Federica, medico in trincea nel reparto Covid a Parma

by Maria Teresa Valente

Il momento più brutto? “Quando ho visto arrivare pazienti cinquantenni: ho pensato ai miei genitori ed ho avuto un tuffo al cuore”. Federica Roberti non ha ancora 30 anni e soltanto pochi mesi fa, nel novembre 2019, si è trasferita da Manfredonia alla volta di Parma per specializzarsi in Geriatria.

Nuova città, nuova vita, nuovi propositi per l’anno nuovo che si apprestava a cominciare… e poi, il caos. Le corsie di quel reparto in cui con amorevole cura si stava prendendo cura degli anziani, iniziano ad affollarsi di persone di ogni età, colpite alle spalle da un virus maledetto.

Quando a gennaio vedevi in tv ciò che stava accadendo in Cina, avresti mai pensato che quell’orrore sarebbe potuto esplodere anche in Italia? “I contatti con la Cina ormai sono frequenti”, risponde pacata Federica, che poi evidenzia: “Quando ci sono stati i primi casi a Codogno, ho capito che ormai era alle porte di Parma”.

Ed ecco che la città che quest’anno avrebbe dovuto essere ricordata e vissuta come capitale della cultura 2020, improvvisamente è stata trivellata dai colpi funesti del Covid-19, e nella sua provincia ha registrato ben 500 morti dall’inizio dell’epidemia. Una strage.

“Il mio reparto, nell’arco di pochi giorni, si è trasformato da Geriatria in Covid”, racconta Federica che confessa di non sentirsi un’eroina, ma semplicemente una donna che ha scelto di essere un medico per prendersi cura degli altri, in ogni situazione. Eppure, risulta difficile non pensare a quanto in questo periodo sia cambiato il mestiere dei medici, che si sono trovati catapultati in prima linea e spesso disarmati in una guerra impari, contro un nemico cruento e pericolosissimo.

Era prevedibile quanto accaduto? “Diciamo che a gennaio poter fare qualcosa era ormai tardi”, spiega il giovane medico, evidenziando che è ormai noto che il virus aveva iniziato a diffondersi già da novembre-dicembre in Cina. Inoltre, sottolinea: “un grande errore è stato fatto da coloro che banalmente hanno definito questa epidemia come una normale influenza stagionale, perché sottovalutando il rischio, si è diffusa maggiormente”.

A Parma si è avuto uno dei più alti numeri di contagiati. Qual è l’età media? “Soprattutto la fascia compresa tra i 60 ed i 70 anni, ma ci sono comunque pazienti di ogni età. È un virus contagiosissimo e, paradossalmente, sembra colpire le persone più forti fisicamente. Ecco perché sono più gli uomini ad essere contagiati che le donne o, ed è un dato statistico, molti maratoneti”. In pratica, spiega Federica, la tempesta di citochine che in alcuni soggetti viene scatenata dal sistema immunitario in risposta al virus, diventa più letale del virus stesso.

Hai visto pazienti che non ce l’hanno fatta? “Purtroppo sì, ma per me è stato importante poter essere lì con loro”. Un aspetto straziante di questa terribile epidemia è, infatti, il dover morire completamente soli. “Siamo noi medici le ultime persone che loro vedono. Siamo noi a tenere le loro mani e a guardarli negli occhi mentre cercano conforto. Siamo noi che raccogliamo nei nostri cuori i loro ultimi sospiri, accompagnandoli nel loro ultimo viaggio”.

Ciò che hai vissuto è terribile. Un medico si prepara alle emergenze, ma sicuramente non a tutto quanto accaduto ultimamente. Sei da sola a vivere tutto questo? “Sì, sono sola, ma soltanto fisicamente. La mia famiglia è a Manfredonia ed il mio fidanzato è cardiochirurgo e lavora al San Raffaele a Milano. Sia lui che la mia famiglia e anche amici ed amiche mi fanno sentire la loro vicinanza. I miei genitori mi chiamano spessissimo e sento il loro affetto anche se siamo distanti. Non vedo l’ora di rivederli, ma so che ci vorrà tempo. Ora è importante stare lontani”.

Quindi, una raccomandazione rivolta a tutti: “Noi medici dobbiamo continuare a stare in corsia, ma occorre che ognuno faccia la sua parte rimanendo a casa”.

Hai paura? “No, anzi, lavorando qui a Parma mi ritengo fortunata perché i presidi non mi sono mai mancati e quando sono di turno indosso una tuta così pesante e che mi copre così tanto, che penso sia impossibile poter correre il rischio di contagiarmi”, e le scappa un sorriso.

C’è qualcosa che salveresti in questa brutta storia?Sicuramente lo spirito di solidarietà che si è venuto a creare tra medici. E voglio dire a tutti quelli che ci considerano eroi, che noi siamo gli stessi di prima. Siamo quelli bistrattati e a volte anche maltrattati, ma che nel nostro giuramento, quello di Ippocrate, abbiamo messo la nostra vita al servizio degli altri. E quel giuramento lo stiamo rispettando ora, come prima e come faremo dopo, a costo anche della nostra stessa vita”. E per un attimo la voce forte e cristallina, niente affatto piegata dai turni estenuanti, s’incrina per la commozione, ricordando gli ormai 100 medici morti in tutta Italia in quest’assurda guerra.

A proposito di turni: sono cambiati con quest’emergenza? “In realtà spesso succede che molti di noi continuano a prestare servizio anche oltre il proprio turno, come volontari, perché sappiamo che è importante non sprecare nemmeno un secondo”.

Cara Federica, ho letto un passo del giuramento di Ippocrate: “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio”. Ciò che voi state facendo in tutta Italia, va ben oltre le forze ed oltre il giudizio.

Mi manderesti una tua foto da allegare all’articolo? “Appena mi si tolgono i segni della mascherina e della tuta me ne scatto una”. No Federica, lasciali pure. Quei segni che solcano i vostri volti devono ricordarci i lividi che avete sui cuori. Avevate giurato di essere medici, ma siete diventati eroi.

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