105 anni fa ebbe inizio a Manfredonia la Prima Guerra Mondiale

by Maria Teresa Valente

Mentre ‘il Piave mormorava calmo e placido al passaggio / dei primi fanti il 24 maggio’, Manfredonia, “prima fra tutte le città adriatiche, sperimentò impavida la rabbia austriaca ed il fulgido valore italico”, come riporta una targa visibile ancora oggi in piazza Marconi.

Questa targa, che fu apposta alla presenza di autorità civili e militari otto anni dopo l’inizio del primo conflitto bellico mondiale, racconta che la Grande Guerra cominciò proprio nel golfo della Capitanata.

Era l’alba del 24 maggio 1915. E pioveva. I giornali annunciavano a caratteri cubitali l’ingresso dell’Italia in guerra, ma nessuno sembrava percepirne ancora il pericolo reale. Intanto, nell’Adriatico, all’altezza di Barletta, fece capolino un’unità da battaglia austriaca, l’Helgoland (3500 tonnellate di stazza e armata di 12 cannoni). A pattugliare il mare c’erano due cacciatorpedinieri italiani: l’Aquilone e il Turbine.

Il Turbine era il più vicino all’incrociatore austriaco ed al suo comando vi era il valoroso capitano di corvetta, Luigi Bianchi, genovese, classe 1873. L’Helgoland era più potente e meglio armato dell’unità italiana, ma il comandante Bianchi, niente affatto intimorito, s’ingegnò per una strategia che poteva essere vincente: lasciarsi inseguire dal nemico per portarlo in trappola verso le Tremiti dove sapeva che c’erano altre navi italiane, tra cui il Libia.

L’Helgoland iniziò l’inseguimento facendo rotta verso il Gargano. Quando arrivò nel Golfo di Manfredonia, alcuni ingenui pescatori sipontini, credendola una nave italiana, si avvicinarono per offrire i loro servizi. Il burbero comandante austriaco chiese loro dove si trovasse la stazione, riferendosi a quella telegrafica.

All’inizio del secolo scorso, su via delle Antiche Mura, e precisamente nel torrione di San Francesco, vi era infatti un telegrafo che serviva per comunicare a distanza. I pescatori fraintesero e pensarono che il comandante austriaco si riferisse alla stazione del treno. Indicarono quindi quella conosciuta ancora oggi come ‘stazione campagna’ e che a quei tempi si trovava fuori città, e la colpirono con ben 100 bombe.

Fu una fortuna, perché la gente ebbe modo di fuggire. Invece, se fosse stata bombardata la stazione telegrafica nel centro di Manfredonia, sarebbe stata una strage. A ricordare quell’episodio, vi è un’altra targa sulla facciata della stazione campagna sulla quale si legge: “Il primo giorno della guerra nazionale l’odio austriaco con cento colpi tirati dal mare franse questo edifizio non l’animo dei cittadini fidenti nella vittoria”.

Intanto, nel Golfo di Manfredonia giunsero altre due navi nemiche, il Cspel e il Tatra. Il comandante Bianchi sapeva di essere in trappola, ma decise di vendere cara la pelle. La battaglia infuriò e il Turbine venne colpito ripetutamente, molti uomini caddero dalle fiancate e lo stesso Bianchi fu ferito alla testa. Tuttavia, scrisse il comandante sul suo diario di bordo, “l’equipaggio lavorava serenamente, nonostante la pioggia di granate nemiche che sempre era incessante ed intensa”. Continuò a lavorare come nulla fosse anche un marinaio a cui una scheggia aveva amputato l’avambraccio.

Ormai alle strette, per non consegnare la nave al nemico, le valvole vennero aperte, il Turbine imbarcò acqua e si allagò piegandosi su un lato. I superstiti si schierarono sul ponte di coperta, Bianchi ordinò l’ultimo saluto alla bandiera, e all’unisono gli uomini gridarono: “Viva l’Italia, viva il Re!”.

Venne messa in acqua una scialuppa per i feriti e i superstiti. L’unico a rimanere a bordo fu Bianchi, che non voleva abbandonare la nave, ma il capo timoniere si arrampicò sulle lamiere che stavano per essere inghiottite dai flutti e con un tuffo lo portò via con sé, mentre un enorme gorgo inghiottì il Turbine adagiandolo sul fondale del golfo, dove i resti giacciono ancora oggi.

All’orizzonte spuntò il Libia, ma ormai era troppo tardi. Al largo di Manfredonia si era consumata la prima cruenta battaglia navale che diede ufficialmente inizio all’entrata dell’Italia nella Grande Guerra. 

Affondamento cacciatorpediniere
Il comandante Bianchi

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