Coronavirus: tutto previsto ma ignorato?

by Maria Teresa Valente

Appena due anni fa, nel 2018, numerosi storici, scienziati e studiosi di varie discipline hanno dedicato libri e saggi all’influenza Spagnola, per ricordare, ad un secolo esatto, la terribile epidemia che fece improvvisamente irruzione nel mondo falcidiando milioni di persone.

Un interessante articolo di Roberta Villa, medico e giornalista, ha catalizzato la mia attenzione per gli spunti di riflessione su ciò che la storia avrebbe potuto insegnarci e che invece è stato completamente ignorato.

Innanzitutto, è importante evidenziare che l’articolo della Villa è datato 15 maggio 2018, quindi ben lontano da ciò che sarebbe accaduto oggi.

Ed eccoci al titolo: 1918: la catastrofe dimenticata. E già, perché molto poco è stato tramandato da nonni o bisnonni alle generazioni successive su quanto accadde un secolo fa. Ciò non per dimenticanza, ma per precise scelte dei governi di allora che, mentre la prima guerra mondiale volgeva al termine, desideravano spargere ventate di ottimismo sulle popolazioni per permettere loro di avere spirito ed energia necessari a ricostruire il futuro sulle macerie del conflitto.

Purtroppo, però, il vento che spirava all’epoca era mefitico, ma si preferì non dirlo troppo in giro.

Quando parliamo di epidemie, subito corre alla mente la peste nera del Trecento o quella del Seicento raccontata da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Eppure: “La pandemia del 1918 spazzò il pianeta come una piaga biblica. Nel giro di pochi mesi, infatti, la Grande Influenza provocò molte più vittime di tutte le altre malattie virali o batteriche che nella storia si sono abbattute sull’umanità”.

I morti, che sfiorarono i 100 milioni nel giro di poche settimane, in ogni parte del mondo, furono “più di quelli causati da una Guerra che per la sua estensione e letalità prese l’appellativo di Grande”.

La pandemia, secondo una riflessione della stessa Roberta Villa, avrebbe dovuto configurarsi come “una catastrofe che si sarebbe dovuta imprimere nella memoria di tutta l’umanità. Invece è stata subito dimenticata, quasi rimossa”.

A portarmi a fare un po’ di ricerche imbattendomi in questo articolo, è stata l’esclamazione di nonna Lena (all’anagrafe Andreana Mangano) un’arzilla signora di 104 anni della mia città, Manfredonia, che quando il figlio, preoccupato che potesse essere spaventata, le ha chiesto: “Mamma, ma tu sai cosa sta accadendo?”, lei tranquillamente gli ha risposto: “Certo che lo so, stiamo come quando c’era la Spagnola”. Esattamente come oggi, anche all’epoca furono vietati assembramenti, chiusi i cinema e i teatri, proibiti i funerali ed invitati a rimanere a casa. Esattamente come oggi, il terribile virus influenzale si presentò fuori stagione, in primavera. Esattamente come oggi le autorità sanitarie segnalarono inizialmente il moltiplicarsi di ricoveri per una polmonite atipica con una letalità sospetta. Esattamente come oggi (e come per la maggior parte dei virus influenzali), il virus si affacciò per la prima volta in Cina, dove l’anno precedente già si segnalavano possibili focolai della malattia.

E poi, esattamente come allora, siamo caduti nel tranello della banalizzazione per quel nome che accompagna queste epidemie, influenza appunto, con cui abbiamo una tale familiarità che quando si presenta non riusciamo a coglierne la pericolosità.

L’influenza, infatti, arriva tutti gli anni e nella stragrande maggioranza dei casi passa da sola. L’influenza non fa paura e, come ben ha evidenziato il medico Roberta Villa, nell’immaginario collettivo: “se uccide, non può essere influenza”.

Ecco dunque oggi, proprio come accadde nel 1918, farsi strada le ipotesi più disparate. Anche un secolo fa non mancarono i complottisti e la tesi più accreditata era che il virus non fosse altro che un’arma biologica messa in circolo dal nemico identificato all’epoca con i tedeschi.  “Dal porto di Boston, dove si riteneva che la piaga si fosse diffusa negli Stati Uniti, una donna giurava di aver visto alzarsi una nube tossica da una nave tedesca camuffata, mentre altri sospettavano che agenti nemici fossero sbarcati da U-boot, introdottisi nottetempo in rada, e avessero sparso il contenuto di fiale contenenti il germe in cinema, teatri e altri luoghi frequentati”. Vi ricordano qualcosa queste teorie?

In realtà, come spiega la stessa Villa, i virus influenzali si trasformano continuamente, rimescolando le caratteristiche dei loro geni, così da sfuggire al sistema immunitario degli ospiti che vanno a infettare. “Di anno in anno ci sono piccole variazioni che rendono necessaria la creazione di nuovi vaccini. Di tanto in tanto il cambiamento è più radicale, e rende il virus totalmente irriconoscibile, tanto da prendere del tutto di sorpresa le difese dell’organismo. È in questi casi che emerge un nuovo ceppo pandemico”.

Negli ultimi dieci anni, senza andare troppo in là nel tempo, diversi sono stati gli avvertimenti su nuove ed imminenti pandemie che rischiavano di abbattersi nuovamente sul globo. Studiosi e scrittori, come nel caso di David Quammen autore di Spillover, sono stati ignorati o tutt’al più trattati alla stregua di visionari. Il grido d’allarme lanciato a tenerci pronti, è stato quindi del tutto sottovalutato. “Non vengono da un altro pianeta e non nascono dal nulla. I responsabili della prossima pandemia sono già tra noi, sono virus che oggi colpiscono gli animali ma che potrebbero da un momento all’altro fare un salto di specie – uno spillover in gergo tecnico – e colpire anche gli esseri umani…”, scriveva Quammen nel 2012, ipotizzando che sarebbe potuto succedere in un “wet market”, un mercato di animali (esotici e selvatici) venduti e mangiati in Brasile o in Cina.

Negli anni, per la catastrofe di quella ‘influenza’ letale del 1918, si diede la colpa alla censura della guerra. Ed in effetti all’epoca fu così categorico il divieto a non parlarne, che l’epidemia, pur essendo arrivata dalla Cina, venne denominata Spagnola perché la Spagna, non avendo partecipato al primo conflitto mondiale, era l’unica nazione che la raccontò.

Nel 2020 una nuova pandemia ha colto il mondo di sorpresa, e mentre in tanti al suo affacciarsi hanno sprecato prezioso tempo ad interrogarsi su come fosse possibile che una ‘banale’ influenza potesse spaventare così tanto, in pochi si sono resi conto che la natura non sempre è benigna e che le epidemie fanno parte del ciclo della vita e sono sempre in agguato.

La storia, dunque, non ci ha insegnato nulla. Ma forse qualcosa può ancora dirci: occhio a non abbassare la guardia, perché come nei ‘migliori’ film horror, quando meno te l’aspetti il mostro ritorna: dopo le stragi in primavera, la Spagnola si ripresentò in autunno con una carica ancora più virulenta.

Dunque, noi comuni mortali #rimaniamoacasa, ma gli scienziati approntino al più presto il vaccino. È solo facendoci trovare preparati che veramente potremo dire #andràtuttobene.

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