Il dilemma del mandarino e lo sciacallo di Via Matteotti. Sappiate che è uno di noi

by Enrico Ciccarelli

Caro giovane concittadino che a Foggia, in via Matteotti, sulla scena del tragico incidente che è costato la vita a Camilla Di Pumpo, di te quasi coetanea o di pochi anni più grande, ti sei con intraprendenza e destrezza impossessato del suo cellulare finito sul selciato, infilandolo di soppiatto in una tasca e poi allontanandoti all’inglese, qualcuno probabilmente biasimerà il tuo operato, magari con parole forti.

Io non lo farò. Certo, il cellulare non era tuo, e il tuo gesto, se non come furto, è qualificato dalla legge (quella legge che Camilla serviva da avvocato alle prime armi) come appropriazione indebita. Ma che problema c’è? Chi volete che badi a questi dettagli, in questa città non solo di sopraelevazioni, gazebi e soppalchi, ma di interi insediamenti abusivi (e mica baraccopoli)? Nella città dei clan, del Comune sciolto, delle batterie trionfanti, vogliamo gettare la croce addosso a qualcuno per una ragazzata del genere?

Fra l’altro il cellulare sembrava essere di buona marca e di ottimo modello, con il suo guscio di gradienti verdi, azzurrini o corallo. Un cellulare sicuramente in grado di affrontare il 5G, con efficientissimo sistema GPRS, multitasking emptivo, l’ultima versione di Android o IOS, una fotocamera da selfie da 8 o addirittura da 16 megapixel, una dotazione software perfetta con tutta la panoplia social, da instagram a tiktok. Insomma, un cellulare ganzissimo, tale da destare l’invidia degli amici e l’ammirazione delle tipe, uno strumento di duratura promozione sociale. Perché, diciamocelo pure con franchezza, amico mio, hai un po’ di carenze di autostima, la tua vita è avara di soddisfazioni e quel cellulare abbandonato lì ha proprio le fattezze di un dono del destino.

Consideriamo inoltre che, anche se non sei un medico, è facile comprendere che a Camilla non serve più: perde sangue, sta forse pensando ai suoi cani, al suo fidanzato, al lavoro che ama. Starà pensando al suo futuro, o ha già compreso che non ne avrà uno? Forse è in imbarazzo, percependo le ferite del suo corpo esposte a tutti, in attesa che arrivi l’ambulanza, per l’ultima disperata corsa. Forse invece non ha più dolore e la sua canzone preferita la sta accompagnando in un sogno di tenera dolcezza e di piume. Chi lo sa? Magari, come dice qualcuno, le è passato davanti in un attimo tutto il film della sua breve vita, magari l’ultimo cosa cui è riuscita a pensare è stato un insignificante dettaglio. Ma non sono affari tuoi, giusto? Chi si fa i fatti suoi campa cent’anni, e tu, a differenza della proprietaria del tuo nuovo cellulare, potresti anche riuscirci.

Di sicuro nessuno può rimproverarti nulla: non sei tu ad avere causato l’incidente, non sei tu ad avere massacrato quella giovane donna piena di vita e di sorriso, non sei tu che non le hai prestato soccorso. Certo, non l’hai fatto, ma lo spiegano bene in tutti i telefilm di Netflix (lo so, non hai l’abbonamento, ma usi le credenziali dell’amico che te le ha passate, come per Spotify) che è troppo pericoloso spostare le vittime di un incidente, così bisogna che arrivi chi se ne intende.

Sei stato a guardare, perché ogni tragedia ha il suo piccolo pubblico di morbosi, che imprecano e deprecano, ricordano tempi immaginari in cui non sarebbe successo, deplorano che si muoia giovani e via così. Ma l’unico abbastanza sveglio da pensare alle cose importanti, cioè raccattare il cellulare, sei stato tu. E per questo dovresti ricevere delle pubbliche congratulazioni, altro che rimproveri. Perché chi non si dà da fare, chi non coglie l’occasione, chi si fa frenare da scrupoli insensati, è una zavorra per tutti. Chi vuole sia pecora e perda tempo a piagnucolare; tu fai il lupo e ti allibri uno smartphone da urlo.

La nostra città ha bisogno di gente pragmatica e risoluta come te. Credo che potresti prendere in considerazione la possibilità di candidarti a sindaco, visto che il ruolo è vacante, o almeno a presidente del Consiglio Comunale. In fondo chi meglio di te può rappresentarci, chi più di te incarna i nostri valori identitari? Nessuna empatia, culto assoluto del proprio interesse, ma solo di quello immediato, autoconvincimento di essere nel giusto, abolizione del rimorso.

Sai, un tizio che non conosci, perché non si studia all’Università della vita dove ti sei formato tu, enunciò il dilemma del mandarino. Quel tizio, Honoré de Balzac, si chiedeva quanti, potendo arricchirsi con la morte di un vecchio mandarino cinese (cioè per definizione, di un uomo colto e saggio) senza muoversi da Parigi avrebbe esitato a farlo, concludendo che sarebbero stati pochissimi. Oggi, nella società liquida e atomizzata che ti è toccata in sorte, siamo tutti il mandarino cinese di tutti gli altri. Quella ragazza sventurata che moriva a due passi da te era per te più remota e aliena di una venusiana o una plutonica. Mentre il cellulare ti era consueto, familiare, opportuno. Non siamo forse la provincia d’Europa con il più alto numero di telefonini per abitante?

Ah, voglio dirtelo, c’è un piccolo, trascurabile inconveniente. L’unico numero che puoi chiamare da quel cellulare così acquisito è il 666. Ma ti sconsiglio vivamente di farlo. Potrebbero rispondere.

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