L’ANT e l’impegno per i fragili in pandemia. «Curiamo a casa i pazienti per scongiurare loro un rischioso ricovero»

by Michela Conoscitore

Durante il lockdown, e tuttora con la pandemia in corso, si parla molto dei fragili. Nello specifico i malati oncologici, più vulnerabili al Covid, con l’inizio dell’emergenza sanitaria hanno assistito al crollo delle poche certezze che, nella loro delicata condizione, possedevano: assistenza ospedaliera assicurata e l’interfacciarsi frequente col personale sanitario. Come sappiamo il Covid ha messo a dura prova le strutture ospedaliere nazionali che sono state travolte dall’ondata pandemica, chiamate con urgenza ad arginare il contagio dilagante. I malati oncologici, quelli in condizioni stabili, si sono visti ridimensionati ma, soprattutto, per la propria sicurezza confinati a casa. Qui è entrata in gioco l’ANT, Assistenza Nazionale Tumori, una delle realtà assistenziali più significative sul territorio nazionale.

L’assistenza domiciliare in Italia dei malati oncologici è una risorsa preziosa non solo per i pazienti ma pure per le famiglie, che percepiscono un supporto stabile e sicuro. Quel che la pandemia ha contribuito a far comprendere, anche ai vertici dello Stato, è la necessità di una sinergia più strutturata e crescente tra Terzo Settore e sanità, pubblica e privata. ANT, pioniera nell’assistenza domiciliare, è stata fondata nel 1978 dal dottor Franco Pannuti; l’associazione si definisce “un ospedale senza muri”, presente in undici regioni italiane e che dedica ai malati e alle loro famiglie un aiuto personalizzato. Nel corso della pandemia ANT ha visto in alcuni casi triplicare il numero di richieste di assistenza, e grazie alla sua rete capillare ha ridotto l’ospedalizzazione dei malati, limitando di conseguenza il contagio e alleggerendo così la pressione sugli ospedali.

bonculture ha intervistato la presidente dell’ANT, Raffaella Pannuti:

Dottoressa Pannuti qual è stato l’impatto, anche psicologico, del Covid sui malati oncologici e sui caregiver?

Abbiamo condotto uno studio proprio su questi aspetti dell’epidemia, coinvolgendo nel periodo del lockdown 114 pazienti e 69 caregiver. Il disagio che ognuno di noi ha provato in quei mesi in particolare, nei pazienti oncologici e loro familiari è risultato amplificato al massimo. I risultati ci confermano l’urgenza del nostro lavoro quotidiano nelle case: prendersi cura a domicilio delle persone malate di tumore, quindi più fragili, le solleva dalla paura e dalla solitudine, le più grandi alleate della sofferenza.

In questo periodo avete assistito a un aumento di richieste di assistenza domiciliare? Quali tipologie di interventi vi hanno visti più coinvolti?

In molte aree le richieste di assistenza hanno raggiunto picchi molto alti (sfiorando anche il +30%) per la chiusura di diversi reparti, la sospensione delle terapie di supporto, gli stringenti protocolli d’ingresso in hospice, ma anche per la paura da parte dei pazienti di contagiarsi o di restare soli nelle strutture. A crescere sono state in particolare le richieste per cure di supporto, simultaneous care ed early palliative care, ossia le cure a pazienti in fase precoce, che sono nel pieno della terapia oncologica e hanno necessità di gestirne gli effetti collaterali.

Quali sono state le difficoltà più pesanti da affrontare per i professionisti ANT nell’assistenza domiciliare dall’inizio del lockdown e durante le varie ondate pandemiche?

A marzo 2020 ci siamo trovati da un momento all’altro catapultati in una nuova situazione. Mentre da un lato la raccolta fondi – essenziale per sostenere economicamente il lavoro dei nostri professionisti – riscontrava pesanti limitazioni, dal punto di vista sanitario siamo rimasti sempre operativi, pur nelle difficoltà iniziali principalmente connesse al reperimento dei dispositivi di protezione.

Il Covid ha modificato il vostro aiuto ai malati?

Salvo i nuovi protocolli in materia di sicurezza, nulla è cambiato nel nostro approccio alla cura: ci prendiamo cura del paziente e della sua famiglia a 360°.

Può raccontarci una storia che l’ha particolarmente colpita e che ha coinvolto i professionisti ANT durante il periodo pandemico?

Medici, infermieri e psicologi ANT sono stati straordinari in ogni parte d’Italia, trovando sempre la soluzione giusta per superare le difficoltà. Di episodi ce ne sono tanti, anche legati al territorio pugliese, ma se ritorno con la memoria a quei primi giorni del marzo scorso, mi viene in mente un episodio in particolare: quando all’improvviso il comune di Medicina, alle porte di Bologna, divenne zona rossa. In quei giorni seguivamo una persona che aveva assoluta necessità di trasfusioni a domicilio. Altri si sarebbero forse scoraggiati, ma il medico di zona non si è dato per vinto contattando forze dell’ordine e sindaco per farsi rilasciare il giorno stesso un nulla osta speciale, continuare la sua attività a casa del paziente e scongiurarne un rischioso ricovero.

