La psicologa Vanna Pontiggia: “Mettiamo in contatto i ragazzi con i loro valori, con la loro resilienza”

by Antonella Soccio

L’Ordine degli Psicologi ha stilato una guida antistress in tempo di quarantena da Coronavirus. Tra i primi punti c’è la resilienza. Come hanno evidenziato gli esperti abbiamo la preziosa occasione di imparare a vivere il vuoto, senza provarne orrore, annoiandoci e riorganizzando il nostro quotidiano.

Noi di bonculture abbiamo chiesto l’ausilio della vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi di Puglia Vanna Pontiggia, che ci guiderà in tre focus. Abbiamo cominciato con gli adolescenti. Ecco la nostra chiacchierata.

Dottoressa, cosa significa vivere in quattro mura- per delle regole esterne dettate dall’autorità e non per una propria auto reclusione meditata- il periodo più caotico e tumultuoso dell’esistenza? Cosa accade agli adolescenti in quarantena?

Il problema del Coronavirus tocca tutte le fasce d’età, in maniera diversa a seconda delle caratteristiche. I giovani sono molto vulnerabili in un momento in cui la pandemia ha sovvertito gli equilibri, gli stili di vita per tutti noi e in particolar modo per gli adolescenti. È un periodo di isolamento, necessario, ma soprattutto complesso, perché i giovani devono rinunciare a frequentare amici, pub, attività sportive, associazioni. Inoltre c’è da riflettere sulla caratteristica dell’adolescenza quando il conflitto inter-generazionale attraversa una fase acuta e invece si chiede di convivere con le persone con cui entrano in conflitto ossia gli adulti. L’adolescenza è la fase in cui si cerca la distanza dagli adulti e si sperimenta la ricerca del gruppo dei pari, a cui devono rinunciare, laddove il gruppo dei pari è indispensabile per la loro identità e sicurezza. Oggi il gruppo non può essere la loro ancora, anzi diventa fonte di pericolo, questa contraddizione è una fonte di ansia. Per non parlare poi della mancanza dei partner, dei mondi affettivi, molto idealizzati in quell’età sia sul piano psicologico sia sul piano fisiologico, in una forma molto intensa. Vivono il tumulto della carica pulsionale, non è facile accettare che i ragazzi si privino di questi contatti e che acquisiscano delle regole, che improvvisamente hanno stravolto la loro condizione, che non è ricercata ma è fisiologica. Certo, la reazione è soggettiva, non si può generalizzare una risposta. La risposta alle direttive e la sofferenza per la riduzione delle relazioni sociali è molto soggettiva, legata ai valori, alla personalità, alle strutture, alle relazioni e all’investimento di risorse, che i ragazzi fanno in un momento in cui l’impegno nello studio non è visto come una ricerca, ma anche in un contesto meno motivante.

La didattica a distanza cosa può provocare nei ragazzi?

La didattica a distanza deve essere ben articolata, non assillante, in una forma più collettiva, con video di classe in modo tale da sentire il gruppo di cui i ragazzi sono privati. Noi stessi stiamo facendo delle lezioni, ho delle lezioni nei master, bisogna stimolare l’intervento di tutti, per capire che anche l’altro compagno vive una condizione simile. Molto importante è anche il ruolo degli adulti, che devono impegnarsi al massimo a costruire quei sistemi relazionali fondati sul dialogo.

La didattica deve essere un mezzo, non il fine, quindi serve un confronto, un coinvolgimento, per cercare di dare loro un ruolo, una presenza autentica, per ridare un dialogo empatico, che se si sviluppa anche con adulti esterni può essere utilizzato anche nell’ambiente domestico.

Quest’ultimo non deve essere percepito come fonte di angoscia, ma bisogna trovare il modo per coinvolgere i giovani in attività piacevoli al di là della didattica. Mi giungono molte informazioni di genitori abbastanza stressati per il bombardamento della didattica a distanza. Bisogna partire dai loro interessi, per sovvertire lo schema, non si può partire con obiettivi aprioristici per il raggiungimento del programma, ma occorre porsi degli obiettivi di crescita per diversificare le attività, come leggere, suonare, disegnare. Possono essere attivati corsi di vario tipo.

Per una regola di vita va bene mantenere l’orario scolastico, l’importante è far vivere una didattica che non si inserisca solo in modo top down ma anche stimolando il coinvolgimento, e soprattutto diversificando le attività del tempo libero, dando degli input per visite virtuali nei musei di arte, con momenti più rilassati. Penso ai ragazzi che frequentano gli istituti alberghieri, con video per articolare ricette. Altre attività possono essere quelle che mettono al centro la creatività, col disegno, pittura, bricolage. Noi dobbiamo aiutare i ragazzi ad esprimere le loro emozioni e la loro creatività, anche con le attività motorie. Spero che i docenti di attività motoria stiano dando dei video. Bisogna farsi guidare da personal trainer virtuali, così come spero che i docenti stiano suggerendo film culturali: occorre trarre da altre attività gli insegnamenti che poi possono essere disciplinari. Potrebbe essere utile stimolare i ragazzi ad avere la tenuta di un diario individuale o di famiglia in cui esprimere vissuti e riflessioni del proprio momento per portarli al contatto con se stessi, in modo tale che questa angoscia, che eventualmente il ragazzo non riesce a tirar fuori, sia portata alla luce. Le loro risorse per fronteggiare lo stress sono più limitate, noi adulti abbiamo una cassetta degli attrezzi un po’ diversa rispetto a quella dei ragazzi, perché abbiamo l’esperienza, l’epilogo di momenti in cui abbiamo incontrato delle difficoltà e ci siamo rialzati, invece i ragazzi non hanno la stessa cassetta degli attrezzi nostra e la devono costruire con la loro esperienza. Bisogna parlare loro in modo razionale, cercando sempre fonti ufficiali di informazioni, senza bombardarli.

