Il genius loci di Ematologia

by Enrico Ciccarelli

Salve. Questa puntata di “strettamente personale” sarà ancora più personale delle altre e parlerà in particolare a una persona, il dottor Vitangelo Dattoli, che è il direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti, il nostro Policlinico, a Foggia.

Dottor Dattoli, lei con ogni probabilità non mi conosce; io però conosco lei, e la conosco come uno dei migliori manager sanitari di questa Regione, non per caso quello che, oltre ad avere la gravosa responsabilità dei nostri Ospedali Riuniti, è stato chiamato a gestire l’interim del Policlinico di Bari, il più grande nosocomio pugliese.

La chiamo in causa a proposito del Reparto di Ematologia del nostro Policlinico, che a quanto letto, sulla scorta di quanto già avvenuto per altre articolazioni ospedaliere, starebbe per essere chiuso a vantaggio del corrispondente reparto universitario. Sono sicuro che questa ipotesi corrisponde a ottime ragioni di natura organizzativa, economica o entrambe. E tuttavia va scartata, non le va dato corso. Non certo perché mi interessi il rapporto, che spesso è di competizione più che di collaborazione, fra strutture universitarie e non universitarie. Né tantomeno con la pretesa di insegnarle un mestiere che ha più volte dimostrato di saper fare.

La mia obiezione ha motivazioni del tutto diverse: lei, che ha fatto il Liceo Classico, ricorderà senz’altro come era affollato il pantheon degli antichi romani. Oltre trentamila dei, frutto della commistione fra il culto olimpico dei Greci e le mitologie animistiche proprie dei Celti.

C’erano divinità come i Lari e i Penati, delle città e delle famiglie; e dei fiumi, e dei boschi; e c’era il genius loci, lo spirito che era specifico di un certo luogo, di un certo posto. Il Reparto di Ematologia degli Ospedali Riuniti di Foggia non può essere chiuso o derubricato perché vi abita un nume tutelare, una divinità. Una divinità gentile, timida sommessa, piena di tatto e di discrezione.

È l’anima e il memoriale di Michele Monaco: del medico, del grande medico che di quel reparto è stato il fondatore e l’anima fino a quando non ne ha ceduto il testimone al suo successore, il professor Ferrandina e a quanti sono venuti dopo di lui.

Quel reparto è il lascito e l’eredità di un uomo, che ci ha lasciati solo pochi mesi fa, che ha combattuto le patologie del sangue e le leucemie da quando erano una condanna a morte certa a quando sono divenute una malattia grave ma affrontabile, curabile, talora guaribile.

Un’epopea di donne e di uomini, di bambine e bambini, di disperazioni e speranze, di lutti e salvezze. Una storia che è più grande di me, che è più grande di lei, che ci sovrasta tutti. E che fa di quel luogo un luogo sacro alla comunità.

Non è la scelta migliore in ordine ai criteri contabili, a quelli manageriali? Pazienza. È la migliore per l’anima. Lei è persona troppo intelligente per non comprendere che un luogo che produce salute non è fatto solo di macchinari, letti, cannule, camici, personale.

Per funzionare deve avere dentro qualcosa in più, la chiami empatia, cuore, anima, o più semplicemente fraternità: e quel qualcosa in più ce lo hanno messo i Luigi Imperati, gli Antonio Pellegrino, i Michele Monaco; i grandi chirurghi, i grandi professionisti, le grandi persone che ci hanno resi migliori.

Il mio caro amico ed ex-datore di lavoro Potito Salatto, che lei conosce e che come sa la stima, mi ha sempre detto, da medico abituato a fare impresa, cose importanti sui grandi disastri prodotti da un’idea meramente contabile o funzionalistica della sanità.

La pandemia ce li ha fatti scoprire e ce li sta facendo pagare. Dimostriamo che questa lezione ci è servita a qualcosa. Proviamo a capire quanto è necessario quello che la nostra superficialità ci fa ritenere superfluo.

Tenga aperto quel reparto, onori quel lascito, rispetti questa memoria. Grazie. Con stima.

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