Grande Fratello? No, grazie

by Enrico Ciccarelli

Salve.

Oggi ho deciso di fare coming out: sono contrario alle videocamere di sorveglianza, o per meglio dire sono contrario al loro proliferare indiscriminato e al fatto che questa spesa sia quella maggiormente prioritaria nella nostra città.

Lo dico anche se non sono al soldo dei clan. In ogni caso, se all’ascolto ci fosse qualche mafioso in vena di generosità, può utilizzare l’Iban che comparirà in sovrimpressione alla fine del filmato. Scherzi a parte no, non nutro alcuna simpatia per la mafia, che a tutte le latitudini è per me quella montagna di merda di cui parlava Peppino Impastato. È perché considero innaturale e spaventosa la pervicace attività di spionaggio che sta facendo di noi altrettanti ospiti di un gigantesco Grande Fratello.

Come sapete questo reality deve il suo nome al personaggio del dittatore nel romanzo distopico 1984, di George Orwell: quel mondo è caratterizzato proprio da una ubiqua videosorveglianza. Che nel nostro caso è unita ad una pervasiva rete di intercettazioni telefoniche e ambientali. Sono strumenti investigativi indispensabili? Non direi proprio_ non solo perché dal maxiprocesso di Palermo contro Cosa Nostra a diversi procedimenti in sede locale abbiamo ottenuto fior di condanne senza farvi ricorso, ma anche perché diversi clamorosi processi che hanno riguardato il nostro territorio, basati soprattutto su questa attività di ascolto si sono risolti in un clamoroso fallimento in sede dibattimentale.

Cito per tutti l’inchiesta sul cosiddetto Gruppo dei Cento a Foggia e quella Mafia&Appalti che vide protagonista Gianrico Carofiglio quando non era ancora un apprezzato romanziere. Perché questo tipo di strumento investigativo è pericolosamente fuorviante, determina una ricostruzione della realtà spesso forzata o immaginaria.

Un esempio recente? Quello delle tangenti sull’appalto dei servizi informatici al Comune di Foggia. Abbiamo letto tutti intercettazioni nelle quali si parla di somme destinate al sindaco Landella; ma il sindaco è estraneo all’inchiesta, ritengo perché gli accertamenti svolti hanno permesso di accertare che soldi non ne ha mai presi, e quell’intercettazione è frutto di millantato credito. Ma allora perché inserirla nell’ordinanza e quindi diffonderla?

Abbiamo poi assistito allì’incredibile dichiarazione del Procuratore Vaccaro, che ha messo alla gogna mediatica un cittadino colpevole del reato di paura, perché temerva ritorsioni da parte dei suoi estorsori che erano stati arrestati. Non so voi, ma avrei avuto paura anche io. E cito questo episodio perché Ludovico Vaccaro è persona irreprensibile e magistrato di grande perizia e scrupolo. Se può incorrere lui in un infortunio del genere, ho paura di quello che potrebbe combinare qualche magistrato meno degno.

Il problema non è “avere qualcosa da nascondere”: il problema è non affidare il nostro diritto alla riservatezza al capriccio del caso, all’abuso e all’arbitrio, anche quando fatto in buona fede. E non demonizzare scelte politiche e amministrative legittime: se penso sia meglio destinare le risorse per la videosorveglianza al finanziamento dei centri antiviolenza? O ai servizi didattici di quartiere? O alla musica? Posso avere ragione o avere torto, è chiaro. Ma non per questo sono criptomafioso. Forse fa più comodo alla mafia uno Stato che dà poche risposte ma pretende di farmi un mucchio di domande. Anche su dove vado e con chi parlo.

Alla prossima.

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