Ma ritiene sia possibile limitare le informazioni, se proprio i ragazzi, da nativi digitali, sono i massimi fruitori di contenuti informativi e non solo?

L’adulto sia il genitore sia l’insegnante deve avere una funzione di tutoraggio, anche orientando i ragazzi a saper discriminare i messaggi ufficiali dalle fake news. Se noi stimoliamo i loro interessi scientifici il deep coping (ossia la capacità di fronteggiare lo stress) non viene indebolito, invece un continuo bombardamento di messaggi negativi può ridurre questa capacità.  

Va mantenuto uno stato dell’umore valido, evitando di alimentare paure. Noi sappiamo da millenni che mente-corpo sono un tutt’uno, perchè la nostra vita psicologica non è distinta da quella fisica, per cui rabbia, gioia, amore, ostilità stimolano il sistema nervoso e regolano la secrezione di sostanze, che possono a livello biochimico influenzare il nostro benessere.

Con la stasi e con la diminuzione del movimento le endorfine diminuiscono, il rischio è quello di stati umorali depressivi, non è vero?

Certo, ecco perché dico che la scuola deve fare quello che deve per l’aspetto disciplinare, ma deve anche capire attraverso le discipline deve entrare nel mondo dei ragazzi. Gli aspetti sanitario e politico, quello dell’istruzione e quello familiare non devono sentirsi disgiunti, così come l’epidemia prende tutti noi, tutte le istituzioni devono attivare delle funzioni per stare vicino a genitori e bambini. Nel mio comune ho un ruolo pubblico, da assessore al welfare, e abbiamo pensato di stare vicino a genitori e bambini, è importante anche come autoregolazione emotiva dell’adulto. Noi come ordine degli psicologi, abbiamo aperto dei numeri a cui la gente può rivolgersi telefonicamente. Non dobbiamo lesinare questa richiesta.

Qual è la richiesta più frequente che sta arrivando al numero dell’Ordine?

Paradossalmente più che dai cittadini, le richieste ci stanno arrivando dal personale sanitario che sta vivendo una fonte di stress fortissimo.

Nella Puglia Nord si erano verificati dei fenomeni di violenza e di aggressività tra i ragazzi in forma di bullismo e baby gang in piazza e nelle uscite del sabato sera. Oggi con i ragazzi ridotti in casa, questa aggressività come può essere gestita dalla famiglia? Non rischia di essere deflagrante la loro pulsione alla violenza nelle mura domestiche?

Attraverso i social non possiamo limitarli del tutto, la violenza potrebbe essere veicolata comunque con i social.  L’adolescente è molto esposto al fenomeno gruppale, che in questo momento deve essere vissuto in una forma costruttiva, di solidarietà. Bisogna approfittare questo momento per non vederlo solo come privazione del tempo e dello spazio, ma anche come risorsa dello spazio della propria abitazione e del tempo, che spesso si trascura.

È importantissimo connettersi. Abbiamo una tecnica psicoterapeutica, che è l’act, l’accettazione, una terapia di terza generazione, che chiede di sviluppare per il benessere delle persone la connessione. Le connessioni principali che vengono stimolate sono la connessione con le persone vicine, con il proprio corpo, con i propri valori, con il proprio ambiente. Connettersi con le persone attraverso i social, con tutti i sistemi di comunicazione in modo che i ragazzi non siano isolati. Quando il ragazzo si sente solo, bisogna far capire che si tratta solo di uno stimolo, una allerta che il nostro ci manda e proprio allora il ragazzo deve fare qualcosa per connettersi col mondo vicino. Si possono scrivere anche dei messaggi: molte volte attraverso lo scritto si riesce a dire di più di quello che si riesce a dire a voce. Poi occorre connettersi col proprio corpo, si può stimolare il proprio corpo per avere consapevolezza per comprendere che non è solo il movimento che dà forma alla nostra esistenza, ma anche il ritmo del nostro corpo che esiste pur rimanendo chiusi in un appartamento. È utile prendere coscienza della propria dimensione corporea nello spazio, pur in una condizione confinata.

Che prevede per il dopo pandemia dottoressa? L’isolamento potrebbe favorire la nascita di disturbi psicosomatici come gli attacchi di panico?

L’ansia è un beneficio per noi, perché se non avessimo l’ansia non faremmo quello che facciamo nella vita, l’ansia diventa patologica, quando diventa dilatata, quando viene alimentata quando diventa un modello, perché l’ansia ha anche un modello appreso, ecco perché il contenimento dello stato emotivo e dell’ansia da parte di chi diventa modello è fondamentale. La conseguenza di un attacco di panico è una esacerbazione dall’ansia, che può essere alimentata dagli stimoli dell’ambiente.

Sarebbe importante costruire momenti in cui gli adolescenti possono programmare un aperitivo comune, attraverso le forme web. Occorre mettere in contatto i ragazzi con i loro valori e questo possono farlo gli adulti, gli esperti e non solo i genitori, perché non possiamo caricarli oltre perché già devono fronteggiare una condizione di debacle socio economica. Riportare i ragazzi ai valori è fondamentale e uno dei valori può essere la resilienza, la capacità dei ragazzi di adattarsi. Dobbiamo far ragionare i ragazzi per far capire loro che lì dove non stanno facendo quello che serve per adattarsi vuol dire che serve uno sforzo maggiore per riprogrammare la loro vita.

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