Enrico Letta e la linea Pelle’

by Enrico Ciccarelli

Come nel Castello dei destini incrociati, opera d’occasione di Italo Calvino (la scrisse per illustrare la raffinata pubblicazione Tarocchi – il mazzo visconteo di Bergamo e New York di Franco Maria Ricci) le storie possono essere raccontate in modo ribaltato o capovolto a seconda del senso in cui le si percorre. La turpe vicenda dell’affossamento del Disegno di Legge Zan potrà quindi essere narrata come la storia del tradimento di Italia Viva e del pravo Matteo Renzi, Efialte dei valorosi opliti posti a difesa delle Termopili, ovvero come quella della supponenza arrogante dell’asse Pd-Leu-Cinquestelle, che non hanno voluto ascoltare allarmi e richiami alla cautela e sono andati a sbattere.

Di sicuro l’affondamento della norma che dava una specifica fattispecie ai reati compiuti per odio omofobico e transfobico non è avvenuto ieri nell’Aula di Palazzo Madama, ma alcuni mesi fa, ad inizio estate, quando fu abbastanza chiaro a tutti che il testo non avrebbe ottenuto l’assenso della maggioranza dei Senatori. Si può discutere se servisse una mediazione di merito, con la dolorosa rinuncia agli articoli sull’identità di genere autopercepita e fluida e alla giornata dedicata al tema nelle scuole di ogni ordine e grado, ovvero se, come sostenuto da una bandiera dei diritti civili come Ivan Scalfarotto, si dovesse puntare sulla moral suasion per convincere qualche senatore in bilico.

Personalmente ritengo che nessuna concessione avrebbe guadagnato al provvedimento il voto favorevole di Fratelli d’Italia e della Lega, ma che sarebbe stato possibile indurre la parte liberale del centro-destra a modificare la propria contrarietà. Difficile però che nell’imminenza della partita per il Quirinale Silvio Berlusconi si facesse sedurre da un accordo tattico. In ogni caso il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha scelto la linea Pellè. Ve lo ricordate il quarto di finale degli Europei 2016 contro la Germania? I ragazzi di Antonio Conte la giocarono al meglio, ma senza riuscire ad andare oltre l’uno a uno fra regolamentari e supplementari. La lunghissima sfida ai rigori che ne seguì si ricorda anche perché Graziano Pellè, fisico formidabile, ma giocatore di qualità non eccelsa che in Nazionale faceva da centravanti-boa, pensò bene di irridere prima del tiro il portiere dei Panzer Manuel Neuer, allora e tuttora fra i migliori estremi difensori del mondo. Rigore calciato malissimo, parata relativamente facile di Neuer, e figuraccia in mondovisione per l’attaccante salentino.

Letta, meno prestante di Pellè e assai di lui più tecnico, ha però mostrato la stessa insipiente arroganza. Prescindendo dal fatto che alcune parti del disegno di legge erano scritte in modo abbastanza ambiguo e pedestre, lasciando perdere le voci di dissenso che provenivano non solo da destra, ma da ampie parti del movimento femminista (davvero basta proclamarsi donna per esserlo?), ostentare sicurezza sui numeri in un contesto nel quale non solo i margini sono risicati, ma in una situazione di fibrillazione dei gruppi parlamentari dem e pentastellati che la metà basterebbe (non casualmente il più feroce critico della conduzione Pd è l’ex-capogruppo Andrea Marcucci) appare più penoso che temerario. Specialmente se, con buona pace degli ora o mai più! delle varie Cirinnà, il Nazareno non ha fatto le barricate per votare prima della pausa estiva.

Il tardivo ramoscello d’ulivo offerto al centrodestra dopo avere sfruttato il bonus diritti civili in tutta la campagna per le amministrative non poteva che essere rifiutato, perché appariva (ed era, probabilmente) figlio della paura e non della ragionevolezza. Perché la politica e il saperla fare non si improvvisano, e non si può credere sia fatta di proclami e autoassegnate virtù, in una assurda lavagna dei buoni e dei cattivi. Per quello c’è già Fedez.

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