Viale Giotto, il Parco della Memoria. Water droplet, l’evoluzione di un’idea

by Roberto Pertosa

Se uno stolto getta un sasso in uno stagno, nemmeno cento saggi riuscirebbero a trovarlo.

Questa è la storia semplice dell’evoluzione di un’idea, evocazione di un gesto malsano.

Un sasso è caduto, ha creato un vortice, effetto di una causa e generatore di un’onda anomala, ma ora anche e soprattutto origine di vita.

L’onda si propaga a velocità supersonica, è incontrollabile, travolge tutto e tutti lungo il suo tragitto; è l’eco senza ostacoli che si diffonde oltre i confini e coinvolge un’intera comunità. Quella foggiana.

Una spontanea intuizione che definisce uno spazio visivamente permeabile tra gli spazi aperti, ipotizzando una dilatazione morfologica del campo spaziale, e nel contempo, la percezione dell’impronta del suo disegno al suolo riscatta il concetto di piazza, quale luogo pubblico, dal suo abituale e diffuso anonimato.

In questa prospettiva la piazza, attualmente spazio vuoto e banale, con forma e funzione residuale rispetto al costruito, diventa luogo di massima qualificazione e risultato di uno scopo: vivibilità, percorrenza, evocazione e meditazione.

Gli spazi attuali risultano fortemente deficitari di senso urbano e d’identificazione dello spazio pubblico. La stessa definizione di piazza risulta ardua da applicarsi a questa area, dove i luoghi dello stare sono marginali rispetto alle arterie di traffico che la circondano.

Eliminiamo qualsiasi contaminazione permanente. La piazza diventa pedonale.

Una piazza è pur sempre un vuoto urbano, la cui qualità dipende in primo luogo dallo scenario che la incornicia. Il percorso in questo caso è atipicamente inverso. Lo scenario è agghiacciante, e rappresenta il vuoto; la piazza diventa il volano di riqualificazione urbanistica dell’intero insediamento attraverso l’accentuazione della sua centralità spaziale e relazionale e compiuto tirante di innervamento urbanistico, e rappresenta simbolicamente l’inquadratura.

E’ la città che si materializza dentro la piazza, e non la piazza nella città.

La piazza però non vive da sola; necessita di essere formata da uno o più fondali prospettici, anche diversi ma unitari, che costituiscano il vero sistema generatore dello spazio aperto.

Nasce il concetto di crocevia.

Tre accessi distinti, morfologicamente preesistenti, segnati da portali lacerati in acciaio corten, generati spazialmente dalla propagazione del nucleo generatore, e gerarchicamente differenti.

La gerarchia si evidenzia con la presenza del nastro luminoso a terra, identificatore di percorrenza, il quale rompe la piazza e ponendosi come traccia, fornisce una nuova chiave di lettura dello spazio.

Al crocevia giungono gli altri due assi fondamentali, da via Lucera e ancora da viale Giotto.

Alla confluenza, eccolo il nucleo generatore.

Un gorgo ellittico.

La piazza si scompone e si articola su due piani sovrapposti inscritti l’uno nell’altro, tra loro distinti per il livello rispetto al piano stradale. Al livello inferiore accediamo tramite una rampa ellittica spiroidale.

Silenzio, siamo nel memoriale.

Proiezione inversa del dissolto preesistente, trafitto da 67 corpi luminosi, distinti, individuali, che rompono la terra, si innalzano oltre l’orizzonte, e si proiettano verso l’infinito.

Li vedo, dovunque io sia. Mi si mozza il fiato. E’ l’origine della vita, e l’intimo mondo dell’anima.

P.S.

I punti, le linee curve, le superfici, si tramutano in oggetti. I punti si trasformano in sedute, individuali e non, dalla forma semplice. Le superfici sono pavimentazioni in pietra naturale, nella sua tonalità classica dell’ocra chiaro, secondo la texture delle geometrie di progetto, parallele al nastro luminoso, e il cui prevalente monocromatismo è stemperato dalla presenza delle linee curve che diventano, in parte, scie erbose le quali segnano lo spazio e dividono i flussi pedonali offrendo alternativamente libere sedute. Il progetto del verde riguarda quindi solo pochi altri segni essenziali e soprattutto pochi nuovi episodi.

Tra questi, le quinte a terra che durano la propagazione definendo gli spazi di pertinenza degli edifici preesistenti senza escluderli dagli avvenimenti, e lo sfondo prospettico al memoriale mediante uno spazio alberato che funge da quinta conclusiva. L’illuminazione, a integrazione degli appositi apparecchi convenzionali, prevederà ulteriori elementi illuminanti costituiti da lampade Led incassate a terra fra gli alberi, da fibre ottiche entro le fughe dei bordi perimetrali dei manti erbosi, e da quelle poste sotto le panche lapidee, concedendo un effetto decorativo immateriale.Tutti gli attuali collegamenti meccanizzati principali rimangono invariati perché ormai consolidati e ritenuti funzionali al raggiungimento dello spazio di progetto.

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