Torna il fascino di piazza Cavour, “dove ha regno il sole autentico”

by Micky De Finis

Non un colpo di magia ma il battito nobile di un cuore ha restituito ai foggiani piazza Cavour al fascino di un tempo, un luogo simbolo per la comunità, dove la potenza stravolgente dell’arcaico e dell’originario tornano a raccontarsi in nome di una bellezza ritrovata.
È probabile che Vincenzo Cardellicchio, prefetto di mestiere, Commissario Straordinario del Comune di Foggia,uomo colto,raffinato e determinato si sia ispirato proprio ad Ungaretti per rimettere in ordine una delle piazze più significative della città.
E già perché forse non tutti sanno che il poeta venne e soggiornò a Foggia cui dedicò una delle sue prose più delicate.

Erano gli anni trenta quando Giuseppe Ungaretti giunse a Foggia, una tappa di quel suo infaticabile viaggiare.
È in questa piazza oggi rinata, che Ungaretti restò colpito dalla trinità sorgiva della pietra, dell’acqua e della luce.
Un incontro di certo folgorante per “ quell’innocenza assetata ed arida ed insieme feconda ed amniotica, caratteristica di un’umanità purissima, primordiale”.
Un impatto tanto profondo da risultare fatale perché ispirò il suo genio poetico a comporre “Prose Daunie”, poi inserite nella raccolta “ Il deserto e dopo” (1934).
È l’enigma del sole e dell’acqua che torna ad insinuarsi nelle crepe di una terra immensa, quel Tavoliere che «s’apre come un mare» e che gli ricorda l’Africa, a trafiggere Ungaretti al momento del suo arrivo che descrive con parole di pietra :
“Non saprei dirvi dove potreste trovare una cosa più sorprendente e commovente, e augurale, delle tante fontane che s’incontrano oggi fra le palme, arrivando a Foggia. Foggia e le sue fontane! Non è quasi come dire un Sahara diventato Tivoli?
“Certo in tutta la Puglia l’acqua potabile ha un valore di miracolo, e c’erano nella regione zone più secche, tutto sasso; ma dove più amabile mi parrà la voce della volontà, se non in quest’acqua ultima arrivata? Spezzando la luce del sole, è la più festosa di tutte”.
La rima del poeta allude alle Ville Estensi di Tivoli, dov’era di casa.
Ad Ungaretti, che era nato e aveva studiato ad Alessandria d’Egitto, Foggia e le sue tante fontane sembrano “ Africa gioconda e dissetata” ed ancora “qui ha regno il sole autentico, il sole belva. Si sente dal polverone, fatti appena due passi fuori”.
E fu proprio il solleone prepotente di Foggia a suggerirgli poi il componimento “ Luglio Pugliese”.
A ben vedere la splendida Fontana del Sele, con i suoi incantevoli giochi d’acqua che riverberano verso ogni angolo della piazza non rappresenta solo un elegante elemento decorativo al centro di una piazza cittadina ma sembrerebbe essere lì, da sempre, a testimoniare il flusso di una vitalità che a Foggia non è mai venuta meno.
E pensare che il destino di uno dei più potenti simboli identitari di Foggia avrebbe dovuto essere quello di essere demolito e sostituito subito dopo le celebrazioni per la storica realizzazione del tratto foggiano dell’Acquedotto Pugliese, nel 1924.
La fontana, e quell’acqua, cercata ed attesa per secoli, hanno invece continuato a simboleggiare la speranza di vita di una città e di una intera comunità duramente provate dall’orrore della guerra, che lasciò profonde ferite anche a Piazza Cavour.
Il propileo neoclassico, elegante filtro che separa la vasta spianata pentagonale della piazza dalla Villa Comunale, ribattezzata Parco Karol Wojtyla, è infatti la ricostruzione post bellica dell’originale ottocentesco, distrutto dai bombardamenti del 1943.
Torna dunque la piacevole sensazione che la vita di Foggia sgorghi proprio da Piazza Cavour. La particolarità della sua forma e dello spazio così definito, tutto si concentra in questo luogo per rilanciare e rafforzare i flussi vitali di una comunità che non ha mai smesso di riconoscersi in simboli che il volto più buio della storia ha tentato di cancellare.
Rivedere oggi quella piazza è come realizzare un sogno che diventa realtà perché dimostra che è possibile, bisogna dirlo, che la mano dell’uomo si lasci sedurre dalla forza del cuore se questo è abituato ad amare sempre e comunque, anche quando tutto sembra consegnarsi all’oblio e all’incuria.
Al Giuseppe Ungaretti Foggia ha dedicato una piazza delle sue contrade.
A Cardellicchio i foggiani dovrebbero saper dire semplicemente grazie per aver saputo leggere nell’animo di una comunità.
Lo ha fatto in maniera rapida, elegante e determinata sorretto sempre da un sentimento di dedizione silenzioso ma operoso.
Perché riportare quella piazza al suo originario splendore è significato far riemergere frammenti della storia di una comunità che erano nascosti negli abissi di una interiorità collettiva che bisogna saper rispettare.

Foto di Marzia Allevi per Stato Quotidiano

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