La Gazzetta del Mezzogiorno e l’heri dicebamus

by Enrico Ciccarelli

È una gran bella notizia, il ritorno in edicola della “Gazzetta del Mezzogiorno” dopo otto lunghi mesi di assenza. Una bella notizia per quella comunità giornalistica, innanzitutto, e che mi fa piacere anche per l’affettuosa amicizia che mi lega a diversi suoi componenti. Ma è una bella notizia per il nostro territorio, per una grande regione del Sud ammutolita per via giudiziaria da uno scandalo assoluto (il prolungato sequesto delle azioni all’editore Ciancio) di cui nessuno ha avuto il coraggio di parlare.

Gaetano Salvemini, quando tornò in cattedra a Milano dopo il ventennale esilio cui lo aveva costretto il Fascismo, cominciò la sua lezione con Heri dicebamus (Ieri stavamo dicendo…). Non era il presuntuoso tentativo di ignorare la storia, ma al contrario di rivendicarla: di rivendicarne la radice e la sostanza sotto la tempesta dei mutamenti. In ambito molto meno drammatico, ci pare che la nuova “Gazzetta” provi a fare altrettanto, a rinnovare un rapporto con il lettore che passa anche per una certa gabbia grafica, un determinato uso del colore.

Ma non bisogna fidarsi delle sole apparenze: ci sono permanenze anche nel bell’editoriale di Oscar Iarussi, che comprensibilmente sottolinea gli aspetti di continuità, ma fin dal titolo (Sempre nuova è l’alba) marca una spinta innovativa, una ripresa di slancio, un nuovo inizio. Ci pare che nelle intenzioni del direttore, non per caso un intellettuale di riconosciuto prestigio, ci sia la consapevolezza del radicale invecchiamento ontologico del giornale cartaceo, che al tempo di internet deve abbandonare i tradizionali cavalli di battaglia dell’informazione locale, cioè la nera e lo sport.

Un giornale –ci si aspetta- di taglio maggiormente culturale, più incline alle storie, più comunitario. Che significa, a modesto parere di chi scrive, attenzione al turbolento mondo dei social, vocazione a connettere ciò che è remoto con ciò che è prossimo, capacità di fornire al discorso pubblico margini e punteggiatura. Un’avventura affascinante, che a Foggia sarà particolarmente impegnativa, e che avrà bisogno di tutte le comprovate capacità dei colleghi. A questa stregua, nomi come quelli di Filippo Santigliano, Massimo Levantaci e Raffaele Fiorella, per tacere di altri importantissimi apporti, sono una garanzia.

Il ritorno della Gazzetta è una buona notizia, ritengo, anche per l’Edicola del Sud, che da una concorrenza insidiosa può trovare l’opportunità di migliorare quelli che a me paiono marchiani errori di impostazione e di conduzione. Mi auguro sia dichiarata conclusa a breve la fallimentare esperienza dell’inutile e pretenzioso giornale nazionale (l’inserto di otto pagine chiamato Italia e spacciato per testata autonoma) e possano essere meglio valorizzate le capacità dei tanti bravi colleghi, da Giulia Ricci a Natale Labia, da Gianluca Coviello a Maddalena Mongiò a Mara Chiarelli, che lavorano alle pagine regionali.

Non meno importante è la dotazione dei collaboratori del dorso regionale, anche loro non sempre utilizzati nel modo migliore. Una squadra con dentro Antonella Soccio, Mimmo Cicolella, Loris Castriota, Antonello Abbattista, Mario Schena, Vincenzo D’Errico, Michele Lauriola, Stefania Troiano, Rosaria D’Errico, Anna Ricciardi, Antonio Bruno, Teresa Rauzino, Alessandro Galano, Roberta Miscioscia e Dalila Campanile può sicuramente reggere l’urto, malgrado la grandissima esperienza dell’ammiraglia Gazzetta.

È un’ottima notizia anche per i dorsi regionali di RepubblicaCorriere del Mezzogiorno, che hanno il non lieve vantaggio rispetto ai quotidiani editi in Puglia di mostrare una maggiore dose di autonomia e di indipendenza rispetto al potere regionale (che reagisce talvolta in modo isterico). E per quanto riguarda noi Foggiani, è un’ottima notizia anche per l’Attacco, che a mio parere, alleggerito dai compiti generalisti di cui ha dovuto assumere la supplenza, potrà rafforzare le sue caratteristiche identitarie.

Sono gli ultimi fuochi, naturalmente: la crisi della stampa quotidiana è un fenomeno planetario, e non sarà questa inedita fioritura pugliese a ribaltarla. In un arco temporale misurabile più in anni che in decenni, è prevedibile che i giornali cartacei seguano la sorte dell’emittenza locale, che oggi chiude per via burocratica un percorso di mezzo secolo che ha avuto i suoi momenti di fulgore (lo dico con malinconia anche personale) Ma in attesa di un aliquid novi, di un futuro che sarà crossmediale e digitale, è bello vedere che il tramonto è addolcito da una nuova ricchezza, e non dalla miseria alla quale ci eravamo tristemente abituati.

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