La psicologa Anna Palumbo: “I social riducono lo stato d’isolamento da Covid-19 e creano supporto per chi è solo”

by Michela Conoscitore

Come molti di voi staranno sperimentando, in questi giorni di isolamento, il Covid-19 ha stravolto la quotidianità di tutti: in un brevissimo lasso di tempo, siamo stati costretti ad abituarci a nuovi ritmi, a rinunciare alle uscite e alla vita sociale per tutelare la salute.

La pandemia ha sovvertito equilibri e schemi prestabiliti che mantenevano le nostre vite al sicuro. Ora, lo sono altrettanto al sicuro, tra le mura di casa, ma come percepisce la nostra mente questo cambiamento radicale di stili di vita e abitudini? Si verificheranno strascichi, quando torneremo alla normalità? In periodi inusuali come quello che stiamo vivendo, rifugiarci nel mondo virtuale è tra i riti più calmanti che sortiscono effetto, sulla psiche umana, anche perché ci creiamo una ‘piazza’ virtuale dove coltivare la socialità che manca, dal vivo. Eppure, come ha affermato il rettore dell’Università degli Studi di Foggia, Pierpaolo Limone: “Gli schermi non alleviano il nostro isolamento, rischiano piuttosto di accentuarlo”.

bonculture ha intervistato la dottoressa Anna Palumbo, psicologa cognitiva e comportamentale, membro del Sipem, Società italiana di Psicologia dell’Emergenza, per analizzare aspetti specifici di questo periodo e dare risposte ai dubbi di tutti, legati al particolare momento:

Dottoressa Palumbo, questo periodo di ‘reclusione’ forzata come prevede che verrà vissuto dalla maggior parte di noi? Quali potrebbero essere le conseguenze?

Occorre premettere che il periodo di reclusione che stiamo vivendo è necessario per contenere le pesanti conseguenze che la diffusione del virus potrebbe determinare, non soltanto in termini di contagio, ma anche in termini di collasso sanitario, o economico che avrebbero conseguenze molto più gravi per il nostro Paese. In realtà, per quanto lo stare a casa potrebbe apparire stressante per molti individui, a livello psicologico è rassicurante. Lo stare a casa non solo protegge le persone dal contagio stesso, ma dallo stesso timore e paura di essere contagiati. Assistiamo ad un incremento dello stato di panico conseguente al timore di essere contrarre il virus, che rievoca la malattia e la morte. Per cui, la casa, ‘posto sicuro’, protegge dall’alimentarsi di queste paure. Le maggiori ripercussioni in questo senso sono vissute dalle persone che già ordinariamente vivono sole, dagli anziani che hanno necessità della vicinanza dei loro cari, e ancor più da coloro che vivono in strutture residenziali.

Dottoressa Anna Palumbo

Il rettore dell’Università degli Studi di Foggia, il professore Pierpaolo Limone, ha esternato questo suo pensiero, giorni fa su Facebook: “Uno dei peggiori effetti collaterali di questa Pandemia rischia di essere una diffusa tecno-dipendenza. Settimane dove troviamo risposte a tutto sugli schermi, giga gratuiti, streaming video gratuiti, didattica a distanza e tele lavoro. Gli schermi non alleviano il nostro isolamento, rischiano piuttosto di accentuarlo. Facciamo attenzione, soprattutto con anziani e bambini, usiamo il tempo libero dal lavoro e dallo studio per riscoprire i piaceri analogici della vita in famiglia: leggere, ascoltare musica, cucinare, giocare. Approfittiamone per comunicare, cioè mettere in comune, nel modo più autentico e umano possibile.”. Può commentare e spiegare, dal punto di vista psicologico, quest’abitudine, già abbastanza radicata precedentemente, della gente di rifugiarsi in un mondo Altro?

Sicuramente stare a casa potrebbe in qualche modo incrementare, soprattutto nei ragazzi, la dipendenza già radicata dai giochi o dai social. In questi casi andrebbero incoraggiate in famiglia altre attività, finalizzate allo stare insieme. Tuttavia, al momento, i mezzi tecnologi, i social e altro riducono lo stato di isolamento, favoriscono il mantenimento dei contatti sociali e soprattutto la condivisione di questo difficile momento, creando tra le persone un supporto reciproco soprattutto per coloro che vivono soli.

Può suggerire dei rituali che siano dei validi sostituti all’iper-connessione?

Più che rituali, possiamo favorire attività in famiglia come cucinare, leggere e svolgere anche esercizi fisici. In questo caso la tecnologia ci dà una grande mano, ho visto social che condividono attività di yoga, esercizi fisici da fare insieme, letture fatte a bambini.

Dottoressa, si rischia di perdere il senso del sacro e anche, in un certo senso, di rimuovere l’idea della prossimità della morte?

Nessun rischio. In realtà è esattamente il contrario, la situazione che stiamo vivendo alimenta le ansie conseguenti al timore della malattia e della morte. Noi psicologi, in ogni parte di Italia ci siamo attivati al fine di gestire queste angosce che portano le persone spesso a mettere in atto comportamenti sbagliati, (vedi la fuga di migliaia di persone da nord a sud).

Al termine di questo periodo di isolamento, quali strategie consiglia di attuare per riappropriarsi al più presto della quotidianità?

Credo che una delle maggiori risorse degli esseri umani, e viventi in genere, sia la naturale capacità di adattamento. Le persone riusciranno presto, quando sarà consentito, di tornare alla propria quotidianità. Quello che richiederà un tempo più graduale sarà sicuramente il riuscire ad entrare in contatto e in vicinanza con gli altri proprio, come dicevamo prima, per il timore di essere infettati.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.