Strada, comunità e servizio, il volontario Giampaolo Longhi: “La nostra vocazione è essere cittadini del mondo e aiutare il prossimo in ogni circostanza”

by Gabriele Rana

Da esploratore a vincitore del premio Focsiv 2019, Giampaolo Longhi ha sempre cercato di seguire nella sua vita quella promessa che ogni scout compie: “aiutare il prossimo in ogni circostanza”.

Lui stesso ha espresso queste parole, appena undicenne, nell’associazione FSE della chiesa dello Spirito Santo e il suo ideale di solidarietà ha scavalcato la i cancelli di quella parrocchia, arrivando a Varsavia, in Portogallo e in Etiopia. In questo momento si trova in Libano e attende il visto per poter iniziare la sua nuova missione in Siria, dove si occuperà di pianificare le costruzione e la riparazione di scuole e acquedotti. Bonculture, a un anno dal premio Focsiv come volontario dell’anno, ha fatto una chiacchierata con Giampaolo Longhi per sapere di più sulla sua storia e sul suo esempio di lavoro nella cooperazione internazionale.

Viene detto spesso che la nostra società è diventata fortemente individualistica, e che l’uomo di questo millennio è portato sempre di più a mettere da parte la collettività, per favorire se stesso o, al massimo, una ristretta cerchia di eletti. Guardiamo ai volontari e ai cooperanti come persone speciali, fuori dal comune per la loro sensibilità, per il loro voler aiutare il prossimo: “Ma io non mi sento speciale. Se essere volontari significa essere speciali, viviamo in un mondo di merda – afferma Giampaolo durante l’intervista, ridendo – Non mi sento tale perché per prima cosa non sono l’unico, siamo tanti volontari che operano nel contesto ben definito della cooperazione internazionale. Certo, chi entra in questo contesto ha una forte sensibilità e un qualche tipo di vocazione. Questa consiste nel comprendere che non siamo solo cittadini della nostra città o del nostro Paese, ma del mondo”.

La sua vocazione si è manifestata fin da bambino, quando ha indossato per la prima volta l’uniforme color cachi e ha interiorizzato la mentalità dello scoutismo, che lo ha portato “a non guardare solo al mio orticello, ma a pensare anche al prossimo, a cercare di migliorare, anche di poco, il mondo. Noi volontari operiamo affinché lo spirito del volontarismo diventi normale nel mondo che vogliamo”.

Dai banchi del Liceo Scientifico Alessandro Volta al Dipartimento di Economia, ha sempre tenuto a mente questa lezione: “Ho abbracciato lo stile di vita del Roverismo, che vede come capisaldi la strada, la comunità e il servizio. La strada non necessariamente indica il viaggio: il rover cerca di lasciare il mondo meglio di come l’ha trovato attraverso il proprio servizio e non lo fa da solo, ma in comunità”.

A Varsavia prende un Master in Fondi Europei e lì scopre che la Puglia rientra tra le regioni sottosviluppate d’Europa. Poteva scegliere qualsiasi altra cosa, ma decide di tornare a Foggia e cercare di fare qualcosa per il suo territorio tramite il DARe, il Distretto Agroalimentare Regionale: per tre anni si occupa di organizzare progetti di ricerca e sviluppo tramite i fondi del MIUR, ma con l’amarezza di tutti i giovani che abbandonano la nostra terra, è costretto a lasciare la sua città: “Da quel momento  ho riempito il mio zaino ed è iniziata la mia strada. A Bologna ho lavorato in una cooperativa sociale che si occupava di gestire l’accoglienza dei migranti in Emilia Romagna ed è lì che ho scoperto  qual era la mia competenza e, soprattutto, la cooperazione internazionale. Come uno sherpa aiuta gli scalatori per le spedizioni sulle vette dell’Himalaya, così io volevo organizzare progetti che portassero al bene comune”. Da quel momento il suo ideale diventa il suo lavoro ed entra come cooperante nella CVM (Comunità Volontari per il Mondo. “Lì ho fatto la conoscenza della mia direttrice Marian Lambert, una donna fantastica con un valore etico estremamente elevato: è stata la persona giusta al momento giusto. È stata lei ad affidarmi l’organizzazione dei progetti in Etiopia”. Di quegli anni rimarranno sempre impressi i ricordi di tutte quelle persone che hanno ringraziato lui e gli altri suoi colleghi, come quando ha visitato uno dei villaggi in cui era riuscito a impiantare un sistema di acqua corrente o il ricordo di quando la sua associazione è stata accolta e ascoltata da Sahle-Uork Zeudé, unica donna ad essere Capo di Stato in Africa.

Ma rimarranno impresse anche quelle terribili storie di cui un’intervista o un racconto non potranno mai trasmettere a pieno la sofferenza: “In Etiopia ci occupavamo di accogliere le migranti rientrate in Etiopia dal Libano. Nella maggior parte dei casi, queste donne sono vittime del sistema della kafala”. Si tratta di un  sistema che porta lo Stato libanese a non tutelare il lavoratore immigrato, la cui vita viene totalmente affidata a un datore di lavoro, che lo sfrutta. “Abbiamo accolto una ragazza, partita minorenne e che aveva lasciato in Etiopia i suoi due figli e suo marito per lavorare come lavoratrice domestica. È arrivata da noi incinta: era stata stuprata dal padrone di casa. Ha partorito nel nostro centro ed è stata assistita dai nostri psicologi, ma non sapeva come ritornare dal marito con un bambino non suo. Il neonato è morto una settimana dopo il parto. In questo caso bisogna fare un grande sforzo mentale e cercare di contestualizzare la situazione per comprendere che, in questo modo, si è liberata ed è potuta tornare dal marito chiedendoci di mantenere il segreto, nonostante la grande sofferenza affrontata dalla ragazza, che aveva perso il figlio tenuto durante tutto il viaggio per ritornare in patria”.

Grazie ai progetti condotti in Etiopia, Giampaolo Longhi ha vinto il premio Focsiv, la Federazione organismi cattolici servizio internazionale volontario, come volontario dell’anno 2019, ma ci tiene a specificare che “più di un premio alla persona, sono stati premiati i temi e i progetti affrontati le migrazioni e la tutela delle lavoratrici domestiche”.

Ad Agosto Giampaolo è ritornato in Italia, il progetto in Etiopia aveva preso forma e lui ha deciso che era giunto il momento di lasciare le responsabilità per cui si era tanto impegnato in quegli anni. Ha deciso di continuare gli studi con un’università londinese e di cambiare ONG, adesso lavora con WeWorld, un’organizzazione più grande.

“In realtà lo spirito del volontariato – come ha affermato Giampaolo durante l’intervista – riguarda tutti i mestieri nel momento in cui si decide di fare qualcosa per il bene degli altri”. Ma solo alcuni rendono questo ideale il loro lavoro e il loro obiettivo nella vita: come Giampaolo che adesso, anche se è periodo natalizio, è lontano dalla sua famiglia e dai suoi parenti, ma è pronto per iniziare nuovi progetti in Siria.

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