Alla scoperta dei tesori di Rodi Garganico

by Teresa Rauzino

Santuario della Madonna della Libera

Nel ricordo della popolazione di Rodi Garganico, la leggenda dell’arrivo della Sacra Icona della Libera è tuttora viva. Si racconta che una nave veneziana, giunta da Costantinopoli, non riuscisse a proseguire il viaggio, perché frenata da una forza contraria a quella di navigazione. Il capitano decise di scendere a terra. Durante questa “pausa di navigazione”, i Rodiani gridarono al miracolo: il quadro raffigurante la Madonna, appartenente alla suddetta imbarcazione, si ergeva su di una roccia, senza alcun sostegno. Il capitano, scettico, fece riporre la tela al suo posto. Il giorno seguente l’evento si ripeté; egli capì che “la Madre di Dio” voleva restare a Rodi, così riuscì a ripartire, più veloce del vento, alla volta di Venezia. I Rodiani chiamarono quell’immagine “ Maria SS.ma della Colomba”. A lei eressero un tempio, l’attuale Santuario, meta di pellegrinaggi il 2 luglio.

Segni vibranti del culto mariano sono le tavolette offerte dai fedeli per “grazia ricevuta”. Vi affiora un drammatico spaccato di vita quotidiana: i frequenti naufragi dei trabaccoli che, tra Ottocento e primo Novecento, solcavano arditamente l’Adriatico, impegnati nel redditizio commercio degli agrumi.

La Porta bronzea del santuario, opera del Lamagna, in 4 stilizzati quadri, ha per tema la Vita: alla maternità della Madonna e alla Resurrezione del Cristo, corrispondono, in uno schema a chiasmo, lo scoglio e l’ancora (la Fede) e una barca a vela (La Chiesa).

Chiesa Matrice “San Nicola di Mira” con campanile

S. Nicola di Mira è documentato dal Sarnelli nel 1680. La gigante­sca statua di San Cristofaro, opera di prezioso scalpello, fu donata nel 1681 dal principe di Tarsia Giu­seppe Spinelli. La chiesa fu consacrata nel 1827, dal vescovo Eustachio Dentice, che pose nell’altare mag­giore le reliquie dei SS. martiri Teodoro e Cristofaro.

L’impianto della torre campanaria è emerso dopo i lavori di risanamento del 1977. Si innalza su tre piani; una singolare cupola, su tamburo ottagonale, richiama, per i suoi colori accesi, un minareto. Nel 1931 il Regio Soprintendente alle Antichità, Quintino Quagliati, riconobbe nel monumento delle strutture duecentesche. Ma il campanile fu costruito in due fasi differenti. Il corpo di fabbrica può essere fatto risalire al periodo normanno; il tamburo ottagonale, con la cupola rossastra, in laterizio o in cocciopesto, di stile gotico, che richiama lo schema di Castel del Monte e del Campanile di Monte sant’Angelo, fu costruito nel periodo svevo-angioino. 

Quale fu l’originaria destinazione d’uso? Più che da zelo religioso, la sua costruzione fu motivata da ragioni militari. Probabile torre di avvistamento in età sveva, fece parte del sistema difensivo garganico alla metà del XVI secolo quando, per prevenire le frequenti incursioni saracene, furono edificate ben 21 torri costiere. La Chiesa di San Nicola fu costruita solo allora, al posto di un tempietto cristiano o di un edificio che ospitava un corpo di guardia.

Chiesa dei SS.mi Apostoli Pietro e Paolo, ex convento francescano

Secondo lo storico rodiano Michelangelo De Grazia, i Francescani, subito dopo l’approvazione della loro regola da parte di Onorio III (1220), fondarono anche a Rodi Garganico un convento extra moenia, cioè fuori le mura, a distanza di un giorno di cammino dalle vicine sedi  di Peschici, di Ischitella, di Cagnano. Ciò avvenne presumibilmente al tempo della visita di San Francesco al santuario micaelico del Monte Gargano. Detto convento fu ben presto inglobato nella cerchia muraria. Era sito dove attualmente è ubicata la Chiesa dei SS.mi Pietro e Paolo, tra il palazzo De Angelis e quello Contursi: ancora a fine ottocento erano visibili i resti di un’antica cisterna dell’atrio. Le prime fonti ce lo documentano come esistente nel  1400: è inserito nell’elenco dei conventi della Terza Custodia dei Minori Osservanti. Fu soppresso, come tutti i conventini francescani, in seguito alla bolla “Instaurandae”, emanata dal papa Innocenzo X il 15 ottobre 1652, ma restò aperto al culto la Chiesa di san Francesco. Dal 1723 diventò la sede della congrega dei SS.mi  Apostoli Pietro e Paolo, che conserva ancora il suo statuto di associazione laicale di mutuo soccorso, riconosciuto dall’arcivescovo della Diocesi di Manfredonia.

