Marcello Ariano e la fresca ferita della sua assenza. Nel segno del Rosone

by Enrico Ciccarelli

Troppo fresca la ferita dell’assenza di Marcello Ariano perché il convegno a lui dedicato nel primo anniversario della scomparsa si sottraesse del tutto alla mozione degli affetti. né poteva essere sufficiente a frenare i lucciconi la scanzonata simpatia di Giustina Ruggiero e Michele dell’Anno, partecipi e impeccabili conduttori. Crediamo tuttavia che questo non sarebbe del tutto dispiaciuto al letterato e storico di Torremaggiore, che cercò in vita ed opere il legame fra le vaste grandezze e le minute vicende, tra i valori scolpiti nel bronzo e le piccole magie della fraternità.

Una fraternità che Ariano cercò soprattutto nel prezioso cenacolo del giornalista ed editore Franco Marasca che sapeva intuire e scoprire i talenti, la cui opera prosegue oggi con l’attività della moglie Falina e delle Edizioni del Rosone. Circolo di pensiero e di studi di cui nell’Auditorium della Magna Capitana c’era una scelta rappresentanza, a cominciare da quel Duilio Paiano che incarna una stagione del giornalismo locale decisamente più felice dell’attuale.

Fascista senza nostalgie, reazionario privo di fiele, Ariano visse e scrisse da inattuale, ma con un tratto di mitezza (quella mitezza che la direttrice della Magna Capitana Gabriella Berardi ha giustamente ricordato) e una cifra identitaria di equilibrio che gli permetteva di stare altrove rispetto alle meschinità delle dispute e all’ottusità delle classificazioni. Nel non affollatissimo panorama degli intellettuali di destra del nostro territorio, ha dato un prezioso contributo agli studi biografici su alcuni degli elementi pugliesi di maggiore spicco del regime fascista, da Araldo di Crollalanza a Gaetano Postiglione, ma anche di protagonisti assoluti della ricostruzione postbellica come  Rosario Labadessa.

È inevitabile, tuttavia, che l’amorevole ricordo a cui hanno posto mano, fra gli altri, Maria Staffieri, Gianfranco Piemontese, Pasquale Bonnì, trovi maggiore alimento nel poeta che nel saggista. Le quattro sillogi pubblicate in vita da Ariano trovano un perfetto punto d’arrivo nell’ultima, Alla clessidra c’è rimedio, nell quale la riflessione sul tempo e sulla caducità della vita contempera malinconia e ironia, freschezza e decadimento. Poesie di metrica inconfessata nascosta nell’impaginazione, con onomatopee giocose ed endecasillabi che cercano di non prendersi troppo sul serio. Liriche mai banali, sempre gradevoli, talora solenni. È vero, quello che scrivi, Marcello: «la memoria è più crudele nel meridiano frinire di cicale». Dice un tuo verso: «Ti hanno chiamato senza preavviso nella città del silenzio». Lo sapevi che parlavi di te?

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