Il presidente Mattarella ci ridà l’onore e dà il viatico ad Unifg e al Rettore Limone

by Enrico Ciccarelli

Non è di grande rilievo o importanza che la feccia social abbia vomitato i suoi veleni sul presidente della Repubblica, venuto a inaugurare l’anno accademico dell’Università di Foggia. Il qualunquismo becero è forse la subcultura più prossima e contigua a quella mafiosa, che ha per sé fasce consistenti dell’opinione pubblica del nostro territorio.

In realtà la presenza di Sergio Mattarella in via Caggese non ha avuto niente di casuale o di meramente cerimoniale. È stato –è fuor di dubbio- un meritato riconoscimento al nostro giovane Ateneo e al suo dinamismo, ma anche il chiarissimo segnale politico con il quale il più alto rappresentante delle istituzioni ha voluto rassicurarci dopo che su alcuni centri di Capitanata non dei minori e infine sullo stesso capoluogo, è calata la scure dello scioglimento delle amministrazioni per mafia.

Il Capo dello Stato, mai venuto qui per tutto il suo settennato (l’ultima visita quirinalizia risale a vent’anni fa, con Carlo Azeglio Ciampi e la tragedia di viale Giotto), è venuto a stringere in un abbraccio ideale la nostra comunità, elencando nel suo breve discorso, in ordine tutt’altro che casuale, i quattro pilastri della lotta alla criminalità organizzata: l’azione repressiva delle forze dell’ordine e della magistratura, la presenza di istituzioni trasparenti ed efficienti nel rispondere ai bisogni dei cittadini, un’economia in grado di generare lavoro e ricchezza, e la formazione delle coscienze, funzione nella quale le agenzie educative e su tutte l’Università (come ricordato anche nella bella prolusione di Daniela Dato sulle povertà educative) hanno una naturale primazia.

La cerimonia, scandita da una perfetta organizzazione sia nella gestione di ingressi e accrediti, sia nel rigoroso rispetto dei tempi, ha rappresentato davvero una bella occasione per Foggia, mostratasi del tutto all’altezza degli elevati standard richiesti dal Quirinale. I misurati e brillanti interventi della rappresentante del personale Carmela Clemente e di quello degli studenti Mirko Pio Bruno, che hanno evitato qualsiasi scivolone corporativo, ma anche –perché no?- la perfetta esecuzione dell’Inno di Mameli (decisamente migliore di quella che troppe volte accompagna le partite della Nazionale) da parte di studentesse e studenti del Conservatorio diretti dal Maestro Angelo Ceddia, hanno permesso a un raggiante Pierpaolo Limone di sciorinare stoffe pregiate, broccati e tessuti preziosi del nostro Ateneo.

Ovviamente l’investitura di Mattarella, che candida l’Ateneo a padre nobile supplente della politica ammutolita e delle istituzioni in crisi di legittimazione, ha l’obbligatoria condizione di un rapporto con il territorio che è nel Dna dell’Università di Foggia, e che il Rettore legittimamente magnifica, ma che è ben lontano dall’essere ottimale. Sotto più di un aspetto Università e pianeta dei saperi, mondo delle competenze, esternalità responsabili di vario ordine e galassia dell’associazionismo e del volontariato sono ancora mònadi incomunicanti, ciascuna avvitata al proprio particulare e in difficoltà sul piano della visione di sistema.

Un ottimo banco di prova per dare un colpo di reni a questo rapporto potrebbe essere proprio la richiesta di Limone di dare all’Università la Caserma “Miale”. Un’idea di Giulio Volpe che Maurizio Ricci aveva fatto cadere, e che può rappresentare  un’occasione irripetibile di rigenerazione urbana, ma anche di rigenerazione sociale, per usare l’espressione di Limone. Sarebbe utile però comprendere il quadro di sostenibilità economica per l’acquisizione di un bene così imponente (con i costi immaginabili); capire se questo gigantesco immobile ridurrebbe o azzererebbe la presenza dell’Ateneo in via Gramsci e nella stessa via Caggese (dove c’è il nodo irrisolto della coesistenza con l’ex-Iriip); decidere se quegli enormi spazi potrebbero divenire anche un luogo di associazioni e di cittadinanza attiva, e così via.

Il viatico di Mattarella dovrebbe indurre l’Università a far uscire il tema dalle anguste stanze del dialogo interistituzionale e dargli respiro più partecipato e diffuso. Perché non c’è dubbio che l’alterità universitaria sia utile a proteggere autonomia e libertà dell’Ateneo; ma se le linee di confine fra città e Università non diventeranno molto più sottili e accessibili sarà molto difficile che il vessillo di Unifg campeggi in testa all’esercito di Foggia nella battaglia fra le più difficili del suo millennio scarso di storia. Per il momento grazie, presidente.  

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