Convento dei Cappuccini

Nel 1538 i frati Cappuccini fondarono a Rodi il primo convento del Gargano, il quarto della provincia monastica, dopo quelli di Larino, Serracapriola e San Giovanni Rotondo. Come tutti i conventi del Gargano, esso distava circa un miglio dal paese.

Il terreno fu donato dalla famiglia Stinelli d’Ischitella. L’Università contribuì alle spese per la costruzione, con i proventi del dazio sul pesce; la cittadinanza elargì congrue elemosine. Sotto il titolo dello Spirito Santo, fu consacrato l’8 settembre 1678 dall’arcivescovo di Siponto Vincenzo Maria Orsini, il futuro papa Benedetto XIII. La biblioteca era piccola, ma pregevole, era diventata purtroppo “pascolo dei topi” fin dalla fine dell’Ottocento.

Un tempo luogo di sepoltura, il convento custodisce le spoglie di 39 frati, 31 laici, 8 chierici e 5 terziari. Fra i monaci degni di nota che vi svolsero il loro magistero, il De Grazia ricorda Padre Mariano da Rodi, di singolare ingegno: ai suoi tempi  il miglior oratore e filosofo di tutta la provincia. Chiuso nel 1811, durante il Decennio francese, il convento venne riaperto nel 1818, per essere soppresso definitivamente dopo l’Unità d’Italia, nel 1867.

Oggi, l’ultimo sabato di aprile, è meta di un anomalo pellegrinaggio: ragazzi e giovani “si regalano” un picnic all’aria aperta. Ciò in ricordo della Festa della Madonna Incoronata, protettrice del luogo, solennizzata un tempo oltre che dai Rodiani anche dagli Ischitellani, che solevano recarvisi a consumare la tradizionale “frittata”.

Chiesa del SS.mo Crocifisso

La Chiesa è documentata nel 1678.  L’arciprete Paolozzi, nello Stato delle anime di quell’anno, scrive che “dal mezzo della Piazza, una strada conduceva a basso nella chiesa parrocchiale”. A quell’epoca aveva ben 10 altari dotati Nell’Appendix Synodi del 1678 di Orsini: “L’altare maggiore si mantiene in parte coll’entrate della cappella del Santissimo ed in parte dall’Università. L’altare di  San Nicola di Mira dalla famiglia Buco. Quello della Natività di Gesù ha di dote 4 scudi annui. L’altare di Santa Maria delle Grazie ha di dote scudi annui 8. L’altare di S. Tommaso apostolo si mantiene dalla famiglia Buco. La cappella del Santissimo si mantiene coll’entrata di pii legati. L’altare della SS. Trinità si man­tiene dalla famiglia Veneziana. L’altare di Santa Maria della Mise­ricordia con Pie disposizioni. Quella di San Domenico dalla famiglia Magni, e l’altra di Santa Maria del Carmine ha dote annua di uno scudo e nel di più si mantiene dalla famiglia d’Argento”.  La chiesa del Crocifisso si diroccò l’anno dopo, e ce lo attesta lo Stato delle Anime del 1679: in quel censimento è scritto che “dalla strada della piaz­za si discende nella chiesa vecchia parrocchiale demolita”. Nel 1695 Michele Paolozzi la ricostruì a sue spese e la donò alla Congrega della Mor­te, la quale, nata in quel periodo, celebrò ogni terzo sabato di ciascun mese una messa in suffragio. Aggregata nel 1731 al­l’Arciconfraternita della Morte ed Orazione di Roma, nel 1777 ebbe il Regio Assenso di Ferdinando IV.

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