Marianna Madia, già ministra della Pubblica Amministrazione, ha detto in una intervista che la pressione di molti perché siano riaperte le scuole è una battaglia ideologica. Ha ragione. È una richiesta basata su una scelta valoriale, su un sistema di priorità. Ed è ideologica anche la battaglia opposta, quella di chi ha fatto in modo che le scuole italiane chiudessero fra le prime in Europa e riaprano, forse, fra le ultime. Dal Governo alla Regione Puglia, questa battaglia ha una chiarissima impronta reazionaria.
Lascio agli scienziati la decisione sulla maggiore o minore pericolosità della riapertura delle scuole in termini di contagi. Il virologo Pierluigi Lopalco è convinto che sia elevata, l’Istituto Superiore di Sanità dice il contrario. Nemmeno voglio soffermarmi sul danno formativo che ne deriverà, sull’impegno come sempre eroico di molti insegnanti e sullo scandaloso menefreghismo di altri, perché il corpo docente italiano contiene da sempre sia il meglio che il peggio del nostro Paese.
Vorrei però sottolineare che è trasparente la natura autoritaria di questa aggressione alla scuola, che è l’aggressione ad uno dei pochi ascensori sociali rimasti in Italia, uno dei pochi luoghi in cui le differenze e le diseguaglianze di ceto e di censo possano essere non dico annullate, ma attenuate.
Cito ad esempio il post che su facebook ha fatto Michele Emiliano a commento della sua ultima ordinanza, che ripropone la bizzaria della scuola on-demand, per cui le famiglie scelgono liberamente fra Dad e didattica in presenza, con un pastrocchio formativo assai bizzarro.
L’ordinanza parla appunto di libera scelta, anche se fissa la Didattica a distanza come forma normale e quella in presenza come opzione da comunicare. Ma Emiliano non la intende così. Dice che i genitori che scelgono la didattica in presenza devono fare una domanda motivata che i dirigenti scolastici devono vagliare.
Così l’accesso a un servizio pubblico essenziale, garantito dall’art.34 della Costituzione, diventa non un diritto, ma una concessione. I poteri pubblici, a causa della loro incapacità di garantire la salute e la sicurezza delle nostre scuole, mi dicono che sono io cittadino a dover motivare il mio desiderio di usufruirne, non loro a doverlo rendere possibile.
È questa la torsione autoritaria che sta progressivamente prendendo piede nel nostro Paese e in Occidente, altro che bubbole idiote sulla dittatura sanitaria. Ed è –quel che è peggio- un autoritarismo che non serve –come nelle dittature tradizionali- ad affermare principi, valori e ideologie, per quanto perversi. Serve solo a camuffare incapacità e incompetenza. Per questo bisogna scatenare le cacce all’untore e trovare sempre qualcun altro a cui dare la colpa. E per questo bisogna tenere chiuse le scuole: perché il sapere e la conoscenza, ma anche la coesione sociale, di cui le scuole sono il primo laboratorio e il primo cantiere, sono i nemici giurati dell’incapacità.
Per questo ha ragione chi dice –anche Lopalco- che è di vitale importanza immunizzare gli insegnanti; e per questo quella sulla scuola è la madre di tutte le battaglie. Ideologica, e proprio per questo doverosa. Grazie.
“Strettamente personale” è la rubrica del giornalista free lance Enrico Ciccarelli. “Incursioni estemporanee” per recensire eventi culturali o commentare vicende politiche locali e nazionali, o proporre riflessioni di varia natura.