Scuola e DaD: si parla di recupero, che presuppone una perdita. Ma qualcuno è entrato mai in una classe?

by redazione

Mi fa piacere, da studente del Mezzogiorno, che il nuovo Presidente del Consiglio abbia parlato di scuola, però, mi permetto di osservare, questa attenzione sembra considerare solo l’aspetto quantitativo (aumentare i giorni di scuola), come se fino ad oggi gli studenti avessero impiegato il loro tempo in altro. Chi vive la scuola e nella scuola non può tacere, ha il dovere di affermare con forza che la visione della realtà trasmessa all’opinione pubblica è distorta.

Politici al governo e all’opposizione, oltre ad una certa stampa disinformata, hanno scaricato sulla scuola italiana ogni colpa, compresa la pandemia. Nulla di più normale, dunque, che colpire studenti e docenti, che in questi mesi hanno utilizzato la Didattica a Distanza (una scelta non loro, ma imposta dal Ministero) con un presunto obbligo di recupero.

Vorrei capire cosa c’è da recuperare. Il recupero presuppone una perdita. Qualcuno, prima di parlare di “recupero”, è entrato in una scuola, in una classe? È appena terminato il primo quadrimestre, qualcuno si è preso la briga di verificare se il rendimento scolastico degli studenti sia peggiorato? C’è stata una seria e oggettiva analisi dei dati, dei cosiddetti giorni di scuola “persi”? E, ragionando al contrario, qualcuno ha calcolato quanti contagi si sono evitati, quante vite salvate, quanti studenti e lavoratori fragili preservati e quanti soldi dello Stato risparmiati in cure ospedaliere complesse e dall’esito infausto? Vorrei che qualcuno mi rispondesse, vorrei che, prima di diffondere notizie false sulla scuola italiana qualcuno ci entrasse dentro e vedesse come stanno realmente le cose. Non fa un buon servizio chi intervista una ventina di studenti mentre protestano perché vogliono tornare a scuola. Dovrebbe dire anche quanti studenti preferiscono restare a casa.

In Puglia, potendo scegliere tra didattica in presenza e didattica a distanza, l’80% di famiglie e studenti ha scelto di restare a casa. Chi ha riportato questo all’opinione pubblica? Nessuno, né politici, né giornalisti! Eppure è un dato oggettivo. Chi intervista gli studenti in qualche periferia, mentre sono in collegamento con la scuola, non fa un buon servizio, perché dovrebbe intervistare anche il professore che in quel momento era collegato dall’altra parte e chiedere se il ragazzo, prima della DaD era uno studente modello o uno studente demotivato. Perché, mi dispiace dirlo, ma chi non studiava e non frequentava la scuola prima della DaD, non ha studiato e non ha partecipato alle lezioni neanche con la DaD. E allo stesso modo, chi andava a scuola un giorno a settimana, quando la scuola era in presenza, ha continuato a farlo anche con la DaD. È questa la sacrosanta verità, ed è questa che bisogna raccontare agli italiani. E poi io, che sono dentro la scuola, ho visto docenti (non me ne vogliano i miei professori, lo dico con affetto e con orgoglio) non proprio nativi digitali, che all’inizio hanno lavorato duramente per adattarsi alla nuova didattica digitale, hanno investito tempo e impegno pur di veicolare, attraverso tutti i mezzi informatici a disposizione, il loro patrimonio culturale e raggiungere tutti i loro studenti, nessuno escluso.

Non c’è stata soluzione di continuità tra orario di lezione e orario pomeridiano, attivati tutti i canali comunicativi a nostra disposizione, il contatto tra docenti e studenti è diventato continuo e costante nell’arco della giornata. I docenti erano sempre lì, anche solo per dirci: “io ci sono”. Neanche un giorno di scuola è andato perduto, anzi, le giornate si sono allungate. Però, adesso, “bisogna recuperare”. Gli scienziati, in particolare uno, intervistato, ha dichiarato -testuali parole- “chi dice che la scuola non è luogo di contagio vi racconta balle”. Il numero di studenti e docenti in isolamento o con sintomi di Covid, tutti contagiati in ambiente scolastico, sta crescendo in modo esponenziale da quando si è decisa la riapertura. Sia chiaro a tutti: c’è un’epidemia in atto, il problema è il rischio di contagio, non la DaD. Sono testimone diretto di come la scuola sia andata avanti fino ad oggi, nonostante la pandemia e grazie alla DaD. Credo che nessuno, men che meno chi è fuori dalla scuola, possa affermare il contrario.

Gabriele Cela

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