«Pronti a fare la nostra parte». La sanità privata ai tempi del covid: una macchina da guerra in soccorso del pubblico

by Daniela Tonti

Per mesi le cliniche private, i professionisti e i laboratori afferenti il mondo della sanità privata hanno offerto una risposta al bisogno di salute del territorio riuscendo ad arginare i danni trasversali della pandemia sul sistema sanitario pubblico: il rinvio dei controlli e dei ricoveri, le diagnosi insolute, la rivalutazione dei piani terapeutici. Senza contare l’attività operatoria ordinaria.

Un potenziale di accoglienza e di posti letto solo parzialmente sfruttato e che potrebbe andare ben oltre quello previsto dai famosi “tetti di spesa”. 

Uno dei gruppi più forti in Puglia è il Gruppo Telesforo cui  fanno capo due cliniche e un centro di analisi recentemente riuniti logisticamente in un’unica grande struttura. Sempre al gruppo Telesforo fa capo Universo Salute Opera Don Uva (Rsa, Hospice, Riabilitazione Funzionale e Centro Alzheimer) un polo per le fragilità: dalla terza età, ai malati terminali, ai pazienti ex ortofrenici.

“Una macchina da guerra”, un’organizzazione complessa in cui nulla è lasciato al caso e che ha retto alle due ondate di covid talmente bene da essere presa a modello e correre persino in soccorso di altre Rsa piegate da focolai tra gli ospiti in provincia di Foggia.

Sulla terza ondata, sui vaccini, sull’isolamento, sui tetti di spesa e sull’attualità del messaggio di Don Pasquale Uva abbiamo intervistato il dott. Paolo Telesforo.

Dottore partiamo ovviamente dal Covid, com’è la situazione?  Dagli ospedali giungono dati allarmanti su aumenti dei ricoveri e su una terza ondata. Voi siete preoccupati? Come vi state preparando? Siete stati coinvolti nel piano nell’emergenza, ci spiega in che modo?

La terza ondata, a cavallo di una seconda non ancora terminata, è una ipotesi possibile e preoccupante per la tenuta del sistema. Noi, da parte nostra, siamo pronti a fare la nostra parte come abbiamo fatto sin dall’inizio della pandemia, mettendo a disposizione le nostre strutture e in nostro Know How per alleviare il peso che grava sulle strutture pubbliche.

Allo stato attuale, per quanto riguarda le mie aziende dobbiamo distinguere due posizioni: Il San Francesco Hospital è una struttura totalmente covid free pienamente operativa che sta sopperendo alla difficoltà di ricoveri delle strutture pubbliche duramente messe alla prova dall’emergenza Covid. Universo Salute Opera don Uva invece è stata identificata come struttura idonea a trattare pazienti covid non gravi che sono stati inviati a noi sia da strutture pubbliche che private in triste “overbooking”. Ovviamente i nostri reparti covid sono totalmente separati dal resto delle strutture del Don Uva che proseguono la loro attività in ambienti covid free.

Parliamo del vaccino, com’è la situazione da voi? Avete iniziato le vaccinazioni sugli operatori? Com’è il programma? Nella seconda fase, potreste erogare i vaccini per il resto della popolazione? Sarete di supporto alla Asl? 

I nostri operatori sono stati tutti vaccinati e siamo totalmente disponibili a diventare hub per i cittadini di Foggia pur di accorciare i tempi di vaccinazione per il bene di tutta la nostra comunità.

Quanto e come avete coadiuvato gli ospedali Covid in questi mesi? Che tipo di pazienti sono arrivati da voi? E per quanto tempo medio? 

Come ho già accennato in precedenza abbiamo collaborato sin dal primo momento dando la nostra piena disponibilità e mettendo a disposizione del coordinamento tutto il nostro Know how. Siamo stati chiamati più volte ad intervenire in soccorso di altre RSA in difficoltà per il covid, sia in provincia che in città. Per il resto non è possibile stabilire una regola di degenza valida per tutti perché la negativizzazione interviene in modo differenziato a seconda delle patologie pregresse e dell’età del paziente.

 Le RSA sono stati luoghi di focolai un po’ in tutta in Italia, le vostre residenze hanno retto il colpo tanto da andare in soccorso con successo anche di quelle in serio affanno come Palena. Qual è il segreto? Un piano strategico di contenimento o tamponi a tappeto?

Una perfetta macchina da guerra. Una organizzazione che non lascia nulla al caso che parte da un gruppo di lavoro interdisciplinare in perenne contatto tra di loro. Uno degli errori più gravi che si possa commettere nell’emergenza è lasciarsi prendere dal panico e agire in modo convulso e disordinato. Le nostre procedure sono state studiate in ogni minimo dettaglio, ciascuno sa esattamente cosa deve fare e cosa fanno e devono fare gli altri con un confronto costante su ogni aspetto dell’evoluzione dei sintomi pandemici e grandissima attenzione a sanificazioni e contaminazioni.

Che misure di prevenzione adottate? Riduzione delle visite dei parenti e delle attività? Come stanno i vostri ospiti a livello psicologico?

