Barbara Palombelli e le ragioni del male

by Enrico Ciccarelli

Non ho particolari ragioni di simpatia verso Barbara Palombelli. Credo anzi che la gravità delle sue affermazioni improvvide a proposito dei comportamenti “esasperanti” delle donne che potrebbero essere causa dei femminicidi imporrebbe misure disciplinari da parte dell’Ordine dei Giornalisti e soprattutto la sospensione del programma (o della sua conduzione) da parte di Mediaset.

Si ha però l’impressione che molti suoi detrattori, come capita spesso ai partecipanti ai linciaggi social, la critichino per le ragioni sbagliate, e soprattutto che non abbiano inteso il maldestro richiamo alla giurisdizione che è contenuto nelle parole della giornalista. “Siamo tenuti a interrogarci su questo aspetto perché siamo in un tribunale” ha detto la giornalista. Una bugia, perché Forum non è neanche per sbaglio un tribunale, ma solo la sua triste e trista parodia; ma anche una profonda verità, per quel che riguarda i tribunali veri.
Vediamo di capirci: Forum non è “Un giorno in Pretura”, cioè non è un esercizio di indagine sulla realtà del diritto e dei processi. È una fiction costruita a tavolino dagli autori, interpretata da attrici e attori. La donna abusante protagonista della puntata come convenuta è probabilmente la persona più mite e inoffensiva del mondo, costretta da esigenze di scena a indossare i panni della virago. Gli autori del programma hanno probabilmente ritenuto che facesse audience allestire una rappresentazione controcorrente, che dopo tanto parlare di violenza degli uomini sulle donne mettesse al centro dell’attenzione la violenza delle donne sugli uomini.
Una strizzata d’occhio al becerume, senza dubbio, che l’insipienza della Palombelli ha tramutato in catastrofe. Ma questo non significa affatto che non esistano donne abusanti o violente. Un campione statistico non comparabile a quello delle donne abusate, picchiate e violate, ma esistente. Negarlo è contrario non solo alla verità dei fatti, ma a logica e buonsenso.
Certo, sono come le madri crudeli e rapaci che impoveriscono i mariti separati e per sovrammercato impediscono o ostacolano il rapporto dei mariti stessi con i figli: una pozzanghera, paragonata alla pletora di cosiddetti padri che occultano i loro beni per caricare sulle spalle dell’ex-coniuge (talora indigente) tutti i costi del mantenimento della prole. Ma questo non significa che non se ne debba parlare o le si debba rimuovere. Diversamente trasformiamo il complesso e storicamente connotato fenomeno degli abusi sulle donne in un’area metafisica di lotta del Bene contro il Male, in una perenne Armageddon in formato Opera dei Pupi.
Con queste avvertenze e precauzioni, Barbara Palombelli ha detto un’elementare verità: in un processo, anche per il più atroce dei reati, vanno indagate tutte le circostanze che possono attenuare o aggravare le responsabilità dell’imputato. Una delle attenuanti riconosciute dal nostro ordinamento è l’avere agito in stato d’ira a causa di una ingiusta condotta della vittima. Significa che il comportamento degli assassini può essere giustificato? Mai, in mille anni; ma va analizzato, valutato, compreso. Se così non fosse, essendo i femminicidi quasi tutti opera di rei confessi, non avremmo nemmeno bisogno di fare i processi, e non dovremmo costringere l’imputato ad avere un avvocato, che svolgerà il suo lavoro e farà il suo dovere anche cercando di conquistare il maggior numero possibile di attenuanti per il suo cliente, anche indagando sui comportamenti della vittima.
Ecco, l’impressione è che sia proprio questa ritualità della giurisdizione a infastidire il tribunale dei social, che ritiene come nel vecchio West, che siano sufficienti un ramo solido, una corda ben insaponata e un cavallo per risolvere il tema dei giudizi e delle sanzioni. È chiaro che un po’ tutti si sia garantisti per quanto ci riguarda e forcaioli per tutto il resto. Ma la maestà e la serenità del diritto passano anche per la capacità di tacitare le nostre legittime indignazioni e il nostro –pur sacrosanto- pregiudizio,
Il femminicidio, la violenza domestica, lo stupro e le altre delizie del patriarcato vanno rigettati e respinti senza alcuna remora o deroga. È già vomitevole che alcuni media insistano ad usare al proposito la parola “amore” (“non accettava la fine del loro amore” è locuzione da schifo e da brivido); se poi dobbiamo come al solito affannarci a spiegare in quale modo le donne se la siano cercata siamo oltre ogni pur minima decenza. Ma questo è vero fino alle soglie dei tribunali: perché il giudice più ferocemente contrario al patriarcato (o ad esso favorevole, purtroppo) avrà il preciso dovere di dimenticarsene; perché non sta giudicando un fenomeno generale, ma quell’accadimento specifico. I tribunali sono il luogo che abbiamo creato, che la nostra civiltà ha creato perché vi abbiano cittadinanza anche le ragioni del male. La sventurata Palombelli lo ha detto nel peggiore dei modi possibili, e con una irresponsabilità che è secondo me incompatibile con la sua funzione pubblica. Ma ha detto la verità.

P.S.: Un sentito ringraziamento a Monica Mariani per avere, con le sue riflessioni e considerazioni, ispirato questo pezzo, che potrebbe risultare irritante o ambiguo. Il fatto è che quando una strega, la più brutta e malvagia che si possa immaginare, viene arsa sul rogo, ho l’ambizione di credere che chi fa il mio mestiere debba spegnere le fiamme anziché attizzarle. E soprattutto che non si debba mai, ma proprio mai, avere paura dei punti interrogativi.

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