La scoperta della ricercatrice Elena Campione: “La lattoferrina, glicoproteina prodotta in eccesso per il latte materno, fa da colla contro il Covid. E intrappola il ferro di cui il virus è ghiotto”

by Andrea Giotta

Una colla in cui il virus viene intrappolato, una barriera protettiva nei confronti del Covid. Poche parole per descrivere la lattoferrina, una glicoproteina, su cui, negli ultimi mesi a seguito di un’intuizione venutale durante il lockdown, si è posata l’attenzione della dottoressa Elena Campione, dermatologa presso il Policlinico “Tor Vergata” di Roma.

Si tratta – afferma la stessa ricercatrice a bonculture di una glicoproteina delle mucose che noi stessi produciamo ed è presente nei granuli secondari dei granulociti neutrofili, la più rappresentativa popolazione cellulare della percentuale leucocitaria”.

La dottoressa Elena Campione

Ma vediamo come tutto ha avuto inizio e quali sono le potenzialità di questa glicoproteina.

A darmi spunti teorici, per avviare dei progetti sulla lattoferrina, sono stati i miei stessi pazienti. Mi sono focalizzata essenzialmente sulle donne in gravidanze sui neonati e sui bambini molto piccoli. Ho visto che proprio questi ultimi sviluppavano meno l’infezione da Sars-Cov-2. Quindi mi sono chiesta cosa potesse accomunare queste tre categorie, che risultavano essere quelle più immuni e più forti nei confronti dell’infezione.

Alcuni dati mi sono venuti in aiuto: in primis, nelle ultime fasi della gravidanza, la donna comincia ad essere pronta per l’allattamento, in secondo luogo , i bambini si vaccinano a partire dal terzo mese di vita, dunque, in questo periodo trimestrale sono coperti dall’immunità neonatale, innata, conferita dal latte materno, che a sua volta contiene lattoferrina. Inoltre, i bambini non allattati vengono nutriti con del latte ricco di lattoferrina. Sulla base di queste evidenze mi sono documentata e ho approfondito tutte le proprietà di questa importantissima glicoproteina. Facendo delle ricerche su portali internazionali, come Clinicaltrial.gov, ho visto in quante e disparate situazioni cliniche è coinvolta la lattoferrina. Sepsi neonatale, malattie intestinali, come la fibrosi cistica, ma anche nel trattamento dell’Alzheimer, e in tutte quelle patologie in cui c’è un aumento di ferritina, e quindi si innalzano le concentrazioni di ferro all’interno del nostro organismo. Tutte queste situazioni sono state oggetto di studi e correlate con una diminuzione di lattoferrina.

Così sono cominciati i miei lavori in merito. Inizialmente ho redatto un proof of concept, successivamente mi sono messa in contatto con la professoressa Valenti, biologa in servizio all’Univerità La Sapienza”.

E aggiunge: “A contribuire alla causa sono stati anche degli studi di marca cinese condotti nel 2003 sempre sul Sars-Cov, in cui è stato dimostrato come la stessa lattoferrina bloccasse i recettori per l’eparan solfato, impedendo quindi al virus di entrare all’interno della cellula. C’erano quindi tutti i presupposti per poter creare un protocollo per i nostri pazienti. Ho condotto il protocollo insieme alla Valenti che ha incaricato un dottorando di eseguire gli esperimenti in vitro, dimostrando la funzione di blocco della lattoferrina prima che il virus infettasse.

Un docking molecolare, ovvero degli esperimenti di dinamica molecolare e bioinformatica, sono poi stati condotti dal prof. Mattia Falconi di Tor Vergata, grazie a questi studi è stato dimostrata l’evidenza dell’interazione tra la lattoferrina e lo spike, glicoproteina esterna del Sars-Cov-2”.

Quindi ricapitoliamo. Una glicoproteina, la più antica filogeneticamente che noi stessi produciamo, è in grado di fungere da barriera nei confronti del virus. Come? Sottraendogli il nutriente che tanto ama, il ferro. Si perché una delle funzioni principali della lattoferrina è quella di sequestrare il ferro. I virus a RNA, come il Sars-Cov-2, per replicare hanno bisogno di ferro, che diviene quindi un carburante per la proliferazione virale.

Tutti quei pazienti – precisa la Campione – affetti da sindrome metabolica, disturbi del metabolismo come il diabete, tutti quei pazienti con eccessivi accumuli di ferro, basti pensare a situazioni che comportano una condizione di iperferritinemia come, emosiderosi e emocromatosi, offrivano, in quanto presentavano maggiori concentrazioni ferriche, maggiori possibilità di replicazione al virus”.

Dal laboratorio si passa alla clinica.

Abbiamo deciso così, dopo le evidenze di laboratorio di condurre uno progetto pilota. Al fine di verificare l’efficacia e la tollerabilità di tale proteina, abbiamo somministrato la forma liposomiale pura della lattoferrina, tramite spray o per bocca, a 32 pazienti infetti da Covid. Attualmente i pazienti a cui questo trattamento è rivolto sono quasi 100”.

Cosa avete osservato?

I tempi di negativizzazione e la vitalità del virus si riducono”.

Quali erano i segni clinici manifestati dai pazienti?

Molti pazienti presentavano anosmia, quindi perdita delle capacità sensoriali olfattive, e anche gustative. Inoltre alcune complicazioni riguardavano la formazione di tromboemboli, dovuti al fatto che in alcune circostanze, l’aumento di ferro in circolo favorisce la formazione del d-dimero del fibrinogeno, quindi si viene a creare una condizione detta tromboembolia polmonare rilevatasi, in alcuni casi, letale per certi soggetti. Una sorta di colla, in cui il virus viene intrappolato”.

È questa l’immagine che la dottoressa Campione fornisce per chiarire le funzioni della glicoproteina studiata.

Importanti anche due dati: la rapidità d’azione con cui lavora questa glicoproteina e le sedi in cui agisce. Mucosa nasale, mucosa respiratoria e intestino, sono queste le parti del nostro corpo in cui il virus “abita”, nel sangue non ne vuole sapere di andarci. La lattoferrina “corre” in queste sedi per esplicare la sua funzione. In più la lattoferrina non fa nulla al nostro organismo in termini deleteri, se non potenziare il meccanismo difensivo e cosa ancora più importante è che viene prodotta in maniera innata, dal nostro sistema immunitario. La prova ulteriore della mancata tossicità di questa proteina sta nel fatto che viene somministrata nei neonati negli incubatori e ai bambini pretermine”.

Quali sono gli auspici per il prossimo futuro?

Speriamo di aumentare il numero dei pazienti che possano essere inclusi nello studio che all’inizio era pilota. Le prove dell’efficacia sono alte. Un importante ambito in cui stiamo usando questa metodica è la prevenzione. Non mi sento di affermare che abbiamo trovato la soluzione per eliminare definitivamente il Covid, io sono convinta che il rimedio definitivo sia il vaccino. Tuttavia la supplementazione della lattoferrina è una prova della funzione protettiva di essa. Auspico inoltre una combinazione della terapia standard nei casi più gravi. In questa fase così critica è necessario abbattere il contagio, questa evidenza scientifica supportata da un meccanismo riproducibile e dati incontrovertibili, può costituire un tamponamento, in attesa che arrivi il vaccino”.

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