Una delle misure di prevenzione più dolorose per i parenti e per i pazienti, ma assolutamente necessaria, è l’abolizione delle visite. Noi siamo stati tra i primi in Italia ad implementare le videochiamate con tablet per tenere in contatto audiovisivo i familiari e i pazienti cercando di non fargli mai mancare il calore e le notizie sulle condizioni di salute dei propri cari. L’aspetto psicologico dei pazienti non è certamente il migliore possibile come non lo è per noi operatori della sanità e per le persone a casa. Non si può essere sereni o rilassarsi mai di fronte ad una pandemia. Il nostro costante impegno è quello di non fargli mancare il necessario calore umano anche a distanza.

La sanità privata ha dato risposte concrete al bisogno di salute in un momento in cui gli ospedali erano blindati, le visite e i controlli anche di una certa importanza (pensiamo ai controlli cardiologici) sospese, gli interventi demandati e le persone erano spaventate. Le cliniche private sono state per mesi l’unica speranza, colmando le lacune del sistema pubblico concentrato sull’emergenza. Sono aumentati i numeri in questo senso? O anche voi avete vissuto momenti di affanno? Quali prestazioni sono aumentate? 

Le nostre strutture hanno continuato ad essere di supporto alle carenze pubbliche nel limite del numero di posti letti accreditati convenzionati. Se ci avessero chiesto e autorizzato maggiori ricoveri lo avremmo fatto tranquillamente avendo un potenziale ben più alto di quello contrattualizzato.

Sono sufficienti le modalità previste dalla convenzione rispetto all’aumento di fabbisogno di prestazioni? Non sarebbe auspicabile un aumento in virtù della situazione emergenziale?

In assoluto e non solo per quanto riguarda l’emergenza. La richiesta di salute, in tempi brevi, richiederebbe maggior numero di posti letto e velocità di visite specialistiche , esami di laboratorio e diagnostica per immagini. Noi siamo pronti sin da ora, in caso ci venga chiesto, di fornire quanto necessario.

A proposito di emergenza, nei mesi scorsi abbiamo visto scene di file di ambulanze in coda al Pronto Soccorso per ore. Che si prova da medico? Alcuni hanno paventato l’ipotesi di innestare percorsi di emergenza urgenza anche in alcune cliniche private. È un’eresia? O il futuro ci porterà in quella direzione? 

Il futuro è in mano alla politica nazionale e regionale. Noi abbiamo un buon rapporto con la Regione che sembra ben propensa a ridisegnare una sanità più efficiente, efficace e economicamente sostenibile che tenga in maggior considerazione l’enorme potenziale che le strutture convenzionate e accreditate possono fornire al “sistema” Puglia.

I medici sono uomini messi di fronte ad una enorme responsabilità, quella di tentare l’impossibile per salvare vite e curare ogni tipo di malattia o trauma. Non sempre l’uomo e la medicina bastano. La bestia alle volte è più forte e bisogna piegarsi al suo volere, ma senza lasciarsi mai abbattere. Non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo essere sempre presenti a noi stessi per agire con lucidità.

All’Opera Don Uva state attivando la riconversione del reparto ex Ortofrenici in struttura abilitata per la riabilitazione neurosensoriale di persone con diverse abilità cognitive. I famosi ex ospiti del manicomio e non solo. Sono passati più di 40 anni dalla legge Basaglia, quanto è lunga ancora la strada secondo lei anche alla luce del lavoro fatto al Don Uva?

La storia è molto lunga e meriterebbe un capitolo a parte. L’Onorevole Emilio Colombo ad una commemorazione per i 10 anni dalla scomparsa di Don Uva ebbe a dire che se si fosse dato maggior ascolto a don Pasquale oggi non si starebbe ancora cercando di mettere rimedio agli errori del passato.

Don Uva ha il grande merito di essere l’inventore di un metodo di recupero della persona fragile di mente attraverso il lavoro e l’autostima, la ricerca di una dignità che solo l’essere utili alla collettività può dare. Prima di lui era isolamento e costrizione, con lui condivisione e integrazione. L’eredità che io ho raccolto parte da Don Uva e cerca di alzare ancora l’asticella. Fino ad ora a livello di assistenza i malati ortofrenici venivano “catalogati” solo per questo aspetto, dimenticando che sono uomini che invecchiano, si ammalano di altre patologie come tutti gli altri e necessitano dello stesso tipo di assistenza. Si figuri che quando ho rilevato il Don Uva, queste persone non avevano neppure l’assistenza del medico di base…

Nel 2022 si celebrerà il centenario della fondazione della congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza, quanto è ancora attuale il messaggio di Don Pasquale Uva? 

Don Uva è stato un visionario, un precursore, un costruttore, un uomo che ha cambiato di molto il concetto di assistenza psichiatrica e ortofrenica in questo paese. Il suo messaggio è sempre centrale perché coincide con quello di San Francesco che insieme a don Pasquale è il mio personale eroe e mentore. San Francesco una volta disse “cominciate con il fare ciò che è necessario, poi ciò che possibile e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. Posso dire che questo motto mi ha ispirato in questi ultimi anni e fa mostra di sé in un quadro all’ingresso del San Francesco Hospital.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.