Ridare cittadinanza al giornalismo per evitare il giornalismo di cittadinanza

by Enrico Ciccarelli

Credo che quanti in Capitanata si ostinino ciecamente, talora scioccamente, a fare il mestiere più bello del mondo debbano essere grati a Gennaro Pesante, collega del nostro territorio arrivato all’Ufficio Stampa della Camera dei Deputati, per avere organizzato l’incontro svoltosi stamane a Palazzo Dogana, intitolato Foggia e la Capitanata, un caso aperto. Altri racconterà su Bonculture chi vi ha partecipato e cosa ha detto, ma dal mio punto di vista è stato bello vedere figure di primo piano della nostra professione giunte da noi a discutere della sua pratica desertificazione sotto l’egida della Provincia e della Consulta per la Legalità.

A me pare che il nocciolo del problema stia proprio in questa intitolazione, che cerca di inquadrare –se ho ben capito- il crollo del sistema informativo nel più generale travaglio del territorio. Non c’è altra strada.

Con tutto il rispetto per quanti si mobilitano e lavorano per le tutele contrattuali, per i miglioramenti retributivi, per le guarentigie deontologiche e per l’incolumità personale dei giornalisti, in tempi di colossale riduzione delle opportunità è piuttosto difficile costruire spirito di colleganza e di categoria. Se i posti di lavoro o le occasioni di reddito sono dieci e gli aspiranti a coglierle sono mille, ciascuno dei giornalisti del territorio è il nemico naturale dell’altro. Per ragioni umane, pre-sociali.

L’iniziativa promossa dalla Consulta e da Gennaro Pesante

La battaglia comune è invece doverosa perché sia restituita alla nostra professione la sua natura di pietra angolare dell’edificio democratico. Perché –lo dice la logica e lo dicono i numeri- l’impoverimento del sistema informativo, la scomparsa di una o più voci non dà maggiore sforza o spazio a quelle che rimangono. Non credo che i quattro mesi di assenza dalle edicole della Gazzetta del Mezzogiorno (uno scandalo di matrice giudiziaria) abbiano generato copie vendute in più per i quotidiani rimasti, se non in modo marginale. Né le preziose forme innovative di informazione generata dal web o dalla circolazione sui social media possono vivere di vita propria senza il supporto dell’informazione tradizionale, cartacea o audiovisiva che sia.

Da questo punto di vista, se la battaglia per la legalità non vuole essere la mera adorazione di un feticcio, la difesa dell’informazione e della comunicazione sono vitali. La difesa di tutta la comunicazione e di tutta l’informazione, perché è pretesa temeraria e assai pericolosa pretendere di distinguere una informazione buona da premiare e una cattiva da penalizzare. Anche le tossine della malainformazione e delle fake news possono essere superate ed espulse solo dall’irrobustimento complessivo del comparto, non dal suo frazionamento.

Questa dignità e questa indispensabilità della comunicazione dovrebbero essere difese e promosse innanzitutto dagli alfieri della legalità. Se davvero la Commissione Commissariale chiamata a reggere il Comune di Foggia per i prossimi diciotto mesi vuol fare davvero il suo dovere, ripristini immediatamente, nelle forme più trasparenti e oculare che si possono immaginare, l’Ufficio Stampa. Con risorse interne, se ve ne sono; tramite mobilità da altri Enti o ricorrendo a una selezione esterna. Perché l’idea che un capoluogo di media grandezza possa evitare di comunicare è di inconcepibile ottusità e arroganza.

Mi pare, e spero che organizzatori, relatori e partecipanti al convegno di stamane possano convenire con me che questo sarebbe un piccolo gesto simbolico. Utile non solo a fornire un po’ di reddito a qualcuno dei tanti nostri colleghi che non sanno come sbarcare il lunario (prima o poi qualcuno arriverà a proporre il giornalismo di cittadinanza), ma anche e soprattutto a ripristinare il valore di una funzione, oggi percepita come superflua o addirittura nefasta. Ed è questo sonno della ragione, assai più della crisi economica, della mafia, dell’inesistenza della politica, ad avere colpito al cuore il giornalismo. Proviamo a svegliarci, proviamo a svegliare.

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