Come liberare il marito…’ligato’. Preti stregoni e riti profani nella Molfetta del Settecento per i mariti poco focosi

by Carmine de Leo

L’Inquisizione non fu attiva nell’antico Regno di Napoli come in Sicilia, nello Stato Pontificio, in Spagna e altrove ed operò solo con poteri molto limitati attraverso i vescovi ed i tribunali diocesani; labili competenze che furono poi soppresse con una disposizione del 31 dicembre del 1746.

I vescovi avevano la facoltà di giudicare i fedeli e gli ecclesiastici comminando loro scomuniche e altri provvedimenti minori di interdizione ai riti religiosi.

Dei Tribunali diocesani resta varia documentazione presso diversi archivi locali conservati fino a nostri giorni presso le diocesi.

Alcuni di essi sono stati anche oggetto di studi approfonditi, come da parte del Palese per la diocesi di Molfetta, che aveva accorpato nel tempo anche le antiche diocesi di Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo di Puglia.

Fra queste vecchie carte la documentazione più interessante è costituita soprattutto dalle denuncie presentate dai fedeli sollecitati dai parroci stessi nel corso delle confessioni.

Capitava in pratica che alcuni fedeli, nel segreto del confessionale, comunicavano ai preti anche episodi di pratiche magiche e stregonerie che li vedevano coinvolti, pratiche che la loro coscienza considerava peccaminose.

Per ottenere l’assoluzione erano invitati quindi dai sacerdoti che li confessavano a formalizzare presso i Tribunali diocesani denuncie scritte e dettagliate sui soggetti coinvolti nelle pratiche e rituali e formule magiche.

I denunciati, per la maggior parte, erano naturalmente personaggi conosciuti come stregoni, maghi, praticoni e santoni di paese, che cercavano di sbarcare il lunario carpendo denaro ai creduloni.

Si trattava, quindi, specialmente di soggetti laici cui molti popolani si rivolgevano per risolvere questo o quel problema che li assillava.

Alcuni di questi stregoni, in effetti, pratici a volte di erboristeria, riuscivano spesso a lenire malattie e dolori che altrimenti, per l’elevato costo della medicina ufficiale, non erano risolvibili per la povera gente.

Qualche volta, però, ad approfittare dell’ignoranza del popolino erano addirittura gli stessi sacerdoti!

Uno dei casi più eclatanti fu, nella prima metà del Settecento, quello del sacerdote molfettese Giuseppe Francesco De Gennaro, che fu denunciato da alcune donne.

Una giovane sposa, tale Pasca Villani, era rimasta profondamente delusa dalla prima notte di matrimonio col marito Domenico de Pinto; infatti, questi non aveva consumato il matrimonio perché, a suo dire, si sentiva ligato; questo il sostantivo usato nella denuncia, da interpretare con il significato di bloccato!

Il de Pinto il giorno seguente si rivolse a don Giuseppe per risolvere il suo problema e questi gli assicurò che lo avrebbe sciolto!

Segretamente convocò quindi una zia dello sposo, Susanna Azzolina, invitandola a sistemare una lama affilata, oppure un coltellaccio, sotto il letto dello sposo; ma questa si rifiutò di farlo e quindi il prete De Gennaro invitò la stessa moglie del povero ligato, la giovane Pasca, a mettere in pratica il rituale del coltello sotto il letto matrimoniale.

La Pasca obbedì e il marito fu… sciolto!

Qualche tempo dopo la guarigione del coniuge la Pasca venne a conoscenza di un altro caso di ligatura e pensò bene di suggerire lo stesso rimedio ad un’altra giovane sposa.

Assalita poi dagli scrupoli per aver messo in atto questa pratica magica considerata una diavoleria, aveva confessato tutto e il sacerdote per assolverla le aveva imposto di presentare una denuncia al vescovo nei confronti del prete stregone don Giuseppe.

Quest’ultimo, però, come si ricava da antiche carte processuali, non fu l’unico sacerdote ad essere denunciato al vescovo, perché anche un’altra donna, Giovanna de Ferrariis, su suggerimento di una sua vicina di casa, si era rivolta ad un prete di nome Corrado Claps, anch’egli in servizio presso la diocesi di Molfetta, per cercare di guarire un suo nipote di nome Angelo Antonio Modugno affetto spesso da lancinanti dolori alla testa, che non gli permettevano di consumare le nozze.

Infatti, la sua vicina le aveva riferito che don Corrado, previo pagamento di ben quattro ducati, somma a quei tempi non disprezzabile, le aveva suggerito, per un caso simile, di avvolgere alcuni pinoli in un’ostia al fine di far evacuare certi capelli et uscire li spiriti dal corpo!
Questo rituale magico non aveva però fatto effetto, nonostante il sacerdote truffaldino avesse dichiarato che, analizzate le feci del Modugno, vi aveva ritrovati alcuni capelli, che provavano l’uscita dal suo corpo di centinaia di diavoli guidati da loro tre capitani chiamati: Caino, Lucifero e Spezzacatena!

Si pensò quindi di interpellare un altro sacerdote che praticava la stregoneria, don Giuseppe Panzini, che suggerì di effettuare sulla testa del giovane affetto da emicranie delle unzioni con sangue di palombella!

In conclusione il catalogo dei rimedi era vario e giocava sull’ingenua ignoranza della gente comune, soprattutto poi se i rimedi erano suggeriti proprio dai preti, che invece di combattere superstizioni e pseudo magie,li praticavano anche a pagamento per arrotondare i magri introiti delle loro parrocchie!

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