Foggia salvata dai ragazzini

by Enrico Ciccarelli

Prove tecniche di una diversa Foggia. Con i suoi cartelli, la sua ironia, la sua giovinezza. Con i suoi limiti, certo: le sue ingenuità, i suoi errori la sensazione che le diffidenze siano più forti delle convergenze, che nuovi e vecchi attori, isola dei famosi e spiaggia degli ignoti abbiano molte difficoltà di comunicazione.

Ma intanto questa Foggia diversa c’è, e non è limitata al paio di centinaia di anime salve che hanno sacrificato un po’ della loro domenica pomeriggio. Non è una Foggia social, è una Foggia sociale. Parla di mafia, ma anche di parchi gioco, di trasparenza e di differenziata, di cultura e diritti, ma anche di bisogni.

Foggia è sprofondata non quando è arrivato Landella, e nemmeno quando i clan si sono fatti più feroci e organizzati, e nemmeno quando tutto –a leggere le cronache- è diventato piccolo cabotaggio di mance e mazzette. È sprofondata quando ha smesso di dare del tu al futuro, quando si è pensata, è stata narrata, si è descritta come terra della disperazione e del “si salvi chi può”. Quando si è votato a pelle, di pancia, di calcolo; per protestare e non per proporre; per avere e non per dare. Perché tanto sono tutti uguali e chi mi battezza mi è compare.

Lasciando ai tribunali le verità dei codici, è tempo di ricominciare: con un centrodestra che potrebbe smetterla di essere luogo di faide personali e familiari; con un centrosinistra che potrebbe tornare a chiedersi se è qualcosa d’altro rispetto all’occupazione massiccia e spregiudicata del potere e all’obbligo di arruolare chiunque pur di ottenerlo; con un Movimento Cinque Stelle che potrebbe finalmente prendersi le responsabilità di un consenso a due cifre anziché rimanere chiuso nella comfort zone dei meet-up, ammesso che esistano ancora. E con tanti altri che possono portare nuove cose, nuove parole, nuove idee.

Come sempre si tratta di mettere insieme il pane e le rose, la dura concretezza del quotidiano e l’orizzonte degli ideali. Per niente facile, specialmente con pochi mesi a disposizione. Ma per fortuna ci sono loro, le ragazze e i ragazzi che di mestiere vogliono cambiare il mondo. Ci riusciranno? No, come non ci siamo riusciti noi e quelli prima di noi. Ma faranno un buon lavoro, se glielo lasceranno fare partiti e movimenti, associazioni e volontariato, professori e giornalisti. E se gli daremo delle bandiere, vivaddio! Delle parole d’ordine, delle canzoni. Qualcosa che proclami l’esistenza di un sogno e la volontà di realizzarlo. Altrimenti, tanto vale tenerci Frengo. Perché nella città senza sogni il suo successore potrebbe essere persino peggiore.

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