Orazio Landella e il gettone telefonico

by Enrico Ciccarelli

Salve. Non so dire quanto siano attendibili le notizie di stampa secondo cui Franco Landella vorrebbe procedere a una sorta di autocommissariamento, delegando a un vicesindaco, che sarebbe l’assessore Nembrotte, tutte le sue funzioni, a somiglianza di quanto fece a suo tempo Orazio Ciliberti. Se il sindaco ci sta pensando, secondo me lo fa in danno a di se stesso e della città.

Perché lo dico? Innanzitutto perché parliamo di due situazioni completamente diverse. Anche allora c’erano inchieste che riguardavano Palazzo di Città e chiamavano in causa il sindaco, ma si trattava obiettivamente di parva materia, anche se la Procura del tempo vi dedicò molto tempo e molta energia. Non si profilava quella che sembra essere la corruzione sistemica evidenziata dalle inchieste.
Di più: la personale stanchezza di Orazio Ciliberti non si estendeva alla sua maggioranza: rissosa e frammentata come è d’uso dalle nostre parti, ma priva di atti politici di disimpegno come quello –per esempio- di Fratelli d’Italia.

Infine, non per ultimo,e con tutto il rispetto per l’assessore Nembrotte, Ciliberti poté contare sulla presenza di una figura come quella di Potito Salatto, cioè una personalità di forte caratura imprenditoriale, non schiacciato sui partiti, che aveva già dato buona prova di sé come assessore alla Cultura e nei mesi in cui svolse il suo incarico supplente dimostrò buone capacità politiche, anche nel tumultuoso rapporto con i consglieri.
In questa fase dovremmo proseguire il mandato con un Consiglio profondamente trasformato da sospensioni, dimissioni e surroghe, con una Giunta in pieno apprendistato e una Commissione prefettizia insediata per valutare possibili infiltrazioni mafiose. Uno scenario apocalittico, che potrebbe addirittura peggiorare se il lavoro degli inquirenti portasse altre clamorose novità.

Sfugge quale sarebbe la finalità di questo film horror: se ne intravede solo una. L’opportunità di chiudere la finestra elettorale di ottobre in modo che il centrodestra, e forse lo stesso Landella, abbiano il tempo di riorganizzarsi. È un calcolo legittimo, e per la verità il riordino e il ridisegno degli schieramenti politici sono un’esigenza diffusa ben oltre i confini del centrodestra.

Ma sembra, come è già successo altre volte a Foggia, che sfugga la percezione complessiva di quanto sta accadendo- Sia a livello nazionale, dove la stagione del Governo Draghi sta cambiando dalle fondamenta l’edificio della politica; sia -soprattutto- qui da noi. L’idea gattopardesca che tutto possa cambiare restando come prima, quella che –come dice il proverbio siciliano- il giunco debba chinarsi in attesa che passi la piena non sono giuste o sbagliate: sono folli. Riguardano una realtà, quella degli accordi, delle camarille, degli organigrammi che non esiste più, che è più inutilizzabile di un gettone telefonico.

Franco Landella ha tutto il diritto di irridere i quattro gatti –uso la sua espressione- del No-Landella Day. È il gioco della democrazia. Ma forse dovrebbe preoccuparsi anche un po’ della crescente insofferenza di quei quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due che in piazza non vanno, ma che non ne possono più di lui e della triste e trista condizione in cui ha ridotto la nostra città. Però, se preferisce ripararsi dall’acquazzone con un ombrellino da cocktail, chi siamo noi per contraddirlo? Alla prossima

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