L’ANT è pioniera nell’assistenza domiciliare ai malati di tumore, come si è articolato il Vostro lavoro nel corso degli anni?

ANT nasce nel 1978 da un’idea di mio padre, il professor Franco Pannuti, all’epoca primario della Divisione di Oncologia dell’Ospedale Malpighi di Bologna. Tutto è partito dalla visione di una sanità a misura d’uomo, improntata al concetto di Eubiosia, ossia la dignità della vita in ogni momento. Partendo da questi valori e grazie a una rete di volontari che se ne sono fatti garanti e ci aiutano ogni giorno a raccogliere fondi, ANT si è sviluppata a livello nazionale. A oggi abbiamo curato complessivamente a casa oltre 140.000 persone malate di tumore.

Com’è organizzata la rete assistenziale ANT sul territorio italiano? È capillare anche nelle zone meno ‘centrali’ del Paese?

Le nostre équipe sono attive in 31 province distribuite in 11 regioni italiane. In tante aree siamo un presidio indispensabile per pazienti e famiglie che altrimenti resterebbero isolati: siamo presenti infatti nelle grandi città e nei loro hinterland ma anche in centri più piccoli. Dopo l’Emilia-Romagna, dove siamo nati, è la Puglia la regione che ci vede più presenti sin dalla fine degli anni Ottanta: qui siamo operativi con 70 professionisti tra medici, infermieri e psicologi nelle province di Bari, Foggia, Lecce, Taranto e nella BAT, per garantire ogni giorno cure mediche a casa di circa 800 persone malate di tumore.

Con la pandemia si è compreso ulteriormente il prezioso valore aggiunto di ANT nelle cure domiciliari ai malati oncologici?

Nel suo discorso di insediamento anche il Professor Mario Draghi ha parlato della casa come principale luogo di cura e della necessità di potenziare l’assistenza territoriale e domiciliare integrata. Al netto delle differenze tra Regione e Regione, in questi mesi l’assistenza territoriale si è dimostrata insufficiente a livello nazionale. Ora è importante fare tesoro di questa esperienza e porre le basi per un sistema sanitario nuovo, basato su una community centred-care efficace, sostenibile, che punti sull’equità della presa in carico e della distribuzione delle risorse.

Come strutturare una sinergia maggiore e vincente tra il Terzo Settore e la sanità, pubblica e privata?

In questo ultimo anno tanti enti del Terzo Settore come ANT hanno saputo dimostrare professionalità, sostenibilità economica e un impatto positivo e concreto sulla vita delle persone malate e delle loro famiglie. Il tutto con una gestione delle risorse economiche che consente risparmi rilevantissimi per la comunità. È tempo di valorizzare l’esperienza e metterla a sistema con percorsi di cura integrati tra pubblico e privato sociale, definiti a livello nazionale. Ho proposto anche in un recente incontro con il Sottosegretario alla Salute Costa un coordinamento nazionale o regionale su questi temi, per coinvolgere gli enti Terzo Settore attraverso co-programmazione, co-progettazione e accreditamento con le pubbliche amministrazioni.

Dottoressa Pannuti si parla spesso di Terzo Settore, chi meglio di lei può spiegarlo e sensibilizzare sul sostegno alle associazioni e fondazioni che vi rientrano…

Il Terzo Settore siano noi, intesi come società civile. È fatto da cittadini che scelgono di farsi carico dei bisogni di altre persone e che mettono in gioco se stessi per rendere sostenibili nel tempo realtà come ANT. Sono i nostri volontari che con l’impegno quotidiano nella sensibilizzazione e raccolta fondi rendono possibile l’assistenza domiciliare. Per aiutarci ci sono tanti modi, sul nostro sito trovate tantissime informazioni. Ma mi preme raccontarne in particolare uno, ossia il 5×1000. Si tratta di uno strumento potentissimo perché ci permette, come contribuenti, di decidere a cosa vogliamo dedicare parte delle nostre tasse. Si tratta infatti di una quota dell’Irpef: scegliendo a chi destinarla in dichiarazione dei redditi, il cittadino sceglie di sostenere una mission, nel nostro caso ci aiuterà a prenderci cura ogni anno, nelle loro case, di 10.000 pazienti oncologici e delle loro famiglie. Nella propria dichiarazione dei redditi sarà sufficiente indicare il nome Fondazione ANT Italia ONLUS e il codice fiscale 01229650377.

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