aderire a quest’app il 60% delle persone, supponiamo che vi aderiscano, la prima domanda che ci facciamo è quanti contatti intercetta un’app a cui ha aderito il 60% della popolazione? L’app intercetterà solo il 36% dei contatti, che corrisponde ad un 1/3 dei contagiati. E il numero dei casi è limitato solo a quelli diagnosticati in ospedale, quindi Immuni intercetterebbe 1/7 di tutti i possibili casi. Quindi, un’app di questo genere che senso ha?

Professore, è più utile il distanziamento sociale, la mascherina o sono necessari entrambe?

Sicuramente le mascherine hanno un effetto fondamentale. Noi in ospedale a Padova abbiamo avuto casi di medici malati di Covid, che hanno lavorato utilizzando la mascherina. Non c’è stato nessun infetto. Viceversa, abbiamo avuto alcune situazioni all’inizio in cui non c’era ancora disponibilità di mascherine per tutti e avevamo solo il distanziamento sociale come protezione, e si sono verificati casi, seppur limitati, in cui c’è stata trasmissione. Quindi le due cose insieme hanno un effetto sinergico.

Tutto il mondo ci sta guardando, Cina e Inghilterra hanno giudicato troppo precoce la ripartenza del 4 maggio in Italia: è d’accordo su questo e cosa si aspetta accadrà?

Qualsiasi ripartenza deve basarsi sulla valutazione precisa del rischio che purtroppo non si è verificata. Il rischio è la funzione del numero dei casi giornalieri, che è un numero di cui non abbiamo una grandissima visibilità. Detto questo, è chiaro che la riapertura è stata fatta da una parte dietro la spinta di interessi economici, dall’altra per prudenza: quella attuata dal Governo è una strategia difensiva, che deriva dalla mancanza di dati e quindi dall’incapacità di valutare il rischio. Chi è prudente sta sulla difensiva, no? Quindi quello che stiamo vivendo in questo momento è il risultato di questo compromesso, un pezzetto alla volta e si procede a tentoni. Vediamo quello che succede.

La conferenza stampa è terminata con una riflessione di Crisanti sull’operato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella gestione della pandemia, il suo j’accuse è stato molto incisivo: “L’OMS in questa pandemia ha sbagliato tutto lo sbagliabile, perché si è completamente affidata ai dati forniti dalla Cina che è un paese in cui la trasparenza non è un valore. Mi piacerebbe sapere cosa hanno analizzato e ispezionato gli esperti dell’OMS quando sono andati in Cina. Non sono io ad affermarlo, ma posso dire di essere d’accordo con chi dice che la posizione dell’OMS sia stata influenzata da considerazioni geopolitiche più che di sanità pubblica.

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